Chris Cutler -
the Solo interview

----------------
di Beppe Colli
Nov. 29, 2002



L'approccio di Chris Cutler nei confronti della batteria è sempre stato altamente originale. Per citare gli inizi discografici, basta ascoltare Legend - l'album di debutto degli Henry Cow, pubblicato nel 1973 e recentemente riedito in formato CD nel suo missaggio originale. Da allora il musicista non è mai stato fermo, come il gran numero di album ai quali ha partecipato (la nostra stima personale dice: più di un centinaio) può facilmente testimoniare. Musicista dal pensiero limpido anche lontano dal seggiolino il cui lavoro si è svolto in gran parte lontano dai riflettori, la collaborazione con i Pere Ubu essendo la cosa più prossima al "mainstream" - se consideriamo i Pere Ubu parte del mainstream.

Ampliare le possibilità della batteria (e così, il linguaggio dello strumento) per mezzo dell'elettrificazione è stata una delle preoccupazioni di Cutler sin dagli anni settanta; a questo proposito gli album in duo registrati con lo storico partner Fred Frith sono forse i primi a venire in mente, ma se parliamo di album preferiti non possiamo fare a meno di citare Quake (1999), testimonianza della sua  collaborazione in concerto con Thomas Dimuzio.

E' stato con grande piacere (e non inferiore curiosità) che abbiamo accolto la notizia della decisione di Cutler di effettuare alcuni concerti in modalità "strumento totalmente elettrificato" - e l'annuncio dell'imminente pubblicazione di un CD dal vivo registrato in completa solitudine. Circa due mesi fa gli abbiamo chiesto di poter effettuare un'intervista via e-mail su questo argomento, e per nostra fortuna si è detto d'accordo. Al momento della conversazione l'album non era ancora stato pubblicato. Avendo oggi sviluppato una certa familiarità con la musica lì contenuta possiamo dire che la proposta va molto al di là delle attese in termini di timbro, stratificazione, varietà e profondità di visione. E sì, sappiamo bene che è lui, ma non il lui che eravamo abituati a conoscere.

Con l'abbondanza di uscite "pompate" pubblicate a destra e a manca (e quasi nessuna presenza pubblicitaria) è facile prevedere che quest'album non avrà vita facile. Le chance di visibilità mainstream sono ovviamente zero (gli anni Sessanta essendo passati da un pezzo). Cosa forse più importante, diremmo che oggi la correlazione tra l'atto fisico del suonare e il suono, una volta del tutto trasparente per l'ascoltatore attento, sta diventando sempre più opaca per la maggior parte degli ascoltatori. Qualcuno potrebbe dire che non importa se è una batteria o un laptop. Invece è importante - e dovrebbe importare.


Sono trascorsi quasi trent'anni dal tuo debutto discografico, me è solo da poco che hai iniziato a fare dei concerti in solo: perché non prima?

Probabilmente per due ragioni. Per prima cosa, non ho mai considerato il suonare da solo qualcosa che avrai voluto fare. Ho appreso la musica come un'attività collettiva - e l'improvvisazione come un tipo di conversazione pubblica  - sempre con un occhio al mantenere il pubblico partecipe. Non ho mai avuto né ho tuttora qualcosa da esprimere, niente messaggi o sentimenti cui dare corpo e che ritengo meglio realizzati attraverso la musica. Per me la musica è un discorso autonomo che richiede sensibilità, non il dominio. Al di là di ciò trovo le dimostrazioni di tecnica superflue e invariabilmente tediose. Quindi non avevo un contesto per le esibizioni in solo - il che non implica che non ammirassi e trovassi interessante il lavoro di molti altri musicisti. Pensavo solo che essi avessero risolto un problema comunicativo e strutturale che ritenevo di non essere ancora sufficientemente motivato o competente da affrontare. In secondo luogo, all'inizio degli anni ottanta ritenevo che la percussione acustica fosse uno strumento che era meglio affrontare da un punto di vista compositivo. Intendo dire che preferivo mettere a punto delle parti e aggiungere - o lavorare in opposizione - alla struttura di una composizione musicale, e sentivo che in qualità di compositore sapevo come disporre con intelligenza suoni e figure. Conoscevo il mio strumento e sapevo come usarlo. Ma in veste di improvvisatore esso non mi ispirava altrettanto; dopo essere stato impegnato in un lungo periodo di esperimenti e scoperte ho pensato che avevo un po' di più da contribuire al suo vocabolario non compositivo: dal punto di vista del temperamento non sono un fan dell'approccio "fast & furious", né dell'accumulazione di strumenti esotici, "pentole e padelle" o percussioni orientali. Ho scoperto che i miei interessi si situavano sempre più nell'ampliamento elettronico di suoni acustici e nello sviluppo di nuove tecniche associate a un nuovo strumento (per esempio pensa alla coppia chitarra acustica/chitarra elettrica). Tutto il lavoro di improvvisazione che ho fatto negli anni ottanta e novanta è stato con la batteria ampliata elettronicamente e non con il solo set acustico. E questo set ha continuato a evolversi nel contesto del lavoro fatto con altri, quindi è passato del tempo prima che capissi che era andato ormai oltre lo stadio in cui era in grado - e doveva avere l'opportunità - di esprimersi in solitudine. Ero ancora esitante. Non vedevo ancora il punto, non capivo in quale parte del tutto avrei potuto collocarmi. Sono stati Fred Frith e René Lussier che alla fine mi hanno persuaso a fare qualcosa da solo. Mi hanno detto: fallo, e in breve tempo capirai. Così quando Hirotsugu Watanabe a Tokyo mi ha chiesto se ero disposto a fare un concerto in solo ho detto di sì senza pensare ai motivi per i quali non avrei dovuto. Poi ho fatto quello che faccio sempre nella mia veste di improvvisatore: accertarmi che tutto funzioni a dovere, non fare piani, iniziare a suonare prima di avere il tempo di pensare. Quindi ascoltare. Dopo quel primo concerto ho capito che persino quando sei da solo non ascolti meno di quando suoni con qualcun altro. C'è sempre una conversazione.


In che cosa il tuo kit elettrificato si differenzia da una normale batteria?

Il kit elettrico sta a un kit acustico come una chitarra elettrica sta a una chitarra acustica. In altre parole è un kit come tutti gli altri, se non per il fatto che tutti i tamburi e i piatti e i vari accessori come piccoli tamburi, contenitori metallici, affettauova - sono amplificati, da piccoli microfoni radiofonici o da trasduttori. I segnali vanno a un mixer a sedici canali e poi a vari processori: pedali per chitarra, un'unità multieffetti, un delay di otto secondi... E' esattamente la stessa, ma allo stesso tempo completamente diversa da una batteria come la conosciamo, e quindi è quasi irriconoscibile. Finora la reazione più comune al mio CD in solo è stata di incredulità.


I pezzi in solo sono tutti eseguiti in tempo reale o a volte usi loop o nastri pre-registrati? Quali sono i motivi estetici della tua scelta?

Tutto è sempre e solo in tempo reale. Non uso mai campionamenti o loop. Molti anni fa ho fatto degli esperimenti con i campionamenti ma li ho trovati immediatamente inflessibili e "sordi". Mi piace il modo in cui la batteria acustica registra ogni sottigliezza e sfumatura della pressione, il modo in cui i suoni cambiano a seconda di dove e con cosa colpisci, strofini, gratti o percuoti; il modo in cui riflettono l'azione e il gesto. Con uno strumento acustico o con uno strumento acustico amplificato ed esteso  puoi fare in modo che quel che vuoi fare si produca in virtù di un'azione diretta (pensa a Jimi Hendrix o a Elvin Jones) ed è una cosa che odierei perdere. Preferisco produrre dei suoni invece di programmarli e poi scegliere tra loro. I loop mi hanno sempre irritato; io voglio scappare dalle gabbie, non costruirne delle altre. Lo stesso vale per i nastri pre-registrati. Come potrei seguire la musica dove vuole andare, essere in un presente in divenire, se rimango legato a una sequenza di suoni che appartengono a un passato morto che non è in grado né di ascoltare né di cambiare? Sarebbe come essere legato a un cadavere. Però di tanto in tanto uso dei materiali registrati in modo intermittente con un ruolo di forza esterna. Per esempio, nel brano del mio CD registrato a Musique Action ho usato una registrazione fatta su un Minidisc in città al mattino quale obbligato per la performance della sera, facendolo uscire di tanto intanto in funzione di contrappunto o di disturbo, non sapendo ovviamente che suono sarebbe emerso quando l'avrei fatto. Per me questo può essere produttivo, mentre suonare insieme a un nastro essendovi legato e dovendolo seguire non lo è.

Non è mia intenzione commentare il modo in cui altri usano loop e nastri pre-registrati, ci sono tantissimi bei pezzi realizzati in tal modo. Spiego solo perché tali metodi non si accordano con il mio approccio alla performance e alla composizione.


Il ritmo gioca una parte sempre più importante nella musica di oggi ma a volte sembra che la cifra personale si perda. Che ne pensi?

Quando una drum machine o un sequencer viene programmato fa esattamente quello che è programmato per fare. E' perfetto. Ma non prova niente e quindi non fraseggia e non interpreta niente. Pensa agli annunci automatici dei treni o a Stephen Hawking: le parole ci sono, ma non c'è espressione, non c'è significato oltre quello semantico. E' la stessa cosa con le percussioni programmate, che è il motivo per cui la musica fatta dalle macchine è così fredda: perché è priva di soggettività. Forse questo è il motivo per cui funziona meglio in contesti Dance - dove l'energia umana dev'essere spesa nel vano tentativo di soffiare le vita dentro di essa? Dalla Motown all'Hip Hop; dal groove al rimprovero?

Se si tratta di ritmo e di musica in generale sono attirato da ciò che è umano, Cerco l'interpretazione e la complessità, il contenuto umano nella forma. E se adottiamo questo punto di vista direi che oggi c'è molta più musica il cui contenuto è meccanico, robotico, tecnicamente perfetto ma privo di sensibilità. Questo non è inevitabile e non dobbiamo dare la colpa alle macchine. Non sono un luddita - dopotutto anch'io uso di continuo nuova tecnologia, sebbene non in veste di consumatore (che sceglie fra suoni già esistenti) ma di produttore. Forse questa è una distinzione utile.


© Beppe Colli 2002

CloudsandClocks.net | Nov. 29, 2002

Per maggiori informazioni sul kit elettrificato consultare il sito di Chris Cutler