Intervista a
David Garland

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di Beppe Colli
Jan. 10, 2004



Come già scritto in sede di recensione, On The Other Side Of The Window, il nuovo CD di David Garland, si segnala per le sue molteplici qualità - procedere meticoloso, musiche che ripagano i ripetuti ascolti, un'attenta ricerca sui suoni, testi non banali. Un disco che presuppone un livello di attenzione oggi forse non molto comune per essere gustato appieno (ma non è una caratteristica di tutti i dischi di canzoni che valgono qualcosa?) ma che può ben funzionare da "sottofondo intelligente" (che peccato, però).

Abbiamo perciò deciso di rivolgergli alcune domande via e-mail. Il risultato appare qui di seguito.


La prima cosa che ho notato ascoltando il tuo CD è stato quanto "naturale" suonasse - intendo dire, non è il suono ipercompresso, piatto, senza dinamica e affaticante che è oggi la norma. Ti spiacerebbe parlare di questo aspetto del tuo lavoro?

Oltre al cantato, ogni suono sull'album proviene da un vero strumento - solitamente acustico - suonato manualmente. Se suona come un piano, allora E' un piano. La maggior parte degli strumenti è stata registrata con un paio di microfoni stereo, e così essi hanno un'immagine sonora vivida tipica del mondo reale. Volevo che la musica avesse una qualità naturale, umana. Ho usato un vecchio sintetizzatore solo su Good Design e Out Here, dove è usato per il suo suono elettronico; non ero interessato a usare il sintetizzatore per imitare altri strumenti. Quando metto insieme la mia musica non accetto alcuna nozione preconcetta di come "dovrebbe" essere fatto; metto tutto in discussione. Il che non vuol certo dire che io respinga ogni cosa - dopotutto anch'io uso melodie, ritmi e armonie - ma metto tutto in discussione, e cerco di evitare i cliché di stile, suono e forma. Cosa che rende per me interessante creare la musica e che spero la renda interessante anche da ascoltare. Sono al corrente di quelle che sono le tendenze attuali in fatto di musica ma scelgo di inventare piuttosto che di imitare, perché inventare è più divertente.


Hai usato un bel po' di strumenti poco comuni - ho dovuto cercare sul vocabolario per scoprire cosa fosse un salterio, ma sono ancora all'oscuro a proposito della "quarzite di Taliesen"...

Sono molto interessato alle possibilità dell'orchestrazione, e posseggo un discreto numero di strumenti. A dire il vero "psaltery" è un termine piuttosto generico, quasi come "strumento a corde", dato che esistono tantissimi tipi diversi di salterio. Sono rimasto sorpreso nello scoprire che posseggo il mio "salterio ad archetto" (che è stato costruito per me da un amico) da almeno trent'anni! L'origine della quarzite di Teliesin è interessante: Frank Lloyd Wright, il grande architetto del primo modernismo, ha progettato e costruito uno studio/scuola, Taliesin, nella parte occidentale dello stato dell'Arizona. Da quelle parti il paesaggio è come quello che vedi in molti vecchi film di cowboy: cactus, pianure desertiche, grandi colline. Di recente mi sono recato lì e ho fatto un giro della zona desertica circostante. Mentre camminavo ho notato che il terreno era coperto di pezzi di roccia che sotto i piedi producevano suoni molto musicali simili a campane. Mi è stato detto che si trattava di un particolare tipo di quarzite, conosciuta come "quarzite di Taliesin" dato che si trova solo lì. C'è qualcosa in quella roccia che la rende molto risonante. Se la percuoti produce un chiaro tono musicale. Così me ne sono messo un pezzo in tasca e me lo sono portato a casa, e mi sono accorto che la sua nota musicale si accordava con la tonalità di Good Design. Quella canzone era nata come un accompagnamento che ho creato per la canzone di Sport Murphy intitolata Frogs Are Singing, pubblicata nel 2002 sul suo album Uncle. In seguito ho ampliato la musica e ho scritto delle altre parole. E in effetti direi che avere quell'associazione con Frank Lloyd Wright nella canzone sulla progettazione è molto appropriato!


Ancora a proposito della parte strumentale: il tuo uso del basso è decisamente poco usuale - parti arpeggiate, pedale wha-wha... quali sono i tuoi punti di riferimento in proposito?

Alcuni anni fa ho comprato un basso elettrico allo scopo di esplorare le sue possibilità. Avevo già suonato il basso, ma non ne avevo uno mio. Di nuovo allo scopo di evitare preconcetti, ho sperimentato su come lo strumento potesse essere suonato, e mi sono interessato al finger-picking - come un chitarrista folk - sul basso. Ho capito che sarebbe stato ancora meglio farlo su un basso acustico - che non è la stessa cosa di un contrabbasso, è una grossa chitarra acustica con le corde e la tastiera di un basso. Amo questo suono, e l'ho usato molto sul nuovo CD. Anche il basso elettrico con fuzz e wha-wha è un suono che appare su molte canzoni. L'ho usato deliberatamente come suono unificante e ricorrente. Anche questo è un suono che amo, e che per me è ricco di riferimenti: i primi Soft Machine, e qualche meravigliosa vecchia registrazione di Charlie Haden, in particolar modo una che ha fatto con Keith Jarrett, su un album che credo si chiamasse Birth, pubblicato dalla Atlantic nei primi anni settanta.


Il tuo duo con Karen Mantler nella canzone How To è davvero bello. Mi parleresti di come è nato?

Ho conosciuto Karen alcuni anni fa, dopo averla avuta come ospite nel mio show radiofonico. Credo che le sue canzoni siano eccellenti - davvero buone e davvero inventive, e la sua voce e la sua armonica sono molto personali. Mi ha detto che per puro divertimento ha una collaborazione con Kato Hideki dove suona duetti di armonica e ukelele. Una sera mi sono seduto al piano chiedendomi cosa avrebbe potuto suonare bene eseguito da armonica e ukelele, e How To ha cominciato a emergere. Ho sentito che stavo scoprendo ricche possibilità - per esempio, non avevo mai usato un accordo dominante in minore scrivendo in una chiave maggiore - e sembrava che la canzone meritasse di essere un pezzo ampio su scala ambiziosa al fine di rendere giustizia a queste possibilità. Ho pensato al suo modo di suonare l'armonica e al suo modo di cantare fin dall'inizio. Mi ci è voluto più di un anno per finirla. I fatti dell'undici settembre del 2001 accaddero poco dopo che avevo iniziato, ed è passato del tempo prima che potessi continuare. Poi c'è stata un'interruzione di tipo gradevole, quando Robert Wyatt ha invitato Karen in Inghilterra per i loro duetti sul CD di Wyatt Cuckooland. Ho conosciuto il disco di Carla Bley intitolato Escalator Over The Hill all'incirca nel 1973, ed è stato davvero un lavoro che mi ha aperto le orecchie. E' divertente pensare che Karen (che è la figlia di Carla Bley), che ha cantato su Escalator quando era solo una bambina, forma una piccola connessione tra quel grande disco e il mio progetto.


I tuoi testi coprono una grande varietà di argomenti, il che non credo sia una cosa comune di questi tempi - voglio dire, se parliamo di argomenti trattati quello che è in classifica o va via etere sembra molto più limitato che negli anni sessanta e settanta. Qual è la tua opinione?

Molti anni fa ho letto un saggio del compositore Charles Ives nel quale lui chiedeva qualcosa come "Perché una canzone non può scalare una montagna e guardare nuovi paesaggi?" (E' una mia formulazione, non la sua.) Ho sempre pensato che i testi possono trattare di qualunque cosa. Naturalmente sono più significativi se parlano di qualcosa di importante, ma l'amore, il sentirsi tristi e il voler ballare non sono le sole cose importanti. Ho fatto tre CD di quelle che ho chiamato Control Songs perché credo che il (prevalentemente illusorio) senso di controllo di cui tutti abbiamo bisogno per funzionare, e a proposito del quale possiamo tutti provare ambivalenza, è una forza molto importante, fondamentale, nelle nostre vite, sebbene se ne parli raramente - per non dire di quanto raramente se ne canti! L'album On the Other Side Of The Window parla più della comunicazione che del controllo. I testi delle nuove canzoni sono venuti molto naturalmente. A volte li ho lasciati arrivare, a volte li ho aiutati ad arrivare. Per lo più la musica è progettata con molta cura, mentre le parole sono relativamente spontanee. Non voglio dire che sono improvvisate, ma che non è stata mia intenzione lavorarci su con un approccio di tipo analitico.


Se ben capisco conduci due programmi radiofonici a New York, Spinning On Air e Evening Music. Vuoi parlarne?

Mi guadagno da vivere curando la programmazione e presentando venti ore di musica alla settimana. I programmi sono su WNYC-FM, l'emittente "pubblica" di New York. La WNYC si trova a 93.9 sulla scala FM nell'area di New York e può essere ascoltata internazionalmente a www.wnyc.org. Evening Music è sostanzialmente un programma di musica classica, che io cerco di rendere aperto e interessante. Spinning On Air indaga i punti di contatto fra l'Arte e il Pop, ed è ormai da più di vent'anni che faccio questo programma. Tra gli ospiti ho avuto John Zorn (molte volte), Jim O'Rourke, Les Baxter, naturalmente Karen Mantler, Robert Wyatt e moltissimi altri. Puoi trovare ulteriori dettagli qui: http://www.3garlands.com/davidgarland/radio/index.html


Parliamo dello stato della radio. Qual è la tua opinione a proposito dello stato attuale della radio? E inoltre: credi che la dimensione visiva che è stata comune negli ultimi vent'anni abbia avuto un effetto sull'apprezzamento della musica?

Come sono sicuro sai già, la radio sta diventando meno creativa e varia, e dall'andamento sempre più prevedibile. Scelgo io la musica che presento nei miei programmi, il che fa di me un anacronismo. E' molto facile essere pessimisti a proposito delle tendenze che riguardano la radio, e a volte mi preoccupo anche per il futuro di WNYC. Ma ritengo ci siano motivi di speranza in ragione di quella che chiamo la "super-disponibilità" della musica. Oggi la gente che vuole ascoltare musica ha un numero crescente di alternative alla radio via etere grazie ai downloads, alla radio in rete e alla radio via satellite. Non hanno più bisogno della radio via etere quando vogliono un certo genere di musica di sottofondo. Così ci sarà forse un rinnovato interesse nelle possibilità uniche, personalizzate e di costruzione della comunità proprie alla radio via etere. Con la super-disponibilità della musica, il ruolo del DJ in quanto guida e curatore è più importante che mai. Ma forse sono solo un ingenuo, e l'individualità continuerà a essere minimizzata.

Per quanto riguarda la tua domanda sull'effetto dei video musicali: non sono la persona giusta per giudicare. Certamente l'effetto di fissare una certa serie di immagini a un brano di musica è limitante sia per le immagini che per la musica, ma ne ho poca esperienza diretta. Sono tanto vecchio (49) che MTV non esisteva quando sono cresciuto, e la maggior parte dei video che mi è capitato di vedere sono essenzialmente solo delle pubblicità, perfino quando cercano di essere artistici. Con il mio retroterra di scuola d'arte potresti pensare che mi piacerebbe avere delle immagini insieme alla mia musica, ma finora per lo più ho mantenuto il mio lavoro visivo separato da quello musicale.


Circa dieci anni fa hai pubblicato un CD intitolato I Guess I Just Wasn't Made For These Times, con tuoi arrangiamenti di canzoni di Brian Wilson. Ti dispiacerebbe parlare della sua importanza per te da una prospettiva compositiva? E: come consideri il suo nuovo status per quanto riguarda l'apprezzamento da parte di critici e pubblico, dopo un periodo in cui veniva considerato "passé"?

Ricordo di aver letto del "genio" di Brian Wilson su riviste quali Crawdaddy e Rolling Stone quando ero ragazzo, alla fine degli anni sessanta, ma non riuscivo mai a conciliare ciò con le canzoni che parlavano di surf e di macchine con le quali avevo familiarità. Poi ho ascoltato sul serio Smiley Smile a metà degli anni ottanta e da allora ho gradualmente accumulato LP dei Beach Boys scoprendo che tutti contenevano alcune canzoni incredibilmente creative. Ho capito che Wilson era molto originale in tutti gli aspetti delle canzoni. Quando ascolti per la prima volta una canzone come I Just Wasn't Made For These Times rispondi alla sua bella atmosfera e al suo sentimento, ma quando la esamini per imparare a suonarla capisci che è una canzone strana, singolare e totalmente originale, con accordi strani, note sul basso non comuni e molto altro. Amo il modo in cui riusciva a creare una musica che era quasi segretamente sperimentale, nel senso che le qualità sperimentali sono in realtà al servizio della comunicatività della canzone. Quando nel 1988 è nato mio figlio ho capito che sarei stato troppo occupato per creare e registrare un nuovo gruppo di canzoni originali ma che quella sarebbe stata l'occasione giusta per prendere alcune delle mie canzoni preferite di Brian Wilson, trascriverle e analizzarle per scoprire cosa le rendesse così valide e creare i miei arrangiamenti. Ritenevo che le canzoni meritassero di essere suonate di più, che si prestassero a essere interpretate e che non richiedessero necessariamente il sound dei Beach Boys. (Si è parlato di pubblicare il mio disco in Europa, ma non c'è ancora niente di certo.) Riguardo alla tua domanda sul "nuovo status" di Brian Wilson: ovviamente credo sia bello che più gente stia godendo della bellezza di Pet Sounds. E' davvero una meravigliosa opera d'arte. Ciò detto, mi capita di ascoltare rifacimenti di canzoni di Wilson che mostrano che gli esecutori non riescono davvero a percepire la complessità delle canzoni o che non sono all'altezza di render loro giustizia. Ma le registrazioni originali sono adesso molto più facilmente reperibili di quando io ho sviluppato un interesse, e gli strati sono lì per ognuno che voglia investigarli.


© Beppe Colli 2004

CloudsandClocks.net | Jan. 10, 2004