Intervista a
Hugh Hopper (1999)

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di Beppe Colli
Feb. 10, 2003



Hugh Hopper esordisce discograficamente su un album di quelli indimenticabili, estremamente influenti e perfettamente in grado di suonare freschi ancora oggi: Volume Two dei Soft Machine (1969). La sua inconfondibile voce bassistica risulta già perfettamente formata, sia nel suono pulito che nella celeberrima distorsione del fuzz. E ben reggono quelle prime prove compositive di una cifra stilistica pressoché unica. Hopper continuerà a far parte del gruppo fino all'incerto Six (1973) - che ospitava una gemma hopperiana quale 1983 - per poi intraprendere una felice carriera solista il cui primo episodio è il notevolissimo 1984 (pubblicato nel 1973), dove sperimenta in modo efficace e personale con nastri e loop.

La lista degli album classici è tutt'altro che breve, ed è principalmente a questi che si rivolge l'intervista che segue (il lettore aggiunga alcuni live postumi dei Soft Machine - ad esempio Virtually - i due album con Elton Dean, Keith Tippett e Joe Gallivan e il Two Rainbows Daily con Alan Gowen), realizzata via e-mail e originariamente apparsa in italiano su Blow Up in due parti: la prima sul # 17 (ottobre '99), la seconda sul # 18 (novembre '99). E dato che Delta Flora, il CD degli Hughscore, era stato pubblicato da non molto ci è sembrato logico iniziare da lì.


Per prima cosa vorrei chiederti del tuo recente lavoro con gli Hughscore, Delta Flora, cominciando proprio dal brano posto in apertura, Was A Friend - una canzone già inclusa da Robert Wyatt sul suo album Shleep. Di recente ho letto in un'intervista data da Wyatt a Barney Hoskins, su Mojo del mese di Marzo, che il brano riguarderebbe i Soft Machine. E' vero - e ci sono stati fattori extramusicali che te lo hanno fatto includere sull'album, oltre ovviamente al fatto che è una canzone molto bella?

Was A Friend è in realtà una composizione che risale a parecchio tempo fa - l'ho scritta nel 1982-83. Ha avuto molti testi diversi - il primo scritto da me, a proposito di un amico immaginario che diventava sempre più matto e isolato. L'ho mandata a Robert, proponendogli di cantarla come ospite sul disco di canzoni che a quel tempo stavo registrando con Richard Sinclair (Somewhere In France, Voiceprint 1996). Cambiò un po' il testo, ma poi decise che non voleva partecipare al disco. La canzone è apparsa qua e là più volte e in varie forme - la suonammo qualche volta dal vivo col gruppo francese Anaid nel 1987-88, con un testo completamente diverso e col titolo di Children Of The Night. Per un po' Robert e io discutemmo anche di scrivere un altro testo su quella musica, per una canzone da dedicare a Nelson Mandela che si trovava ancora in prigione.

Nel frattempo, all'incirca nel '93, dato che a Robert la cosa non sembrava interessare, ho usato la stessa musica per una canzone fatta con John Atkinson, che ha scritto un testo chiamato C'est Grace (Hooligan Romantics, PONK 1994). E poi, all'improvviso, Robert venne fuori con le nuove parole per Was A Friend, che potremmo dire una specie di "ghost song" su qualcuno o qualcosa che proviene dal passato e appare la notte. Credo che Robert un paio di anni fa avesse dei seri problemi d'insonnia - è per questo che il suo disco si chiama Shleep.

Robert è diventato sempre più amareggiato per il fatto di essere stato mandato via dai Soft Machine, e quindi immagino che la canzone rappresenti per lui anche una storia di risentimenti che riguardano il passato e che ritornano a tormentarlo, insieme ad argomenti quali "seppellire l'ascia" (perdonare torti passati - ma anche un riferimento a una violenza minacciata...).

Tutto questo a parte, Was A Friend è una delle canzoni melodiche che ho scritto che sembra piacere a tutti - come Memories. Ce n'è anche una versione su Different, l'album che ho fatto insieme a Lisa S. Klossner (Voiceprint/Blueprint 1999), e un'altra versione con Robert che canta e suona il piano sulla base originale di tastiere che ho registrato nel 1983 e che sarà inclusa in una raccolta di canzoni che sta per uscire, chiamata Parabolic Versions (Voiceprint 1999).


Dando per scontato che i tre album che hai inciso con Fred Chelenor ed Elaine DiFalco sono stati tutti piuttosto diversi l'uno dall'altro, sono rimasto però sorpreso da quanto Delta Flora differisca dall'album precedente, Highspotparadox. Mentre qui la produzione di Wayne Horvitz era piuttosto "secca" il nuovo lavoro ha un suono estremamente ricco di effetti - e a mio avviso la funzione musicale della batteria è molto diversa. Quali sono stati gli obiettivi del gruppo nel mettere in atto questi cambiamenti nello stile e nel suono registrato?

Sì, il suono e il feel complessivi di Delta Flora sono soprattutto il risultato dell'apporto di Tucker Martine. Ha suonato la batteria, si è occupato dei campionamenti, ed è stato il responsabile del suono complessivo nel suo studio - anche se le mie parti di basso sono state registrate in Inghilterra. I tre CD degli Hughscore hanno rappresentato un'evoluzione alquanto radicale: il primo si basava quasi del tutto su mie composizioni, molto complesse, che avevo sviluppato con un software chiamato Cubase e con dei sintetizzatori. Andai nell'Oregon e suonammo le parti che avevo scritto. Il secondo iniziò alla stessa maniera ma fu maggiormente una collaborazione, con Fred ed Elaine che contribuirono con molte idee e composizioni. Infine Delta Flora è un vero progetto di gruppo: tutti abbiamo contribuito con temi, strutture, idee, che abbiamo improvvisato e poi elaborato. Alla fine Tucker ha cucinato il tutto nel suo studio meravigliosamente "grungy"! Dopo aver registrato le mie parti non ho partecipato granché alla realizzazione del disco - Fred e Tucker hanno passato molti mesi a finirlo, a Seattle. Per essere precisi per buona parte di quel tempo ho lavorato insieme a Lisa su Different, che per me è un disco molto più personale e nel quale ho messo maggiormente le mani in pasta. Adoro Delta Flora, e su quel disco ho suonato cose che nessun altro avrebbe suonato, ma è un disco di un gruppo, non un disco solo di Hugh Hopper.


Vorrei andare un po' indietro, al secondo album dei Soft Machine. Il tuo stile al basso era già incredibilmente originale; lì ci sono già tante qualità che sono ovviamente tue: la tua voce melodica, il fuzz, tanti diversi stili di "accompagnamento"... quanto ti ci è voluto per arrivare a dei risultati così maturi?

Credo che quelle linee di basso così dinamiche siano state originariamente influenzate da bassisti funk come Larry Graham, mescolate con linee di basso jazz. Ma adesso è molto difficile dire con esattezza cosa mi influenzi - ci sono più di cinquant'anni di musica e di suoni che mi ronzano dentro la testa! Ho usato il fuzz per la prima volta su suggerimento di Mike Ratledge dato che i brani che aveva scritto per il Vol. Two dei Soft Machine avevano bisogno di parti di basso contrappuntistiche che suonassero forti come le parti delle tastiere e non come un accompagnamento di sottofondo.


A quei tempi c'era stata un'esplosione di approcci sperimentali molto vari nel modo di suonare il basso elettrico, nel contesto di un atteggiamento sperimentale molto diffuso nei riguardi della musica in genere. In Inghilterra citerei Paul McCartney per ciò che riguarda il campo più mainstream, Jack Bruce e il suo trasferire il linguaggio del contrabbasso al basso elettrico nei Cream, John Entwistle ed il suo approccio maggiormente chitarristico con gli Who - e tu. Il tuo modo di suonare il basso è stato estremamente influente. Qual era la tua opinione di questi bassisti?

Sì, Paul McCartney era uno dei bassisti più "cresciuti" - i primi dischi dei Beatles avevano delle parti di basso molto semplici e "plonky", ma dopo Revolver iniziò a fare delle cose molto sfiziose. Jack Bruce era un grande musicista - e lo è tuttora: uno strumentista naturale dalla tecnica eccellente, sia al basso che come cantante. A dire il vero non mi piaceva il suono del suo basso a scala corta con i Cream. E' strano - io non ho mai suonato il contrabbasso ma quasi tutte le mie influenze provengono da contrabbassisti di jazz: Charlie Haden, Mingus, Ron Carter, Scott La Faro, i bassisti di Coltrane, e di solito cerco di far sì che il mio basso elettrico abbia il suono di un contrabbasso. Mentre Jack Bruce ha cominciato come contrabbassista di jazz ma non ha mai cercato di avere quel tipo di suono quando è passato al basso elettrico...

E' vero, come tanti giovani bassisti degli anni sessanta ho copiato John Entwistle quando suonavo nei Wilde Flowers, il gruppo rock di Canterbury. Facevamo delle cover di cose degli Who e degli Stones, e all'epoca suonavo col plettro (proprio come Entwistle - n.d.i.). Lo abbandonai per passare alle dita pressappoco ai tempi di Soft Machine Third...


Hai suonato in molti contesti diversi, ma è sempre impossibile non riconoscerti... Se non ti spiace vorrei chiederti di alcuni progetti specifici ai quali hai partecipato, ad esempio l'album di Carla Bley chiamato European Tour 1977 - all'inizio di Wrong Key Donkey mi dico sempre: sì, è lui... E un altro lavoro per formazione ampia è stato Oh Moscow di Linsay Cooper; nella versione che è uscita su disco alla batteria c'è Marilyn Mazur, ma una volta Chris Cutler ebbe a dirmi che aveva suonato con te in un altro tour...

Beh, naturalmente Carla scrive delle cose eccellenti e quel tour estivo fu una bella vacanza europea di tre settimane, ma allora non suonammo abbastanza da togliere la musica dalla carta e trasportarla su un piano più alto. Oh Moscow è stato per la maggior parte del tempo un gruppo in cui era piacevole stare, e credo che la musica di Lindsay offrisse più spazio per consentire ai musicisti di esprimersi. La formazione è cambiata durante i tre o quattro anni in cui abbiamo suonato - Veryan Weston invece di Elvira Plenar al piano; Marilyn Mazur, Chris Cutler, Charles Hayward, Peter Fairclough alla batteria in periodi diversi, e una volta Maggie Nichols sostituì Sally Potter...

E' bello partecipare a dei progetti occasionali con delle big band come quelle di Carla e di Lindsay, ma credo che per me l'aspetto veramente creativo del suonare e dell'improvvisare stia nei piccoli gruppi. Una big band è sempre l'espressione delle idee del compositore. Adoro come in un trio o un quartetto ognuno possa allontanarsi dal centro al minimo suggerimento del solista o di uno dei musicisti della sezione ritmica, se tutti i musicisti sono consapevoli e creativi.


Per chiudere questo capitolo vorrei chiederti di due album degli anni '60 ai quali hai partecipato - Joy Of A Toy di Kevin Ayers e The Madcap Laughs di Syd Barrett: su quali brani? I Soft Machine hanno suonato collettivamente su Song For Insane Times di Ayers; anche su altro? Sull'album di Barrett direi che sei tu al basso su No Good Trying, dove gli altri mi sembrano proprio Robert Wyatt alla batteria e Mike Ratledge all'organo. Che ricordi hai (se ne hai) di quelle session?

Sì, ho suonato su Song For Insane Times, su Joy Of A Toy (1969), e su Why Are We Sleeping, pubblicata su Singing The Bruise (1996). Kevin aveva già registrato un demo di Joy Of A Toy a casa sua, su di un semplice registratore sound-on-sound, ed era eccellente! Kevin suonava tutte le parti. Per ciò che riguarda Syd i brani sono
No Good Trying e Love You, su The Madcap Laughs (1969) e Clown And Jugglers, uscito su Opel (1993). I pezzi di Syd vennero registrati nella stessa session negli studi Abbey Road, ma Clowns And Jugglers non fu pubblicata che molto tempo dopo. Syd venne a un concerto dei Soft Machine a Londra e ci invitò a suonare sul suo disco. Quando arrivammo agli Abbey Road suonammo sulle sue piste di voce e chitarra - da lui non venne nessuna indicazione né alcun suggerimento - e alla fine mormorò: "Andava bene. Grazie..."


Con l'arrivo del punk molta musica del periodo precedente venne considerata passé; inoltre il cosiddetto "Stile di Canterbury" è stato spesso considerato un suono "morbido". Ma io ricordo i Soft Machine come un gruppo le cui esibizioni avevano spesso un'intensità feroce, come credo ben dimostrato, tra l'altro, dal CD live Virtually uscito lo scorso anno...

E' verissimo - i Soft Machine potevano essere molto duri con il loro pubblico! Non dimenticare che quando io mi sono unito al gruppo suonavamo con dei grossi amplificatori Marshall. Basso e organo col fuzz. E anche Robert alla batteria sapeva essere un vero flagello! Suonavamo con i tappi protettivi nelle orecchie. Il suono divenne un po' più morbido quando si unirono i fiati, nel '69.

Certo, il punk voleva dire ribellione, rigetto della vecchia generazione di musicisti. E molto appropriatamente, direi. Mi piacerebbe vedere più musicisti ribelli, oggi, piuttosto che vederli copiare il passato.


Delta Flora è un album che, a mio parere, tratta il materiale con un approccio di studio. Ma in un certo senso tu l'hai sempre fatto. Fifth dei Soft Machine faceva un uso sapiente dello studio, e poi tu hai inciso 1984. Ti dispiacerebbe parlarmi di quell'album? (Ah, ora che ci penso: chi suona su 1983? Sulla copertina di Six sei stato accreditato con "sound effects", ma quello fu l'unico brano ad essere registrato in un altro studio - lo stesso di 1984...)

1984 fu un tentativo di usare un grosso studio per rivisitare alcune delle cose sperimentali che avevo fatto nei primi anni sessanta a Parigi con Daevid Allen e poi da solo quando ero ritornato a Canterbury - loop, paesaggi sonori ecc. Dopo i Soft Machine mi fu offerta l'opportunità di fare un album solo, e quello fu il tipo di materiale che scelsi di registrare. La cosa preoccupò la CBS, la casa discografica dei Soft Machine, che quindi si rifiutò di coprire il costo dello studio, e così dovetti andarmene in banca a farmi prestare i soldi. 1984 è stato ristampato più volte, di recente dalla Cuneiform, che ha usato i nastri master originali, e con una bonus track proveniente dalle session originali. La gente dice tuttora che è un disco in anticipo sui tempi, dopo venticinque anni! Sul disco ci sono delle cose che mi piacciono tuttora, ma oggi non farei più un disco così....

Su 1983 Karl Jenkins ha suonato il piano e John Marshall le percussioni. Io ho suonato il basso, a velocità normale e accelerata, e un sacco di loops ed effetti. Durante il mio ultimo concerto in assoluto coi Soft Machine, ad Amburgo, nel 1973, suonammo una versione live di 1983 con registratori e lunghi loop che pendevano da alte colonne sul palco. Io suonai il basso col fuzz sopra questi suoni strani.


Hoppertunity Box è forse, tra i tuoi dischi da solo, quello che preferisco: un buon uso dello studio, ottimi musicisti - Gary Windo... Su quell'album hai anche fatto degli assolo di chitarra - Gnat Prong, Mobile Mobile, i nastri rovesciati di The Lonely Sea And The Sky... Ma avevi già suonato la chitarra sul secondo album dei Soft Machine, e sulla prima facciata di Monster Band, nei brani da solo... Qual è, oggi, la tua opinione di questi album? E della chitarra elettrica?

Hoppertunity Box è stato per molto tempo il mio disco preferito - ho dedicato un sacco di tempo a progettarlo, alle composizioni e poi a lavorarci su. E' stato tutto costruito partendo dalle parti di basso che ho suonato su un metronomo, poi furono aggiunte le tastiere di Dave Stewart, quindi la batteria, e per ultimi i sassofoni e gli altri colori. Alcuni dei brani sembrano davvero live, ma l'unica volta che suonai con qualcun altro nello studio fu su Crumble - Mike Travis ed io registrammo le parti di batteria e di basso suonando insieme. Con questa eccezione fu tutto un lavoro di montaggio.

Sul disco non c'è quasi nessuna chitarra! Quelli che ti sembrano degli assolo di chitarra e temi chitarristici furono suonati col basso e poi accelerati a doppia velocità. Ho suonato un po' di chitarra ritmica alla buona sulla prima parte di Gnat Prong (dietro l'assolo di organo di Dave Stewart) ma il resto è tutto basso. La stessa cosa vale per Monster Band.

(A intervista conclusa abbiamo comunicato telefonicamente a Hopper la nostra vergogna, meditando nel frattempo un suicidio riparatorio - ovviamente per impiccagione mediante corde per basso Rotosound roundwound, scalatura .045-.105. "Dai, non è poi così grave", ha cercato di consolarci, "anche Elton Dean, quando sentì i nastri, mi chiese chi fosse il chitarrista".)

Ho cominciato con la chitarra, prima di suonare il basso, ma non ho più suonato seriamente dai tempi di Vol. Two dei Soft Machine, e allora fu solo perché avevo scritto Dedicated To You But You Weren't Listening alla chitarra e Robert voleva inciderla. L'anno scorso ho comprato un modello economico di Stratocaster, di fabbricazione cinese, e la sto usando per le nuove canzoni che sto preparando con Lisa Klossner per il prossimo disco, ma non sono più un chitarrista. Preferisco chiedere di suonare a dei chitarristi veri come Phil Miller e Patrice Meyer.


Credo che il tuo lavoro come compositore sia molto sottovalutato. Trovo le tue composizioni molto personali - sia quelle dall'atmosfera "serena" (spero mi perdonerai per il mio ultra-semplificare quest'argomento) quali Kings And Queens e The Lonely Sea And The Sky sia quelle dall'atmosfera "solenne/sinistra" come 1983 e la coda di Gnat Prong, per citare solo alcune tra le mie preferite. Quali sono state le tue influenze per ciò che riguarda la composizione? E come vedi il processo compositivo? E lo studio come mezzo di composizione?

Come ho detto prima le mie influenze sono troppe perché io possa essere in grado di farti un elenco anche solamente parziale. Tutto ciò che ho ascoltato (e anche alcune cose che non avrei voluto ascoltare!) - tutto è ancora lì, da qualche parte, nel mio cervello e nelle mie dita.

La composizione è in parte mistero e in parte esperienza accumulata. (Beh, no - suppongo sia tutta il risultato dell'esperienza. Ma ci sono parti del processo che sono nascoste alla vista.) (E mi sta bene così!) Non so come faccio a produrre canzoni come Memories o Was A Friend. Non lo trovo difficile. Ovviamente diventa più facile con l'esperienza - perfino quando mi ritrovo per un po' a secco di idee so che qualcosa finirà per apparire e così non mi faccio prendere dal panico. Mi piace scrivere musica per i testi degli altri, ad esempio quelli di Lisa. Mi piace anche comporre solo per il piacere di produrre dei suoni strumentali.

Lo studio è un mezzo molto costoso per comporre, ma può produrre cambiamenti interessanti. Puoi lavorare a casa da solo su un brano per settimane e non sentirlo davvero finché non vai nello studio e non senti altri musicisti suonarlo. E anche il parere dei tecnici dello studio o di qualcuno che passa di lì può fare la differenza - in senso positivo o negativo. Nella musica può esserci qualcosa che tu vuoi rimanga a tutti i costi dato che le hai dedicato tanto tempo, e poi qualcuno dice: "Beh, quella parte mi convince poco..." o, al contrario, a volte qualcosa che ti dà fastidio ogni volta che la senti risulterà essere la cosa migliore per qualcun altro.


Hai suonato con tanti ottimi batteristi - Robert Wyatt, Chris Cutler, John Marshall, Pip Pyle, Andrew Cyrille, Dave Sheen, Mike Travis, Joe Gallivan, Nigel Morris... Nel clima attuale, che vede il più vasto uso possibile di batterie elettroniche e sequencer, come vedi il futuro della "sezione ritmica"? E qual è la tua opinione di generi quali il drum'n'bass e la techno?

Anch'io a volte uso drum machine e sequencer. Non è la stessa cosa di suonare con dei veri "teppisti" - a volte è meglio, a volte peggio. Puoi essere creativo in qualsiasi genere, se sei una persona creativa. E' la stessa cosa nel jazz, nel rock, nel folk, nella classica. Ciò che mi interessa è quel dieci per cento di persone creative che ci sono in ogni genere.


© Beppe Colli 1999 - 2003

CloudsandClocks.net | Feb. 10, 2003

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