Intervista a
Bill Sharp/Biota

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di Beppe Colli
Dec. 3, 2007



Come già estesamente argomentato in sede di recensione, è estremamente agevole definire Half A True Day - il nuovo album del collettivo visual-musicale statunitense che prende il nome di Biota - come un lavoro di enorme spessore e non inferiore fascino; una costruzione musicale che attenti ascolti consentono già di considerare tra le vette della produzione del gruppo.

Un gruppo di leggibilità innegabilmente ardua, come è fatale che sia per tutti coloro che creano qualcosa di altamente originale. Ma nel caso specifico della musica dei Biota, la compresenza di una moltitudine di significati costituisce innegabilmente uno degli elementi distintivi. Laddove i musicisti e gli ascoltatori negoziano i vari strati della costruzione musicale.

Una musica difficile? Senza dubbio - ma non più di altre musiche "difficili". E non abbiamo alcuna difficoltà a credere (anche se il solo pensiero ci fa inorridire) che con il giusto tipo di "spinta" i Biota sarebbero potuti diventare un gruppo "trendy", di quelli che trovano facilmente posto in una colonna sonora (cinematografica, teatrale o - perché no? - in quella di un moderno serial televisivo, magari uno di quelli trasmessi da una tv via cavo), o in uno di quegli spot pubblicitari che danno fama istantanea - e soldi.

Immediato il nostro desiderio di sapere di più, abbiamo proposto al sempre gentile Bill Sharp l'eventualità di una conversazione su questa nuova tappa nella vita del gruppo. L'intervista ha avuto luogo mediante posta elettronica durante la seconda metà dello scorso mese di novembre.


Nota per il lettore italiano. Come la musica dei Biota, anche la prosa di Bill Sharp è ricca di molteplici sfumature e significati, ma riteniamo che la traduzione che appare qui di seguito sia decisamente accettabile.

Leggendo il testo, il lettore incontrerà Rube Goldberg, figura a noi totalmente ignota. Abbiamo chiesto chiarimenti a Bill Sharp, che ci ha così risposto: "Rube Goldberg era un autore di cartoon il cui nome è sinonimo di un aggeggio che compie un lavoro in un modo molto più complesso del necessario. In un caso estremo, è un tipo di processo da reazione a catena complicato e comico".

La domanda riguardante il senso del titolo Half A True Day presupponeva la molteplicità di significati di "True", e la sospettava per "Half". La traduzione che appare più corretta è "Metà di un giorno vero" (laddove "vero" è quasi un sinonimo di "corretto, genuino o onesto" ed è opposto a "falso").

Il titolo della sottocomposizione "Proven Within Half, Half a True Day" va inteso come "Provato entro metà, metà di un giorno vero".

(Almost never measured not found) è un'altra frase ambigua. Una delle scelte possibili è "Quasi mai misurato non trovato", ma è una scelta che per ciò stesso riduce.

Ritenendo che trovare queste note nel bel mezzo del testo sarebbe stato fonte di non indispensabile distrazione per il lettore, abbiamo deciso di aggiungere queste precisazioni in una nota che precede la conversazione.



Anche se ho parecchie domande da farti a proposito del nuovo CD dei Biota, mi piacerebbe dare inizio a questa conversazione andando un po' indietro nel tempo. C'è una cosa che da tanto sono curioso di sapere, ed è questa: sebbene la sua esistenza venga riconosciuta nelle note di copertina del libretto del CD, con Gordon Whitlow accreditato come compositore, l'ultimo pezzo di Object Holder è senza titolo. Perché?

Molti di noi hanno visto quel pezzo come un territorio di transizione, come se un membro della popolazione di Object Holder stesse lasciando quel mondo per andare verso il successivo, qualunque esso fosse. E così, dato che lo stato del nostro lavoro seguente era ancora indeterminato, questa transizione era un punto interrogativo. Poteva anche essere visto come un esteso "sfumare" della composizione come un tutto. A ogni modo, ci piaceva pensare che esso potesse semplicemente comparire, inatteso, all'ascoltatore. Ciò riflette il nostro accogliere favorevolmente l'elemento sorpresa nel nostro processo lavorativo.


Cosa vuol dire il titolo del nuovo CD, Half A True Day? E' la parola "True" che trovo ambigua (ma anche "Half"...?).

Il lavoro tratta in gran parte dell'incertezza - in ogni cosa, dalle nostre vite quotidiane al nostro abbracciare l'ignoto nel fare musica, come ho appena detto. Ritengo che il titolo riporti riferimenti analoghi dal nostro lavoro passato. Comunque, così come nel caso di titoli passati, non abbiamo fatto uno sforzo cosciente di riagganciarci a progetti antecedenti. E' semplicemente il modo naturale in cui gravitiamo nel nostro cercare di rappresentare i suoni, i concetti, i nostri metodi di lavoro con un numero ridotto di parole. Questo elemento di incertezza è cruciale per il nuovo lavoro, dato che le composizioni hanno avuto origine dall'interazione tra il determinato e l'imprevisto. Ed è anche un modo in cui l'ascoltatore può accostarsi all'organizzazione del suono nel tempo. Il sovrapporsi di numerosi dettagli compositivi - sempre in movimento, e che non sempre hanno piena risoluzione - organizza una verità variabile per quel che riguarda l'insieme - qualcosa che noi speriamo sia malleabile da e per l'ascoltatore. In un senso ideale, tutto questo dovrebbe dar vita a un'esperienza nuova a ogni ascolto.

"Proven Within Half, Half a True Day" potrebbe implicare che ci siamo quasi arrivati in qualità di produttori, di concettualisti, o che altro. Abbiamo quasi dato una risposta alle nostre domande. (Almost never measured not found.) Ora è il turno degli ascoltatori, nella loro veste di compositori. Nel mio caso specifico, se a un certo punto non avessi avuto la necessità di definire il mio contributo "completo" starei ancora lì a metterci le mani. E, in un certo senso, lo faccio ancora, nella mia veste di ascoltatore. Sento ancora interazioni per me nuove. In questo processo mi trovo dal lato della produzione e del missaggio, e mi è davvero difficile esprimere quanto possano essere straordinariamente armoniose delle componenti sonore "non correlate". Il nostro processo di studio invita queste interazioni, dato che noi ci costruiamo sopra e le organizziamo ulteriormente.


L'album presenta un "cast" di personaggi che comprende volti a me familiari, ma anche gente che non conosco affatto: Steve Emmons, Kristianne Gale, Rolf Goranson, Randy Miotke e David Zekman (e anche Charles O'Meara, che suppongo essere TAFKAV?). Vuoi parlarmi di loro?

Steve e lo scomparso Rolf Goranson hanno lavorato sui primi progetti dei Biota che comprendevano parti elettroniche ripetitive e cicliche che interagivano in un ambiente instabile. Nel dettaglio, hanno costruito dei circuiti portatili alimentati a batteria i quali, quando usati in veste di coro, erano pronti a liberare una bestia nervosa e affamata. Questi marchingegni erano un po' instabili (in modo intenzionale) e la loro interazione produceva una gran quantità di sorprese piacevoli. Il lavoro della coppia Emmons/Goranson si trova sul primo LP dei Biota (1982) e sull'abbozzo per quel lavoro conosciuto come "Roto-limbs". Su Half A True Day abbiamo trapiantato alcune appendici di quel periodo.

Kristianne è una folk singer tradizionale la cui voce è anche molto adatta a un interscambio di tipo strumentale in uno scenario ambientale. Siamo sempre interessati all'ambiguità della voce tra le fonti sonore - l'offuscarsi della distinzione tra pura voce e strumento acustico nell'interscambio sonoro. In quest'ambito Kristianne ci ha dato una risorsa dalle grandi possibilità, diversa nelle sue possibilità di impiego rispetto alla pura forma di canzone del lavoro di Susanne e di Gen, rispettivamente su OH e Invisible Map. Nelle mie vesti di produttore, lavorare con quest'ampia gamma di sfumature vocali e di approcci compositivi nel corso di tre progetti diversi è stato estremamente gratificante.

Randy Miotke ha lavorato su progetti passati in una veste che riguardava l'editaggio e la masterizzazione, e il suo ruolo è cresciuto man mano che il lavoro è diventato sempre più definito dalle caratteristiche di assemblaggio mentre allo stesso tempo richiedeva strumenti sempre più precisi per quel compito. E' qui - nella fase finale di editaggio stereo - che ci serviamo del software moderno nello studio di Miotke. In questo nuovo album abbiamo anche avuto il piacere di lavorare per la prima volta con Randy nella sua veste di strumentista. La stessa cosa vale per David Zekman, amico di lunga data del gruppo, che finalmente si unisce a noi al violino elettrico e al mandolino. La sua chiarezza compositiva è stata di enorme valore nel portare un filo essenziale di emozione e determinazione, intessuto in tutto il corso del lavoro, nel formato esteso.

Avevo in mente un ruolo simile per il contributo dello scomparso Andy Kredt quando a metà del 2006 scandagliavo gli archivi cercando delle linee strumentali che avrebbero potuto accrescere la tonalità in divenire del progetto. L'energia di Andy in queste registrazioni era palpabile. Frammenti del suo lavoro passato sono andati al posto giusto come se fossero stati fatti su misura per il nuovo.

Charles O'Meara (conosciuto anche come Vrtacek) ritorna con quel pianoforte che ha dato energia a tanta parte del nostro lavoro a partire da Awry e Tumble. Le sue parti ancorano il turbine in una bellezza semplice. C'è sempre un'umanità di base nel suo modo di suonare - una personalità che sopravvive qualsiasi cosa facciamo per straziare, invertire o meccanizzare le sue parti.


Cos'è un "Crown bass"? Non è/non era Crown una marca di amplificatori?

Crown è il nome della marca del quattro corde a cassa vuota di Tom - fabbricato negli anni sessanta, o forse nei primi anni settanta. Non sono sicuro se c'è qualche correlazione con i fabbricanti dei classici amplificatori, uno dei quali - il preamplificatore IC-150A - usiamo nel sistema di monitoraggio dello studio. Citiamo il Crown nella strumentazione in virtù del suono individuale proprio a questo strumento, diverso da quello delle altre fonti di basso dei nostri lavori.


Cos'è un "Biomellodrone"? (E dove avete trovato un Micromoog funzionante?)

Il Biomellodrone è uno strumento che nasce dalla nostra tendenza a mettere assieme delle apparecchiature per processare il suono al solo scopo di sentire quello che potrebbero emettere. Il tecnico cofondatore dei Mnemonist Mark Derbyshire e io abbiamo inventato questo strumento partendo da tre apparecchiature nel mentre che riflettevamo sugli accattivanti difetti nei meccanismi di un Mellotron. Un vecchio modello di campionatore digitale invia un accordo in loop a un pitch shifter, il quale a sua volta sottopone l'accordo a oscillazioni tipiche del trasporto a nastro, a gating, e a trasposizioni di intervallo musicalmente utili tramite comandi provenienti da una tastiera esterna. E' un po' traballante, ma devo dire di essere decisamente più a favore di un approccio alla Rube Goldberg rispetto a un più perfezionato plug-in software.

Randy Yeates è il nostro "cacciatore analogico". Se esiste qualcuno in grado di scovare un Moog funzionante è lui. Ancora meglio, semplicemente utilizziamo qualsiasi malfunzionamento che incontriamo. Il suo Micromoog era decisamente adatto alla trama dello sfondo che ha immaginato per queste composizioni. A volte, come nel caso della nostra Clavioline, non abbiamo alcun riferimento diretto per ciò che concerne il corretto stato operativo di un meccanismo. Siamo fortunati ad avere il manuale della Clavioline ma, al di là di ciò, dobbiamo apprezzare le sue peculiarità e accoglierle dentro la musica come se le avessimo sempre favorite. Non c'è alcuno stato operativo che consideriamo corretto in modo definitivo quando si tratta di fonti sonore in un ambiente di studio. Un esempio concreto: i carillon preparati di Tom, che fanno diverse apparizioni nel nuovo lavoro. Ogni carillon è stato modificato in modo individuale, separatamente dagli altri. Le armonie risultanti dall'interazione tra essi - e con gli elementi esistenti delle composizioni - sono in parte accidentali, e tuttavia sempre guidate. Il lavoro ha origine da queste interazioni, siano esse armoniche o dissonanti. Chi fa opera di editaggio e chi missa aggiunge e sottrae. Gli strumentisti uniscono la popolazione in un insieme funzionante.


"Registrato e missato tra l'autunno del 2002 e l'estate del 2007": è un periodo di tempo molto lungo. E' mai successo che il gruppo perdesse la fiducia nel lavoro durante questo lasso di tempo?

Non ritengo che abbiamo perso la fiducia durante la prima metà di quel periodo, ma a quel tempo ognuno di noi ha dovuto affrontare momenti difficili di perdita e di incertezza. Il focus è cambiato. Penso che quando il lavoro è coagulato in un progetto ben definito - con un'identità unica per la nostra storia, e un punto d'arrivo visibile - abbiamo presto acquistato velocità e completato il lavoro in un tempo minore di quello che avremmo potuto impiegare in passato (in questo caso, più o meno due anni). Ma il flusso e riflusso dell'energia è cambiato. Le dinamiche sono diverse per tutti i musicisti dappertutto, credo.


Mi sembra di scorgere un parallelo tra l'ultimo pezzo di Object Holder e l'ultimo pezzo - il punto indice #4 del brano di chiusura, Passerine - di Half A True Day. Credi che la mia impressione sia fondata?

Lo è, nel senso che credo che in ambedue i casi lo strumentista solitario simbolizzi un residente della più ampia popolazione sonora che alla fine si trova a riflettere su quel posto nel mondo. (O, quanto meno, a reiterare o solidificare quel ruolo.) Durante la chiusa di Passerine, la fisarmonica muta dallo stato processato che aveva occupato nel più ampio contesto della composizione di settanta minuti a uno stato più naturale, in un ambiente forse maggiormente familiare. E tuttavia perfino questa regressione finale è ingannevole e aperta all'interpretazione. Forse lo stato puro era sempre stato presente, ma solo mascherato da altre attività? Ritengo che, in comune con la fine di OH, esso sia evocativo di un qualcosa di definitivo in questo spazio... e forse di un movimento successivo verso un nuovo luogo e tempo.


Non è certo mia intenzione sciupare i molti momenti di sorpresa possibili per i lettori al momento dell'ascolto di Half A True Day. Mi chiedo però se non sia possibile per te parlare del nuovo lavoro, anche se in termini generali.

Sono contento che tu faccia riferimento all'elemento sorpresa. Speriamo sempre che questa componente chiave del nostro processo lavorativo sia trasferita nell'esperienza di ascolto. In maniera analoga, in Half a True Day desideriamo comunicare un senso di perpetua transizione per l'ascoltatore. Questa qualità potrebbe avere origine da un certo numero di forze in gioco: forse il sempre mutevole sovrapporsi e giustapporsi degli elementi. O l'inatteso sopraggiungere e partire di nuovi. In ciascun caso, sorgono nuove armonie e dissonanze. Vengono fondate nuove relazioni all'interno della popolazione musicale, sebbene esse rimangano transitorie. La maggior parte di questa attività è progettata perché nei primi ascolti essa agisca ai margini della risoluzione, con la speranza che essa sbocci man mano che l'ascoltatore viene catturato dentro le peculiarità di questo ambiente. Ciò può essere analogo al guardare un film con una trama dallo sviluppo indeterminato, dove il contenuto sta nel valore che lo spettatore vede in ciascuno dei personaggi e nelle sfumature della loro interazione. E nella convinzione che il cast sia interconnesso su piani multipli e si muova verso una risoluzione comune, quantunque misteriosa.

La stessa attenzione è stata prestata ai dettagli spaziali e alla costruzione degli ambienti nei quali questo interscambio ha luogo. A questo proposito Half a True Day incorpora dei mutamenti significativi rispetto a lavori precedenti, pur mantenendo la nostra enfasi su approcci alternativi nei confronti della manipolazione spaziale. Noi ci stiamo muovendo, seppur faticosamente, in direzione di un risultato che riesca ad abbracciare simultaneamente quel che è familiare e ciò che è alieno. E' una situazione simile a quando è davvero il nostro linguaggio nativo - il modo in cui descriviamo comodamente il nostro mondo - che viene parlato, e però la procedura di traduzione è alterata. Questa confusione potrebbe allora incoraggiare nei compositori e negli ascoltatori un nuovo compromesso tra le figure nel lavoro; una nuova organizzazione delle loro attività.


Il lavoro dei Biota necessita di un alto grado di coinvolgimento da parte dell'ascoltatore. Parlando in generale, ritieni che la gente sia oggi più o meno disponibile a dedicare una certa quantità del proprio tempo all'esplorazione di una "entità sconosciuta" (espressione con la quale indico qui un oggetto che appare misterioso da un punto di vista estetico) a confronto con dieci, o venti, anni fa?

E' un po' frustrante dato che posso facilmente passare cinque anni nello stato di animazione quasi sospesa che è un progetto dei Biota e non avere granché idea di come i modi della percezione stiano cambiando nel mondo degli ascoltatori là fuori. Al momento dell'emersione, è possibile che mi venga riservata una dura sorpresa. L'accrescersi di volume, velocità e facilità di trasmissione delle informazioni, incluse quelle riguardanti gli interessi estetici, può forse significare che gli ascoltatori si aspetteranno che soluzioni facili verranno fornite insieme a qualunque sfida. Questa grande quantità di dati dev'essere organizzata in modo efficiente. Un lavoro di natura estetica potrebbe andare a finire proprio nella categoria "strambo", essere inghiottito come tale e immediatamente cancellato. O - nel caso più incoraggiante - la potenza della trasmissione potrebbe stimolare lo spirito investigativo e liberare invece la curiosità. Non so quale delle due avrà la meglio. Credo che si ridurrà a quali modalità di consumo prevarranno. Se ci sarà un trend continuo in direzione del visivo e di una sua fruizione che sia sempre più veloce, abbondante e di tipo usa-e-getta, allora ci vorrà un contraccolpo della fondamentale curiosità umana per riportarci a un approccio riflessivo nei confronti delle arti. Una mentalità di massa frettolosa andrà in sovraccarico, poi in crash, e poi diverrà introspettiva e inizierà a cercare la solidità nell'esperienza estetica.


Al giorno d'oggi c'è un ampio dibattito su cose quali "il downloading, legale e illegale", "la morte del CD", "la morte dei negozi", "quale futuro per gli artisti?" e così via. Anche se la cosa non sorprende troppo, la questione "suono" - intesa come "la qualità del suono quando viene inviato/ascoltato sulle apparecchiature oggi di uso comune" - riceve poca o nessuna attenzione. Qual è la tua opinione in proposito, sia nella tua veste di produttore di musica che di ascoltatore (e fan)?

Nello stesso tempo in cui la trasmissione diffusa e rapida dell'arte - si tratti di video, musica o di qualunque altra cosa - favorisce un pubblico più vasto, il mezzo di trasmissione può degradare il lavoro stesso mentre ne abbassa il valore percepito per quel pubblico. E' presto per poter dire se c'è un beneficio netto per quei musicisti non-mainstream che hanno un pubblico limitato. Potenzialmente abbiamo un pubblico molto più grande e quasi "in tempo reale" grazie all'accesso a Internet, incluse le opportunità giornalistiche che si accompagnano a ciò. Però i più diffusi mezzi di trasmissione (file compressi adatti a usi mobili) offrono una rappresentazione degradata del lavoro - per non parlare delle limitazioni della tecnologia di riproduzione sotto queste condizioni. Alla fine il valore estetico risiederà nella disposizione mentale dell'ascoltatore, cioè a dire: come le modalità di consumo avranno un effetto sul valore durevole dell'oggetto d'arte nella vita di quell'ascoltatore. Così ci sono grossi motivi di preoccupazione. Siamo certamente nel bel mezzo del più profondo mutamento in molti decenni, e può essere che io qui sia semplicemente "arretrato". Mi chiedo cosa i primi osservatori dicessero riguardo ai trend di consumo che si allontanavano dalle performance dal vivo per andare in direzione della distribuzione di massa dei media registrati. C'era senza alcun dubbio una preoccupazione legittima per la degradazione del suono in un senso (la perdita della purezza acustica), ma in cambio c'era una liberazione delle opportunità sonore. Qui può forse esserci un'analogia, ma ho il sospetto che la metamorfosi in atto sia molto più radicale, il che impedisce facili scommesse sul futuro della musica o di ogni altro medium estetico.

Visuals by Tom Katsimpalis    



© Beppe Colli 2007

CloudsandClocks.net | Dec. 3, 2007