Intervista a
Chris Cutler (2004)

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di Beppe Colli
Feb. 8, 2004



Nel non lungo periodo della loro esistenza, tra il 1978 e il 1980, gli Art Bears - Chris Cutler, Fred Frith e Dagmar Krause, con l'imprescindibile apporto del tecnico del suono Etienne Conod - produssero tre ottimi LP: Hopes And Fears, Winter Songs e The World As It Is Today. Tre album di canzoni colme di innovazioni. The Art Box è il cofanetto che celebra il 25° anniversario del gruppo e che comprende i tre album originali in una nuova masterizzazione, un doppio CD di rimissaggi, un CD di rarità e un ricco libretto.

Durante la prima settimana di febbraio abbiamo posto alcune domande via e-mail a Chris Cutler.


Come prima cosa vorrei chiederti della transizione dagli Henry Cow agli Art Bears. Quando ho comprato gli album mi sono accorto che, nonostante fosse stato pubblicato per primo, Western Culture degli Henry Cow in realtà era stato registrato dopo Hopes And Fears, il primo LP degli Art Bears. Ne hai parlato brevemente nel libretto della seconda riedizione in CD di Western Culture. Vorresti riprendere il discorso?

Quello che poi divenne Hopes And Fears prese vita come un LP degli Henry Cow; la nostra prima pubblicazione indipendente dopo aver lasciato la Virgin. Tutta la storia è nel libretto e sono sicuro che sarà più semplice copiarla da lì, ma sì, sospetto che se il disco fosse stato pubblicato sotto il nome di Henry Cow avrebbe sorpreso un sacco di gente - anche se è vero che l'album non sarebbe stato lo stesso dato che gli Henry Cow eliminarono dei brani che erano stati registrati per il disco (per lo più brani strumentali) e allora Fred e io scrivemmo altre quattro canzoni per completarlo. E' stato il lavoro sul materiale aggiunto che ha dato origine al nostro metodo di lavoro, così poco usuale - e senza di esso gli Art Bears non si sarebbero mai evoluti e Winter Songs e The World As It Is Today non sarebbero mai stati creati.


("1978. In January, days before we left, there were serious disagreements about the material, leaving us with a studio booking and too little music. I was deputised to try to produce new texts for a piece of Tim's (...) - an impossible task in the time available. So I wrote some short texts and proposed we make a song LP instead. In the absence of anything else, this is what we did, working on the material en route to Switzerland, in a rehearsal room when we arrived and throughout the recording itself. On our return to London, Henry Cow decided that this work was not what 'Henry Cow' should be doing and that therefore we should not release the record. Fred and I offered to pay the studio costs, took the songs, added another four and released the result as the first Art Bears LP: Hopes And Fears.>")


Devo dire che se Hopes And Fears fosse stato pubblicato sotto il nome di Henry Cow - e subito dopo In Praise Of Learning e il doppio dal vivo Concerts - sarei rimasto molto sorpreso. Certo, c'era stato l'album Desperate Straights - ma quello era stato un progetto condiviso con gli Slapp Happy. Da dove è venuto questo interesse per le "canzoni brevi"? Quali erano, in generale, i vostri punti di riferimento? Forse un certo "spirito dei tempi" ha influenzato il nuovo progetto?

Ritengo che Desperate Straights sia stato un'esperienza molto importante, dato che ci ha riportato tutti a contatto diretto con la forma canzone e con quanto di essenziale c'era nel pop. E il Pop era ciò con cui tutti eravamo cresciuti, in un modo o nell'altro. Inoltre, almeno Fred e io venivamo da un retroterra rock e avevamo trascorso anni in gruppi a suonare canzoni. Così le avevamo nel sangue. All'improvviso ci accorgemmo che eravamo desiderosi di esplorarle di nuovo, ma da una prospettiva più evoluta e meno commercialmente motivata: quella derivante dell'esserne stati lontani e dall'avere nel frattempo imparato moltissime altre cose.


Una volta, mentre mi trovavo a uno dei tuoi seminari - è stato nel 1987, al festival MIMI a St. Remy - ti è stato chiesto se la canzone degli Art Bears intitolata In Two Minds, dall'album Hopes And Fears, fosse un omaggio agli Who. Se ben ricordo sei sembrato accettare l'idea. Mi diresti qualcosa in proposito? Gli Henry Cow e gli Who non sono certo considerati gruppi che hanno qualcosa in comune...

Sarebbe difficile negare la connessione. E' molto ovviamente un riferimento. Durante la mia gioventù sono stato direttamente influenzato dagli Who - e in particolare da Keith Moon. Gli Who furono anche uno dei primi gruppi che ricordo accogliere il rumore astratto nelle canzoni. Nel contesto dei primi anni sessanta essi furono radicali e sperimentali in modo provocatorio; un fatto che retrospettivamente può facilmente sfuggire dato che, a quei tempi, la popolarità e gli esperimenti erano nel rock più strettamente vicini di quanto non fossero dieci anni più tardi. E' anche utile leggere il manifesto di Rock In Opposition del 1978: gli Henry Cow si erano sempre considerati un gruppo rock, e rock era la musica che suonavamo.


Da dove è venuto il nome del gruppo? (Suona come Heart Bares...)

Ho preso il nome da una frase di Art And Ritual di Jane Harrison. Perfino oggi, in tempi di individualismo rampante, Art Bears parla di origini collettive e sociali, ma non dovremmo leggerci troppo; è un nome che incuriosisce, ha dentro un animale, gioca con l'ambiguità ed è un po' ridicolo.


Gli album degli Art Bears che seguirono - Winter Songs e The World As It Is Today - furono registrati in trio. Che procedure avete seguito in studio - dev'esserci stata una certa quantità di sovraincisioni...

Ci furono solo sovraincisioni. Non abbiamo mai suonato una sola nota insieme. Questo fu il metodo che adottammo per completare Hopes And Fears in trio. Niente prove, nessuna esecuzione congiunta del materiale, nessuna discussione. Scrissi i testi e li mandai a Fred e lui li musicò. A quel punto ci incontrammo tutti in studio, scegliemmo una struttura per la prima canzone e immediatamente incidemmo una click track insieme alla melodia vocale in modo che Dagmar potesse andare al piano di sopra a impararla. A quel punto Fred e io costruimmo le tracce una per una, inventando i suoni e ricavando le parti cammin facendo. Fummo quindi davvero in grado di usare lo studio in un modo pienamente compositivo: con nessuna idea preesistente sulla strumentazione e nessuna influenza proveniente da una vera esecuzione collettiva - solo l'assemblaggio dei suoni e delle esecuzioni su nastro, compresi gli effetti derivati direttamente dalle qualità proprie al nastro stesso: fatto andare a velocità differenti, all'indietro, tagliato e messo in loop. Quindi costruimmo i pezzi invece di eseguirli. D'altra parte li costruimmo, per la maggior parte, utilizzando esecuzioni. E anche questo è qualcosa di unico al processo di registrazione.


A proposito dei tuoi testi: quelli per l'album Winter Songs erano correlati alle stilobate di una cattedrale, mentre quelli di The World As It Is Today avevano un tono aspro, a tratti quasi disperato. Vorresti dirmi qualcosa in proposito?

Ritengo che la domanda necessiti di essere più specifica. Posso dire di aver intrapreso Winter Songs come un insieme di canzoni coerente che affrontava un unico argomento: un tentativo di mettere il mondo contemporaneo in una prospettiva diversa e di mostrare che il nostro modo di percepire non era né inevitabile né vero, mentre The World As It Is Today parlava proprio di quello che diceva sull'etichetta del disco, e ci avevo lavorato in un periodo oscuro. Ma per quanto mi riguarda non trovo nessuna parte di esso disperata. Certamente non era quella l'intenzione. Arrabbiato forse. Molto arrabbiato. Ma non disperato.


Com'era organizzato il gruppo dal vivo? Se non vado errato Peter Blegvad suonò con voi...

Dato che tutte le canzoni furono generate in studio e mai eseguite, molte di esse erano letteralmente ineseguibili. Prepararsi per i concerti volle dire coinvolgere altre persone - Peter Blegvad, che hai nominato, e Marc Hollander - e trovare soluzioni a problemi esecutivi. Adoperammo anche del materiale su nastro, che veniva fatto partire dal tecnico del suono nei momenti stabiliti.


Com'è che il gruppo ha smesso di esistere?

La realizzazione di The World As It Is Today fu veramente traumatica, Dagmar arrivò con un contratto, l'atmosfera era difficile - riflettendo in ciò lo stato del mondo, credo: a Zurigo ci furono rivolte e gas lacrimogeni mentre stavamo registrando. E in effetti Dagmar rifiutò di cantare l'ultima canzone dato che trovò il testo troppo violento. Erano tempi difficili. Anche se forse questo aiutò il disco a essere tanto intenso quanto era necessario che fosse. Ricordo che lasciai lo studio con Graham Keatley e invece di tornare a Londra tirammo fuori i pollici e ci dirigemmo verso sud. Nessuna destinazione particolare in mente. Arrivammo a Vienna e dopo un po' andammo a Roma. Ci occorsero un paio di settimane per riaverci da quel disco. Sapevamo tutti che quello era il nostro ultimo disco.


Cos'è questa storia del contratto?

Dagmar arrivò in studio con un contratto di registrazione scritto da suo marito, Bob Ward, che dovemmo firmare prima che lei iniziasse a cantare. Fu una cosa del tutto inaspettata e, almeno per Fred e me, piuttosto sconvolgente, dato che sembrava indicare che non eravamo più solo amici che seguivano una visione condivisa ma datore di lavoro e cliente.


Secondo te qual è oggi l'eredità degli Art Bears? Ci sono gruppi che ascolti e che ti fanno pensare "ah, questo lo conosco!"?

Ho ascoltato un paio di gruppi che assomigliano ai Bears - i Gorilla Museum e un gruppo italiano: Lingham. Ma di solito, niente di ovvio. Il gruppo era così segnato da elementi caratterizzanti - il nostro metodo di lavoro in studio, la creatività di Etienne, i nostri stili - e le nostre tecniche esecutive - così personali, l'approccio compositivo di Fred, così unico, la voce straordinaria di Dagmar e il mio approccio piuttosto ellittico alla scrittura dei testi - che sarebbe molto difficile ridurlo a una formula.


Il box degli Art Bears include Art Bears Revisited, un doppio CD di remix realizzati da gente come i Residents, John Oswald e Otomo Yoshihide/Ground Zero. Qual è stata la tua intenzione nel commissionare questi lavori?

Ho ritenuto che avrebbe prodotto risultati interessanti, e mi piace l'idea di creare nuovi lavori che non contengono nessuna informazione musicale nuova; scoprire come persone diverse sentono questo materiale. Quanto può essere creato partendo da così poco...


© Beppe Colli 2004

CloudsandClocks.net | Feb. 8, 2004