Intervista a
Michael O'Connell

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di Beppe Colli
June 1, 2003



Conversare - e interrogarsi - sul trattamento riservato alla musica dalla stampa specializzata e dalle pubblicazioni a carattere "generalista" è fatto decisamente comune. E' invece un'attenzione ridotta quella normalmente dedicata al panorama dei libri che si occupano di argomenti musicali - eccezion fatta per l'interesse occasionalmente suscitato dall'apparizione di un titolo che, per i motivi più vari, riesce a oltrepassare la normale cortina di indifferenza.

Ma quale sia oggi il grado di interesse del pubblico - largamente inteso - non è affare su cui circolino troppe informazioni. Notiamo di passata che, nell'era della (supposta) supremazia del video, anche molti giornali specializzati non dedicano più - e da tempo - uno spazio regolare a questo tipo di libri, limitandosi nel migliore dei casi a segnalazioni scarne e fuggevoli.

Proprio questo il motivo che ci ha persuaso che l'argomento meritasse di essere discusso, nella speranza di ottenere una panoramica in grado di fornire informazioni sulle tendenze in atto - nel pubblico prima che nell'editoria. Convinti che l'atteggiamento nei confronti del "fatto libro" sia potenzialmente in grado di fungere da cartina di tornasole in merito a vicende di più ampia valenza e generalità. A patto di avere un interlocutore affidabile ma soprattutto in possesso di una visione sufficientemente ampia del fenomeno.

L'interlocutore in questione è Michael O'Connell, con il quale chi scrive ha ormai da anni un contatto telefonico diretto: Michael è infatti il nostro contatto privilegiato alla libreria specializzata londinese Helter Skelter, da qualche tempo anche casa editrice.

Il mese scorso gli abbiamo quindi rivolto alcune domande via e-mail, alle quali ha dimostrato di rispondere volentieri.


Innanzitutto vorrei chiederti di Helter Skelter. Quand'è che ha aperto? E' stata la prima libreria a Londra ad adottare la formula "solo libri che parlano di musica"?

Il negozio ha aperto nell'agosto del 1995, anche se l'idea era stata discussa tra alcuni amici per circa due anni. Dopo l'apertura un paio di persone (una delle quali era il critico Johnny Rogan) ci hanno detto che c'era stato un negozio simile alla fine degli anni sessanta, anche questo situato nella zona di Soho. Ma poi è venuto fuori che vendeva anche pulp fiction, soft porn, gialli e così via. Ovviamente a quei tempi c'erano meno di un centinaio di libri che parlavano di pop music, e così siamo stati i primi ad avere una libreria dedicata interamente alla musica - e siamo ancora gli unici, in effetti.


Sin dai tempi dei Beatles c'è sempre stata una gran quantità di libri "per giovani fan". Nell'era di Internet, sono curioso di sapere di più su questo tipo di libri - suppongo che le celebrità di oggi siano personalità quali Avril Lavigne, Britney Spears e Robbie Williams: vengono ancora pubblicati? E vendono molto?

Questo tipo di libri viene ancora pubblicato. Ho conosciuto editori che si limitano a dare un'occhiata a chi sta scalando le classifiche per poi mettere fuori un libro su questo tipo di performer - sono stato persino testimone del fatto che un libro sulle Spice Girls sia stato proposto, assemblato e mandato in tipografia nel giro di alcune ore! Sono titoli da mercato di massa che stanno bene tanto nei supermercati quanto nelle librerie. Noi siamo, va detto, ostinatamente snob in queste cose: per me gente come Kylie, Britney e Robbie non ha niente a che vedere con la musica e mi rifiuto di trattare queste cose! Così non ho alcuna idea su quante copie si vendano di questi libri, ma so per certo che vengono ancora pubblicati in gran quantità: e lo so perché la gente tenta ancora di venderli a me - ma senza successo.


Se do un'occhiata ai cataloghi, vedo un sacco di libri su artisti e gruppi di "classic rock" - Beatles, Led Zeppelin, Hendrix, Doors, Zappa, Who, Neil Young e così via. Chi è che compra questi libri? Per la maggior parte i classici "quarantenni" o riscontri un interesse anche da parte di chi non era ancora nato quando questa musica era nuova?

La cosa che mi colpisce di più a proposito degli artisti di oggi qualora paragonati a quelli che hai citato è che i primi hanno ben poco da dire al di fuori della loro carriera o della musica, e non sembrano avere delle personalità complesse. I Beatles che sviluppavano un interesse per il misticismo orientale, Jimmy Page che flirtava con l'occulto, i punti di vista "stridenti" di Neil Young in politica: quantunque queste cose possano essere state passeggere o forse superficiali, nondimeno esse rivelano che queste persone erano dotate di una profondità che le star di oggi non sembrano avere - un'intervista con, per esempio, i Coldplay, consisterà nel fatto che parlano del loro ultimo album e davvero poco altro. Gli artisti rock del periodo classico si gettavano dentro uno stile di vita altamente imprevedibile - e perfino pericoloso - il che rendeva le loro vite un'avventura di per sé, meritevole di essere letta. Credo che ci sia una sempre maggiore consapevolezza del fatto che i Coldplay, i Radiohead o chi vuoi tu hanno preso una "decisione di carriera" e si comportano di conseguenza. I miti del rock'n'roll vivono e la gente di tutte le età che sarà interessata alla musica cercherà innovatori come quelli che hai nominato, quindi non è vero che questi libri sono acquistati per la maggior parte da quarantenni.


E che mi dici dei gruppi dell'epoca punk e new wave?

Questo è interessante in un senso diverso, perché queste sono state tra le ultime manifestazioni di un movimento musicale, come il movimento hippie o i mods. Credo che questo tipo di libri possegga un fascino duraturo per la gente, dato che riportano i ricordi delle esperienze fatte quando facevano una vita più movimentata - quando non stavano tanto tempo seduti a casa davanti al computer, se ci stavano, non guardavano tutta questa televisione, e avevano più soldi da spendere.


Sono curioso di sapere quanto interesse riscuotano realmente le antologie dei "critici celebri", ad esempio Psychotic Reactions And Carburator Dung di Lester Bangs o The Dark Stuff di Nick Kent. O libri di gente come Richard Meltzer, Robert Christgau o Nick Tosches.

Penso che sia decisamente sopravvalutato. Molti di questi scrittori finiscono per fare queste cose perché, come dire, sembra una progressione naturale - proprio come esistono le antologie di chi scrive di sport o dei commentatori politici. Gli editori danno sempre la precedenza a gente così, a preferenza di altri. A dire il vero, c'è davvero poco senso di eccitazione quando una raccolta di questo tipo viene pubblicata. E credo che la gente li compri più per i nomi di cui si parla che per l'autore del lavoro. Alcune di queste raccolte partono svantaggiate, dato che dentro è stato raccolto proprio tutto - la bellezza del libro di Nick Kent non sta solo nell'elevata qualità della sua scrittura ma anche nel suo brillante "casting".


Si dice spesso che la maggior parte delle cose davvero interessanti che sono state scritte:

a) proviene dal passato, dato che per ovvi motivi commerciali oggi i giornali di musica funzionano soprattutto come "guide per il consumatore" e non sono luoghi dove avvengono dibattiti intelligenti e informati;


A essere sincero non ho mai considerato i giornali musicali come luoghi dove avvengono dibattiti intelligenti e informati! Quali giornali l'hanno fatto, in questo paese? Il "vecchio" NME? Mojo? The Wire? Ci si avvicinano solo quando chiedono alla gente di votare per un Top 100. Al loro meglio, tutti questi giornali: a) sono un riflesso accurato dei loro lettori e di una "scena"; b) hanno delle opinioni precise, il che in un'epoca di "guide per i consumatori" è vitale; c) sono affidabili per quanto riguarda informazioni sulla musica o sugli artisti presentate in modo divertente o illuminante. Al loro peggio, tutti questi giornali sono semplicemente depositi di fatti dove scrive gente in una posizione decisamente privilegiata che fa esattamente le stesse discussioni che fanno tutti gli appassionati di musica nei pub o a casa - solo che loro le fanno negli uffici del NME, di Mojo o The Wire, tra loro. Non credo proprio che i giornalisti musicali abbiano mai voluto coinvolgere i loro lettori in un dibattito - se capisco correttamente la tua domanda - intendono solo dire ai lettori cosa devono ascoltare. E non vogliono nessuna discussione. E credo che questo sia l'atteggiamento prevalente in ogni fan di musica - almeno, nel mio paese. Una parte di me è d'accordo con questo atteggiamento, un'altra parte di me no. A ogni modo, credo che questo sia in realtà il modo in cui i giornali di musica hanno cominciato a essere guide per il consumatore, e non c'è nulla di nuovo.


b) parlava - e parla - di artisti il cui lavoro si situa prevalentemente nel passato, dato che i nuovi artisti sono per la maggior parte solo una rifrittura di cose che erano già successe, e quindi non proprio meritevoli di molta attenzione.

Credo che la gente debba accettare il fatto che stiamo arrivando alla fine di un ciclo di quella che è chiamata "popular music" e che la scrittura si limita a riflettere ciò. I giornali per quarantenni scrivono con sempre maggiore rimpianto sull'età d'oro del rock, ogni anniversario (20, 30, 40 anni da Sgt. Pepper, 10, 15, 25 anni dalla morte di Elvis - scegli quello che vuoi) viene celebrato più febbrilmente del precedente, e sono i giornalisti musicali a proclamare il debito che un artista di oggi ha nei confronti di una leggenda che scolorisce - molto più stridentemente di ogni artista. E gli stessi artisti capiscono davvero che verranno ricordati con la stessa tiepida curiosità che proviamo per nomi quali Dick Burbage, Edmund Kean, Sarah Bernhardt o Charlie Chaplin? Ogni epoca ha le sue stelle pop affascinanti ed eroiche - non è l'esclusiva di gente che ha gruppi con batterie, chitarre e tastiere. Perché i giornalisti musicali siano così nostalgici non lo so proprio, ma pensa a questo: c'è un "nuovo" giornale musicale uscito da poco chiamato the Word che sono sicuro hai visto - l'ultima star in copertina è... Morrissey!


Qual è l'interesse attuale nei confronti di correnti della musica nera come il blues, la Motown e la Stax - come generi e per ciò che concerne artisti quali Marvin Gaye e così via?

I libri sulla black music continuano a essere davvero pochi, considerando quanti artisti classici come Elvis, i Beatles, gli Stones etc. sono stati influenzati da loro - tutti gli artisti classici hanno, in effetti, fin troppi libri che parlano di loro! L'alto tasso di successo riscosso dai libri sulla black music suggerisce che c'è un interesse forte e duraturo, e gli editori dovrebbero guardare la cosa con un po' più di attenzione di quanto non facciano.


E che mi dici di generi come il Progressive, il Jazz e le varie correnti dell'avanguardia?

I libri sul progressive rock hanno un riscontro incredibile. E' un genere che sembra ispirare una devozione diversa da tutti gli altri. I fan del prog rock sono come una piccola setta che è stata perseguitata per anni.

Jazz. La mia opinione - se i libri sono un buon metro con cui giudicare - è che il gruppo di quelli che seguono il jazz sia formato da gente sempre più vecchia, e in numero decrescente. Ma questo può ben essere un giudizio erroneo: qui in negozio non abbiamo mai avuto un esperto di jazz e quindi può essere che non siamo mai riusciti a raggiungere il pubblico potenziale che potrebbe avere.

Avant-garde. C'è un buon ammontare di interesse qui, di tutte le età, ed è bello pensare che questo possa essere una reazione ai gruppi fasulli che proliferano al giorno d'oggi.


Vorrei rivolgerti una domanda di carattere più generale: vedi i giovani essere interessati quanto in passato a discussioni e dibattiti sulla musica che avvengono in forma scritta?

Qui dovrei rimandarti a quanto ti ho detto nella mia risposta 6 b). Credo che qualcosa, o qualcuno - della statura di un Elvis - stia per venire fuori e catturare totalmente l'immaginazione di quasi tutti i giovani. Di colpo, la "nostra" musica diventerà antiquata, proprio come avvenne nel caso della rivoluzionaria e incendiaria Sagra della primavera di Stravinsky. Già "terroristi culturali" quali Cabaret Voltaire e Psychic TV sono apparsi in sale londinesi dedite alla musica classica, e per me questo è un segno che un Anno Zero è dietro l'angolo. Questo non vuol dire che la musica cesserà di essere discussa e dibattuta dai giovani, ma il tenore generale della nostra cultura mi suggerisce che essa sarà discussa ancor meno seriamente che in passato, e in qualità di merce confezionata fatta per fornire una gratificazione istantanea e tutt'altro che durevole. E credo che una minore serietà sia un peccato: abbiamo bisogno tanto di serietà quanto di humour (come ha detto una volta Leonard Cohen: "La serietà è estremamente gradita al cuore" ). Mi dispiace concludere su una nota deprimente, ma per ristabilire l'equilibrio: quelli tra noi con una passione per la "nostra" musica dovrebbero essere un po' più seri, e non avere paura di diventare antiquati - anche se non dobbiamo mai perdere il nostro senso dell'humour!


© Beppe Colli 2003

CloudsandClocks.net | June 1, 2003