Intervista a
Emily Bezar (2008)

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di Beppe Colli
Sept. 16, 2008



Quattro anni dopo Angels' Abacus - che chi scrive considerava il suo "album commerciale", quello che speravamo l'avrebbe fatta diventare una superstar (il che mostra quanto facilmente ci si possa sbagliare) - Emily Bezar ha finalmente pubblicato un nuovo album. Intitolato Exchange, è un lavoro ricco e sorprendentemente accessibile. Chi già conosce gli album precedenti avrà molti motivi per amare anche questo. Coloro i quali si accostassero al suo lavoro per la prima volta sono invitati a farlo senza timore, posto che l'ascolto sia attento.

Dato che ritenevamo che il nuovo album meritasse di essere discusso in dettaglio le abbiamo proposto di fare un'intervista. Ci auguriamo che il lettore trovi la conversazione che segue (avvenuta la scorsa settimana via e-mail) stimolante e interessante quanto lo è per chi scrive.


E così finalmente hai fatto uscire un nuovo album! A soli quattro anni di distanza da Angels' Abacus... Perché un'attesa tanto lunga?

Domanda semplice, risposta complessa! Beh, senza annoiare i tuoi lettori con i dettagli minuti della mia vita di artista che vive ai margini, mi sento di poter dire che considero il fatto di riuscire a fare ancora quello che faccio dopo tanti anni davvero un trionfo che sfida le leggi della probabilità. Specialmente considerando il panorama corrente del dopo industria musicale in cui perfino le più grosse rock star non hanno il budget per fare un album ogni anno o due. Credo di aver stabilito un modo di produzione in cui quello che della mia musica diventa accessibile al pubblico è più di un qualcosa da archiviare... con il che intendo dire che è una produzione che vive nelle casse e non è solo un documento di una performance o un momento particolare della mia vita musicale. Quindi lo sforzo di produzione è complesso, costoso e richiede moltissima pianificazione, tante energie, e una squadra composta da musicisti tutti molto occupati e che lavorano. E il fatto che io abbia scritto molta di questa musica durante un periodo di radicale cambiamento personale ha comportato che ho avuto bisogno di lasciarla riposare e marinare per un bel po'. La verità è che il mio matrimonio è andato irrimediabilmente in pezzi l'anno dopo che ho pubblicato Angels' Abacus e ho passato dei lunghi mesi a rimbalzare dalle pareti, a procedere in avanti a zigzag e a cercare di chiarirmi le idee a proposito di quello che volevo per il resto della mia vita anche se tutto quello che riuscivo a vedere davanti a me era solo una nebbia spessa. Ho dovuto aspettare finché non ho saputo quali canzoni avrebbero potuto avere un valore universale e quali erano solo delle grida dal fondo della trincea che sarebbero state solo fonte di estremo imbarazzo nello spazio di sei mesi. Provare a tramutare il caos e un'incertezza che sembrano sopraffarti in qualcosa di durevole che ricorda il caos ma che è accessibile senza rischio è una cosa che può essere entusiasmante ma anche pericolosa. Non ho mai creduto che l'espressione più immediata producesse necessariamente l'arte migliore, e questa mia inclinazione estetica probabilmente spiega una buona parte dei problemi di classificazione che la mia musica ha incontrato. Credo che quello che è maggiormente interessante per me sia il fatto di osservare il processo di autorinnovamento che ha luogo in un artista attraverso il suo lavoro... osservare l'artista che ripulisce il sudiciume. E così, sì, ho avuto bisogno di aspettare finché il processo di guarigione non fosse a buon punto in modo da poter fare un album che non fosse un diario ma un lavoro drammatico.


Devo ammettere che la prima volta che ho ascoltato il primo pezzo di Exchange ho pensato: "E così è tornata alla 'oscurità Prog' di Four Walls Bending", e sebbene sia un paragone un po' troppo superficiale mi piacerebbe che mi parlassi del modo in cui vedi il nuovo album - in termini di intenzione musicale - paragonato a lavori così dissimili quali Four Walls Bending e Angels' Abacus.

No, non ho avvolto queste canzoni in mantelli neri (sebbene ne abbia trovato uno molto bello per le mie foto!) ma mi sono coscientemente proposta di realizzare un album che fosse meno lindo e in ordine di Angels' Abacus sotto tutti i punti di vista. E durante questo periodo sarebbe stato impossibile e disonesto per me limare gli spigoli più di quanto io non abbia fatto. A partire dal momento in cui il primo gruppo di canzoni è emerso alla fine del 2005 e ai primi del 2006 ho saputo che avevo qualcosa di più ingombrante e di maggiormente grezzo di quanto avessi scritto dai tempi di Moon In Grenadine, che di tutti i miei album sembra adesso, con il senno di poi, essere il più diretto precursore di questo. Le canzoni sono emerse con delle idee musicali angolari e aggressive e una forma dinamica così ampia che sapevo che non sarei riuscita a catturare dentro il computer con delle batterie programmate o con arrangiamenti di tastiere che avevano quell'aria digitale di cose messe in sequenza al computer. Questo mi ha quindi portato subito verso l'obiettivo di fare un album che avesse un suono più live. Cosa che non contraddice affatto quello che ti ho appena detto a proposito della mia volontà di produttore di lavorare dentro le casse. Ritengo che la cosa più difficile sia fare in modo che una produzione sonora complessa suoni spontanea e completamente dal vivo. Devi lavorare nel bel mezzo del dominio elettroacustico e riconciliare le diverse sfide poste dalla musica elettronica e dal fatto di catturare degli strumenti acustici nel loro spazio naturale, come in quest'album è stato il caso degli archi e dei fiati.

Quindi non nego che questo album suoni più pesante e più scuro di Angels', che di tanto in tanto era piuttosto scuro dal punto di vista dei testi ma che ritengo fosse piuttosto frizzante da un punto di vista sonoro. Infatti a un certo punto durante le sedute di missaggio Justin, che ha registrato Exchange, mi ha costretto a trovare tre aggettivi che descrivessero da soli quello che stavo cercando di ottenere nelle mie vesti di produttore... non necessariamente in quelle di performer - un set di criteri alquanto diverso aveva diretto le mie session vocali. E così gli ho detto "pesante, disperato e surreale" e abbiamo attaccato queste parole al banco di missaggio! Ora, è assolutamente ovvio che qualsiasi descrizione è completamente soggettiva, ma cos'è che rende un disco 'scuro'? Se lo stato d'animo è scuro qui, allora si tratta di depressione agitata, ansiosa. Perfino nei miei momenti più depressi non sono davvero incline a compiangermi e quindi ritengo che neppure la mia musica lo faccia. No, questa non è un'esplosione incontrollata che macchia tutt'intorno ma in ogni canzone mi sono concessa dei momenti in cui qualcosa rimaneva fuori controllo, e forse è questo che fornisce all'album una sfumatura oscura, perché poi non è fosco o lugubre da un punto di vista armonico o melodico, né è particolarmente dissonante. Soprattutto, per quest'album ho avuto una fede completa nei miei impulsi. Non ci sono state domande musicali preesistenti alle quali volevo dare una risposta, si trattava solo di lasciare che il suono emergesse in maniera organica intorno allo spazio emotivo della canzone, e - cosa supremamente importante - di invitare i musicisti in quello spazio perché lo abitassero.


Ascoltando il nuovo album ho creduto di percepire una "storia", un "racconto", di qualche tipo, con l'ultimo pezzo a fungere in qualche modo da "commento" a quello che è venuto prima. Ti dispiacerebbe parlarmi di questo aspetto (strutturale) del lavoro?

Beh, quello che hai detto a proposito della struttura nella tua recensione di Exchange mi ha veramente colpito e mi ha confermato nell'idea che potrei aver fatto qualcosa che finora non ero stata in grado di realizzare. Sì, mi sono sempre molto occupata della forma all'interno di ogni canzone, facendo sì che ogni momento successivo suonasse necessario. In qualità di compositore ho degli obiettivi davvero semplici: quelli di padroneggiare la "tensione" e la sua "risoluzione" e guidare il movimento verso queste vette transitorie. E quella padronanza e quel controllo sulla forma lineare non possono davvero essere insegnati e io mi affido completamente alla mia reazione emotiva alle idee cangianti per sapere se sono nel giusto. Se divento migliore in questo è solo perché divento più ostinatamente sicura del fatto che la mia intuizione non mi mentirebbe mai!

Ma è possibile che io sia riuscita finalmente ad avere successo per ciò che riguarda la forma su una scala più grande, e forse quest'album sarà il mio punto di partenza per cercare di fare qualcosa di molto più grande, cosa che ho minacciato di fare per molti anni. Se qui c'è un arco emotivo credo che inizi con rabbia e agitazione (Saturn/Anything), passi attraverso una tristezza profonda (Lament), e a quel punto credo che la fine di That Dynamite sia il primo picco drammatico dell'album. Si tratta di capitolazione e coraggio... come quando da ragazza me ne andavo a nuotare dove c'erano le onde alte nella Southern California, se vedevo quel muro blu di cinque metri che mi veniva incontro ed ero troppo avanti per ritornare in tempo verso la spiaggia, sapevo che ci dovevo nuotare dentro. E per tornare alla precisa immagine della canzone, quella corsa senza paura lungo la valanga dà un senso di liberazione. C'è un punto critico in ogni esperienza di trasformazione in cui tutto quello che hai per andare avanti è la fede che il passo successivo nella nebbia non sarà dentro l'abisso e a quel punto come per miracolo tutto diventa più facile, e con una qualche combinazione di fortuna e grazia puoi aggrapparti alla tua fede per il resto di questa drammatica prova. Glory or Crazy può essere la speranza e la capacità di recupero e Climb, andare in soccorso di te stesso e fiducia? E Winter Moon hmmmm... quella ancora non l'ho capita del tutto. Forse Winter Moon parla dell'accettare il fatto che qualcosa sarà sempre scuro e triste e va bene così. Ogni volta che cerco di far diventare i miei brutti ricordi dei buoni ricordi vengo decisamente sconfitta - quando cerco di trovarci l'aspetto positivo. A volte le cose sono davvero orribili e allora devi ricordarle nel loro aspetto più doloroso in modo tale da poter apprezzare il fatto di essertene allontanata. C'è un'altra cosa, e non l'avevo capita finché non mi hai fatto pensare alla struttura del lavoro, ma adesso so che Strange Man è il pezzo che strutturalmente è "strano". E' nel bel mezzo dell'album dato che spezza l'azione in quanto è una meditazione laterale, una fantasia di tranquillità o qualcosa del genere. L'ho scritta durante quello che è stato il mio secondo vero scoppio di scrittura per l'album, quando mi sono segregata per una settimana sulla costa ad Anchor Bay in California e ho fatto delle passeggiate ogni giorno per guardare il Pacifico e le sue onde invernali.

E sì, la canzone Exchange è la coda che riflette sull'album... sicuramente. So che questo è il mio album più teatrale, più operistico, e sicuramente il sipario si chiude mentre Winter Moon sfuma e allora io come autore, non il produttore/arrangiatore, non la tragica eroina che ha subito il male, io come scrittore rimango sul palco da sola a riflettere sul dramma. E ritengo che questo sia più uno stratagemma letterario che tipico dell'opera... comunque, sai che l'anno scorso ho visto una produzione di una delle mie opere preferite, Tristano e Isotta di Wagner, e forse il soliloquio di chiusura di Isotta, l'incredibile Liebestod, ha ispirato la mia scelta di chiudere con Exchange? Si dice che lo stesso Wagner chiamasse quell'aria Verklärung (Trasfigurazione). Si tratta di un'aria, e di un'opera, che certamente ha ispirato molti prima di me. Sono sempre sorpresa da quanto spesso mi succeda di non riuscire a riconoscere le mie influenze se non dopo mesi o anni. Un processo davvero misterioso.


Leggendo le note di copertina ho visto che l'album è stato registrato in posti diversi. Mi piacerebbe sapere di più degli aspetti logistici della cosa, e del modo in cui i posti dove hai registrato hanno completato/contribuito a/aiutato a ridefinire/ i tuoi scopi.

Beh, paragonata alla mia ultima odissea di registrazione in Francia e in Inghilterra, direi che stavolta sono rimasta più vicina a casa! Ritrovare Justin Phelps (che ha registrato e missato Four Walls Bending) è stato l'elemento catalizzatore che ha dato il via al processo di registrazione nel 2007. Ci eravamo persi di vista prima che io partissi per la Francia nel 2001, ma sapevo che mentre io ero via dagli Stati Uniti lui aveva aperto un suo studio a San Francisco. Improvvisamente una notte ho fatto questo sogno bizzarro in cui lo osservavo registrare un album di heavy metal in un qualche tipo di studio di registrazione "industrial" in stile Mad Max situato su una bassa scogliera rocciosa sull'oceano. Le onde sbattevano contro le pareti dello studio, in realtà delle finestre rivolte verso il mare spumeggiante. Beh, alcune strane sincronie si sono verificate durante il periodo in cui abbiamo registrato l'album e ho capito perché mi fossi sentita spinta a chiamarlo il giorno dopo il sogno per vedere se fosse disponibile a lavorare nuovamente con me.

Nella vita reale il suo studio si è rivelato essere lo Studio C di Hyde St. a San Francisco, che aveva riportato in vita dopo un periodo di letargo. Nei tardi anni 60 e nei primi 70 lo Studio C era stato la sede degli studi Wally Heider, e i Jefferson Airplane, i Grateful Dead, Santana, i Creedence Clearwater ecc. avevano inciso lì molti dei loro album più influenti. Era uno degli studi che avevano definito il suono di San Francisco e quando abbiamo iniziato ho cominciato a capire che stavo per realizzare un album "West-Coast" che faceva riferimento a tanta fusion e a tanta musica dei 70 con la quale ero cresciuta in California. L'atmosfera in quella stanza era davvero palpabile e ho sentito il bisogno di rendere omaggio alla storia e di portare fuori la psichedelia latente nella mia musica, cosa che ho fatto. E certamente per alcune parti vocali ho evocato la mia Grace Slick interiore! Abbiamo fatto anche delle basi in trio negli studi Tiny Telephone di John Vanderslice, che sono il posto per antonomasia per la musica indipendente più interessante che si fa a San Francisco. E' uno studio dedito alle apparecchiature d'annata e alla produzione creativa. Dei dischi davvero belli vengono fatti lì. E poi per delle parti di piano di tipo più solistico sono andata a circa un'ora a nord di San Francisco, ai Prarie Sun Studios, che come probabilmente sai già sono famosi per essere stati per molti anni gli studi preferiti di Tom Waits. Lì ho trovato questo bel pianoforte da 9 ft., un Baldwin Grand del 1964 che viene tenuto in perfetto ordine con amore da un uomo meraviglioso che un tempo accordava i pianoforti per i Dead. Tutto ha incominciato ad avere un senso e in realtà è sembrato un gruppo di posti molto in sintonia tra loro. Niente affatto eterogenei.


Il nuovo album mi suona molto chiaro, ma anche "caldo", in un modo che chiamo ancora "analogico". So che in passato hai lavorato con tutti e due i formati, e mi piacerebbe sapere qualcosa a proposito del processo di registrazione e di missaggio per quel che riguarda il nuovo album.

Dato che la qualità sonora è migliorata tantissimo nella registrazione digitale nel corso degli ultimi cinque anni o giù di lì, di questi tempi la questione nastro contro digitale è molto meno rilevante. Oggi tutto si riduce a come modifichi il suono con effetti dopo che lo hai registrato. Justin ha una bella collezione di microfoni nei quali ha fiducia e quando registra non esagera con l'equalizzazione e così siamo partiti da fonti sonore molto veritiere. Credo che con pochissime eccezioni l'aggiunta di effetti che abbiamo fatto sulle voci e sugli strumenti durante il missaggio sia stata decisamente limitata e di tipo "classico". Ci siamo limitati a una gamma di echi e ritardi del tipo plug-in in software e abbiamo aggiunto solo quella giusta quantità di condimento necessaria a mettere in risalto l'atmosfera del pezzo senza strafare. La musica era così dinamica che non aveva bisogno di un grande aiuto extra per saltare fuori dagli altoparlanti. C'è tanto che puoi fare oggi in digitale per sfruttare e amplificare il glitch digitale e i prodotti del filtro e questi suoni mi piacciono davvero ma non avrebbero funzionato su quest'album se volevamo rimanere dalla parte organica dello spettro elettroacustico.

Sebbene questi arrangiamenti non fossero altrettanto densi di quelli di Angels' Abacus, questo è stato un album molto più difficile da missare e giunta a metà strada ho capito che avevo bisogno di spiegarmi perché stavo trovando delle difficoltà a farlo suonare come ritenevo dovesse. Sono giunta alla conclusione che il mio canto su questo album era molto diverso, in un senso generale, da quello che era stato in passato. La direttiva principale che mi ero data da Produttore a Cantante durante il processo di registrazione era stata "NON pensare a come questo suono vocale suonerà su nastro. NON cantare rivolgendoti al microfono. Canta come se tu fossi sul palco e ricrea il momento del quale stai cantando". E quello che è venuto fuori è stato un suono decisamente più duro, di più forte volume, meno aereo e intimo, ma che era davvero libero da un punto di vista emotivo, oltre a essere l'unico suono che risultava appropriato alle canzoni. Al momento del missaggio alla fine abbiamo dovuto raschiare via radicalmente certe frequenze midrange per addomesticare quel colpo da opera da 2800 KHZ e credo che siamo riusciti a far funzionare la cosa. Una parte dell'essere una cantante moderna è capire come manipolare il tuo suono e il tuo respiro in modo che piacciano al microfono. Proprio come una modella fa il broncio per l'obiettivo, puoi sedurre un microfono con delle sottili inflessioni timbriche. Ma almeno per me è terribilmente difficile miscelare un canto teatrale, drammatico, al naturalismo nudo che l'essere molto soft e vicina al microfono può catturare. Ritengo di riuscirci in qualche modo, ma di solito privilegio l'un modo o l'altro. L'ovvia analogia per un attore sarebbe recitare sul palco rispetto a recitare in un film. Fondere questi approcci è molto difficile, e non sempre la cosa riesce.


Non credo che l'espressione "fin troppo vario" sarebbe appropriata per descrivere il tuo nuovo album, ma è vero che esso comprende un bel po' di "forme" (o "generi") diversi. Non propriamente una mossa astuta, in un periodo in cui "cambiare canale" nel corso di un album ha come risultato il suicidio commerciale...

Mi è stato chiesto così spesso di definire la mia musica o descrivere il mio stile e alla fine sto giungendo alla conclusione che sono in buona parte una "Espressionista impulsiva". Dipingo con qualsiasi colore riesco ad afferrare per primo per rappresentare il pensiero o il sentimento fuggevole. A volte è davvero solo una faccenda di dove le mie mani cadono prima su una tastiera o dove il mio mouse colpisce la forma d'onda.

Sai, non ho alcuna idea di come la mia musica verrà percepita nel contesto dei generi convenzionali. Così tante volte sono stata sicura di aver scritto una canzone "jazzy", o una canzone di tipo molto classico o una canzone pop e invariabilmente tutti pensano che suona diversa e che ho mancato il bersaglio ma 'non sono in grado di spiegare esattamente perché'. Prendi per esempio la canzone Climb, con quello stile piuttosto da big-band: richiedeva proprio quel feel swing in ragione del suo testo un po' "pazzerello"... aveva bisogno di essere quanto più mossa possibile, cosa che spero le dia un'atmosfera altera e retro alla Dorothy Parker. Swing era il colore giusto da usare. Ma io so che nel ritornello ci sono molti accordi formati in un modo molto pop, e che alle cantanti di jazz (ovviamente con l'eccezione di una Sarah Vaughan) non è concesso cantare così sopra il rigo, quindi... non è vero jazz. Il fatto di avere a disposizione moltissimi stili, beh, è la mia croce. Ormai voglio smettere di dovermi scusare per il fatto di avere un grosso vocabolario, di essere non-riduttiva, di essere "maximalista"... ci sono molte forze nel mondo della musica che ci fanno sentire in dovere di giustificarci per il fatto di possedere un'ampia gamma espressiva. Sì, può darsi che oggi ci sia una maggiore accettazione dell''eclettismo' che in passato ma 'eclettico' è diventato un genere a sé e se non stai miscelando quello che per un certo ascoltatore è la combinazione accettata di aromi allora puoi essere percepito, se ti va bene, come uno strano guazzabuglio oppure, se ti va male, come qualcuno bizzarro in un modo fuori moda piuttosto che qualcuno dedito a una interessante fusione. Non vogliamo tutti che la nostra musica venga apprezzata per il suo specifico, particolare sovvertimento delle aspettazioni? Per quello che essa E' piuttosto che per quello che essa NON è? Questo è l'azzardo dell'originalità. Come viene percepita dipende dal modo in cui la luce la colpisce in ogni diversa stanza.

Ma quello che credo stia finalmente avvenendo oggi nella musica moderna, specialmente in quella che si era soliti chiamare " classica contemporanea" è che la fusione è così profondamente incorporata nel linguaggio musicale che ogni tentativo di sezionare un risultato tanto composito è destinato a fallire, e tu devi accettare la musica così com'è, come qualcosa che riflette un nuovo imprinting generazionale. Credo che questo è ciò che descrive meglio quello che sto facendo. Quello che è sicuramente vero è che posso spingere le cose portandole più vicine a un genere con le mie scelte di arrangiamento... i fiati, per esempio, o un suono di synth analogico che sembra proprio un Moog del 1972 o qualsiasi altra cosa. E sì, può essere che non ci sia niente di più eccitante di tentare di fare un album tutto di pezzi swing in stile bigband o uno di pura elettronica, ma se sono io che finanzio i miei album posso usare tutti gli stili che voglio senza alcun limite perché questo è ciò che mi piace fare come autore e anche quello che sento più naturale, ed è questo il campo in cui faccio il mio lavoro migliore. Ed è in ciò che consiste il privilegio di non dovere rendere conto a nessuno. Credo di fare tutto quello che ritengo mi possa venire bene. A questo punto, dopo aver lavorato per tanto tempo al di fuori dell'establishment musicale, non sento alcuna spinta a cambiare rotta se non per soddisfare la mia curiosità artistica.


Mi piacerebbe che mi parlassi dei musicisti che hanno contribuito all'album.

Posso dirti che sono tutte persone incredibili e che nel corso dell'anno passato, mentre facevamo quest'album insieme, tutti loro sono diventati miei amici. Mio figlio, che adesso ha dieci anni, è un bassista elettrico che si prepara a sbocciare e frequentava questa ottima classe di rockband qui in città chiamata Bandworks; sono stata molto ben impressionata dal loro incredibile insegnante Mark Bernfield, che avevo sentito suonare la batteria molti anni fa ma con il quale non avevo mai lavorato. Beh, il mio istinto mi diceva che lui era quello giusto per quest'album... aveva la giusta gamma e la flessibilità e quando ho scoperto che aveva studiato canto classico e anche che dirige un coro - è stata cosa fatta. Trovare un batterista che aveva cantato Winterreise... quanto spesso ti capita una cosa così? Ho incontrato il bassista Dan Feiszli tramite Mark, e anche in questo caso l'ho visto suonare e sono rimasta impressionata specialmente dal suo modo di suonare il contrabbasso e ho immediatamente compreso che avrei dovuto finalmente utilizzare il contrabbasso nelle mie canzoni e ritengo che sia uno dei punti più alti dell'album, specialmente su Winter Moon. Lui ha delle storie molto divertenti da raccontare a proposito dei suoi concerti con Julio Iglesias! I fiatisti sono tutti molto conosciuti nella zona della Bay Area di San Francisco. Chris Grady, il trombettista, aveva suonato davvero splendidamente su Moon in Grenadine, e il mio unico rincrescimento è che mi ci è voluto così tanto tempo per ritrovarlo. A mio parere Phillip Greenlief è il sassofonista più riccamente espressivo che c'è qui intorno, ed è stato per anni un leader e una forza di sostegno nella scena della musica creativa di qui. Sono davvero onorata di averlo su quest'album dato che mi sento decisamente piccola rispetto all'ampiezza delle sue esperienze musicali e alla sua profondità intellettuale. Jen Baker è anche lei diplomata alla Oberlin, e ha fatto un album per solo trombone che contiene degli incredibili multiphonics che verrà pubblicato in autunno. Ho preso in prestito la cellista Beth Vandervennet dal gruppo di Amy X Neuburg chiamato Cello Chixtet, che al momento sta registrando il nuovo capolavoro di Amy, The Secret Language of Subways, che dovrebbe uscire agli inizi del prossimo anno. Beth è una luminosa persona che fa musica e suona in molte formazioni sinfoniche locali e ha anche un gruppo di rock da camera chiamato Rosin Coven. Il violinista Alan Lin è uno spirito affine che ho conosciuto e ammirato per anni grazie al suo lavoro con l'incredibile cantautrice Noe Venable, che adesso vive a Boston. E' uno strumentista in grado di entrare totalmente in sintonia, e non credo di aver mai suonato con nessuno in grado di 'capire' così velocemente l'essenza di un brano musicale e di contribuire così tanto e così presto. E uno dei miei più vecchi e più cari colleghi, Michael Ross, qui suona la chitarra ma è stato per me una grande fonte di saggezza e di consigli sin dai giorni del mio primo gruppo di San Francisco, i Potato Eaters, nei primi anni 90.  Ora compone anche della bella musica elettronica, ed è la prima persona alla quale mi rivolgo quando ho una crisi artistica e ho bisogno di ristabilire una prospettiva e di trovare un po' di bei nuovi libri da leggere o degli album da ascoltare.


Immagino che tu abbia finanziato l'album. L'ultima volta che abbiamo parlato abbiamo discusso il fenomeno dello scarico illegale, e il suo impatto sugli  artisti indipendenti. Sono davvero curioso di conoscere il  tuo punto di vista in proposito, quattro anni dopo.

Sì, auto-finanziato come al solito, proprio come avviene per la maggior parte dei musicisti che conosco che ancora registrano musica qui nella Bay Area di San Francisco. Di questi tempi devo dire che vedo questo argomento all'interno di una cornice di realtà economica molto più seria e pressante. Non trovo affatto sorprendente che una società tanto abituata a vivere al di sopra dei propri mezzi, indebitata fino agli occhi, non intenda pagare in contanti per una musica che ora vede come acqua che sgorga dal rubinetto. Il risultato più ovvio è che la musica che ha bisogno di più lavoro e di più tempo per le prove verrà registrata molto meno frequentemente. Quindi, meno musica suonata, più viaggiatori con laptop nelle loro camere da letto. Qui non voglio pronunciare dei giudizi a proposito della qualità - parte dell'arte più bella nella storia è emersa nel processo di adattamento a un grosso cambiamento tecnologico o sociale. Alla fine è una questione di economia, non importa quanto noi orgogliosi tipi artistici tendiamo a idealizzare. Se la musica registrata è gratis, allora deve essere economica da produrre o non verrà realizzata. Oppure ce ne sarà molta di meno, dato che i musicisti avranno solo due ore al giorno da dedicarle, se sono fortunati. Per me non c'è nulla di più rilevante per questa discussione della domanda: come possiamo noi artisti fare del lavoro che la gente riterrà di valore tale da essere disposta a pagare per esso? Sospetto che alla fine ci sarà un nuovo modello commerciale molto fratturato, e che stia già emergendo. Ci saranno piccole comunità di ascoltatori dediti a preservare la produzione di un artista o di una scena musicale perché essi capiranno che questo è ciò di cui loro HANNO BISOGNO piuttosto che quello che loro VOGLIONO. Ci sarà anche un patronage locale e quella piccola micro-economia di artisti e consumatori si autososterrà bene ma potrebbe essere un gruppo molto isolato che esplora le idee che vengono da altri gruppi ma che ha con loro relazioni economiche di piccola entità. Essi prenderanno gratis quello che vogliono e pagheranno quello di cui hanno bisogno. Il periodo che va grosso modo dal 1965 al 2000 quando vere fortune venivano fatte nel rock 'n roll è stato una vera anomalia nel corso di tutta la storia della musica, non credi?

Forse questo è il momento giusto per rispondere alla domanda che mi hai rivolto nella tua email della scorsa settimana! Hai detto qualcosa come "ma che sta succedendo lì in America? ...mi sembra un racconto di fantascienza... Palin la donna barracuda!". Sai che nella mia musica non mi occupo tanto spesso di politica o di fatti specifici, almeno non in un modo ovvio, ma ti dirò come la cosa appare da dentro la casa di carte. No, non è una cosa nuova che l'America è in un periodo di profondo declino, ma ora i mattoni stanno cominciando a cadere dall'edificio e tutti quelli che prestano attenzione a queste cose dovrebbero essere sconvolti e indignati. Quest'anno ho seguito molto da vicino la manipolazione del collasso del credito... è stato per me una vera mini-ossessione capire la pazza geopolitica dei nostri tempi e mi ha aiutato ad avere una prospettiva migliore sui miei problemi. Se vuoi parlare della parola Exchange e di cose davvero molto scure: quelli che hanno puntato grosso dirigono l'azione e i casinò di Wall Street ora vengono salvati dal nostro Tesoro degli Stati Uniti che è quasi alla bancarotta. La plutocrazia si sta rumorosamente tramutando in cleptocrazia e il Paese è distratto da una ex reginetta di bellezza che vuole trivellare e assalire le terre vergini dell'Alaska e che crede che il riscaldamento globale non possa assolutamente essere imputato all'uomo?! Sì, sembra assurdo in un senso cinematografico, davvero da fantascienza. Non riesco ancora a immaginare una soluzione a breve termine in cui resti del denaro per migliorare l'istruzione o la sanità di questo Paese, né da fonti private né da fonti pubbliche, figuriamoci per sostenere le arti. Se Obama dovesse vincere (e speriamo proprio che vinca) avrà il suo bel da fare per cercare di stare al passo con i pagamenti mensili degli interessi alla Cina e a Dubai e a cercare di impedire che i nostri ghetti esplodano. Spiacente per lo scenario apocalittico, ma ritengo che in questo momento per me non sia rilevante o appropriato preoccuparmi troppo di come mi attendo di ricavare soldi dal copyright o se i musicisti dovrebbero aspettarsi un qualche nuovo tipo di  sostegno statale nell'era della musica digitale gratuita. Questo sarà probabilmente l'unico scoppio patriottico che sentirai da me, quindi spero che quanto ho detto sia sensato e comprensibile.

Comunque, che cosa noi musicisti dovremmo fare in proposito? Ritengo che la dichiarazione più potente che io sia in grado di fare è semplicemente di continuare a fare la mia musica. Continuerò a cercare di aggiungere un po' di bellezza al mondo e a sperare che qualsivoglia piccolo impatto essa possa avere attutisca il colpo per qualcuno. Non che io veda la mia musica come un qualcosa che dà sollievo, ma se devo fare politica questo deve avvenire a un livello personale, quello di ispirare coraggio personale. Lascerò che gruppi come i Radiohead, gli U2 e i Rage against Machine siano gli attivisti e gli organizzatori. Io non ho quel tipo di piattaforma.


Al momento in cui parliamo, il nuovo album è uscito da poco. Com'è la risposta, finora?

Non c'è ancora troppa risposta al di fuori della comunità progressive rock che sembra abbracciarlo con calore e questa è una cosa che mi rende felice. Ho trovato gli ascoltatori con le orecchie più aperte negli ambienti della scena art-rock e nelle sue vicinanze e credo che ciò sia dovuto al fatto che questa gente chiede di essere intrattenuta a un livello intellettuale mentre allo stesso tempo vuole essere colpita da una bomba di piacere sonoro, capisci cosa voglio dire? Ed è gente che ama anche il senso del drama e la teatralità della mia musica. E' una comunità di musicisti e fan che ha davvero sopportato tanti insulti e tanta derisione dal mondo della musica mainstream sin dalla fine degli anni 70, e  ritengo che lì ci sia uno spirito combattivo che ha aiutato a mantenere vivo il genere e tutte le sue varietà. Ho sentito dei commenti a proposito di come questo album sembri più complesso di quelli che ho fatto prima e devo dire che non sono ancora sicura di essere d'accordo. Non è mai stata mia intenzione essere difficile da capire, ma se qualcuno è eccitato dalla sfida di decodificare la mia musica, da compositore lo considero un successo. E' un onore che qualcuno sia disposto a investire il suo tempo nella mia musica dopo un primo approccio, forse fonte di perplessità. Al di là di tutto, cerco sempre di ricordare che accettare o rifiutare sono di solito una faccenda di gusto.


Avendoti vista dal vivo due anni fa, sono curioso di sapere se c'è del lavoro dal vivo all'orizzonte. Hai in progetto di portare questo album in tour?

Una cosa che so per certa è che è possibile eseguire questo album dal vivo in un modo che non era possibile se parliamo di Angels' Abacus. Posso riuscire ad andare vicino al suono registrato con un piccolo gruppo e c'è più libertà e apertura in queste canzoni, che potranno solo diventare più ricche e più dinamiche e interattive quanto più verranno suonate dal vivo. Questo per me è incoraggiante, e sì, ovviamente mi piacerebbe tantissimo andare in tour, mi piacerebbe essere richiesta come artista e avere delle belle opportunità. Ci hai visti al festival jazz di Malta! Che posto spettacolare vicino a quegli antichi bastioni - quello per me è stato un concerto di sogno e mi piacerebbe molto tornare in Europa la prossima estate e suonare finalmente in Francia e in Italia, dove so che ci sarebbe un pubblico per la mia musica...Verdi, Debussy, Bellini, Puccini, Ravel, Messiaen... è nell'acqua!

La dura realtà è che la combinazione di fattori economici, l'enorme competizione esistente perfino per piccoli concerti in posti come New York e il fatto che senza qualche grosso salto "nella mappa musicale" non sarò in grado di avere un agente in grado di aiutarmi a organizzare un bel niente... tutte queste cose mi rendono andare in tour estremamente costoso e difficile. Potrei trovami presto a dover prendere una decisione: passare il prossimo anno a bussare alle porte per potere fare concerti o scrivere e registrare dell'altra musica presto, pubblicandola forse a un ritmo più veloce, a intervalli più brevi. La scena musicale qui nella Bay Area di San Francisco è più forte e più viva di quel che è stata per parecchio tempo e sono ottimista sul fatto che emergeranno più locali adatti a quello che faccio. Siamo, e siamo sempre stati, un po' un satellite provinciale, nel senso buono della metafora. Qui non abbiamo la stessa pressione a essere internazionalmente rilevanti come può succedere a New York o a Londra, e questo fatto assicura a molti di noi una certa libertà creativa. Qui sono davvero possibili tanti approcci, e gli artisti che producono arte per amore e bellezza troveranno un modo di continuare a produrne e in qualche modo verremo scoperti da quelle piccole comunità che ci incoraggeranno a continuare a creare e a sfidare noi stessi.


© Beppe Colli 2008

CloudsandClocks.net | Sept. 16, 2008