On piano, Nicky Hopkins

We Love You
----------------
di Beppe Colli
Aug. 18, 2017



Il 25 giugno del 1967 va in onda Our World, programma televisivo "sperimentale" che per la prima volta unisce via satellite dal vivo 25 nazioni per un pubblico (variamente) stimato in 400 milioni di persone. (In Italia si parlò di "Mondovisione".) Il tutto in glorioso bianco e nero.

In considerazione della grande varietà linguistica del pubblico partecipante, la BBC chiede ai Beatles - gruppo che non è certo esagerato definire, al tempo, "il più popolare della terra" - di partecipare con un brano il cui "messaggio" sia "facile da capire" ovunque.

John Lennon tira fuori dal cappello All You Need Is Love, che il gruppo eseguirà (in gran parte) dal vivo in quell'occasione e che (con qualche aggiustamento) sarà il nuovo singolo (data di pubblicazione: 7 luglio), per diventare in breve tempo l'inno non ufficiale del "flower power" di quell'anno.


Il 18 agosto del 1967 viene pubblicato We Love You, nuovo singolo dei Rolling Stones. E qui torna subito in mente il John Lennon acido che diceva "Qualunque cosa facessero i Beatles, gli Stones la facevano uguale sei mesi dopo."

A parziale discolpa degli Stones, va detto che in quell'anno - e in quella stagione: the "Summer of Love" - "flower" e "love" erano tra la parole più diffuse.

Ma sul messaggio non c'erano dubbi. Non ne avevano di certo Renzo Arbore e Gianni Boncompagni quando presentando il brano nel corso della popolare trasmissione radiofonica Bandiera Gialla dissero al pubblico presente in studio (se la memoria non ci inganna, la voce era quella di Boncompagni): "Ragazzi, i Rolling Stones vi amano!", con prevedibile "yeah!" di risposta.


Strano messaggio d'amore, però, e un inizio tutt'altro che amoroso: passi pesanti su un duro pavimento, le porte di una cella che si chiudono con fragore - in quanti film avevamo sentito quel suono! - e a quel punto partiva un riff di piano claustrofobico, una frase melodica che sembrava cercare nervosamente un'impossibile via di uscita. Alcune "scivolate" di basso elettrico aumentavano gli interrogativi. Giungeva poi un coro con impossibili falsetti - la notizia era segreta, ma in quell'occasione gli Stones ricevevano "un piccolo aiuto dai loro amici" John Lennon e Paul McCartney - e a quel punto il brano decollava, con le voci a disegnare un'atmosfera onirica su uno strano sfondo orchestrale, con la batteria cadenzata e a forte volume.

Una parte vocale ad altezze "impossibili", che diremmo strettamente imparentata a quella che chiude l'inciso "(...) and somebody spoke and I went into a dream" di A Day In The Life, riporta all'incubo - porte richiuse, di nuovo quella frase di pianoforte - dal quale si cerca di uscire, con l'affermazione dell'inciso ben sostenuta dai colpi di dinamite della batteria: "We don't care if you hound we/And lock the doors around we" (...) "You will never win we/Your uniforms don't fit we"  che conclude accentando sillabe apparentemente innocue, "Of course, we do".

E così We Love You costituisce esemplare unico: la melodica meticolosità dei Beatles unita alla sfrontatezza sonora degli Stones.


Oltre che di pace & amore, quello londinese diventava anche un tempo di arresti. Ha inizio un "confronto a distanza ravvicinata" tra la "stampa a carattere popolare" del tempo - ecco tre aggettivi che ben ne qualificano il compiacimento nel descrivere i "comportamenti immorali": "prurient, voyeristic, gross" - e i musicisti coinvolti.

Grande stupore, in data 1° luglio il direttore del (quotidiano conservatore) Times, William Reese-Mogg, si chiede se la pena richiesta per Mick Jagger per il fatto di detenere quattro capsule contenenti anfetamina acquistate legalmente in Italia non nasconda un intento punitivo ad personam.

L'articolo di fondo - famosissimo - porta il titolo di WHO BREAKS A BUTTERFLY ON A WHEEL. Ne riportiamo il passo finale:

"There are cases in which a single figure becomes the focus for public concern about some aspect of public morality." (...) "If we are going to make any case a symbol of the conflict between the sound traditional values of Britain and the new hedonism, then we must be sure that the sound traditional values include those of tolerance and equity. It should be the particular quality of British justice to ensure that MR. JAGGER is treated exactly the same as anyone else, no better and no worse. There must remain a suspicion in this case that MR. JAGGER received a more severe sentence than would have been thought proper for any purely anonymous young man."

Gli Stones realizzarono un filmato promozionale, che in alcune parti si ricollegava al famoso processo a Oscar Wilde del 1895. Ma i produttori di Top of the Pops si rifiutarono di trasmetterlo, in quanto "non adatto" al pubblico della trasmissione.


La frase iniziale di piano venne suonata - e, diremmo, pensata - da Nicky Hopkins, musicista che aveva già contraddistinto brani dei Kinks e degli Who e che di lì a poco diventerà irrinunciabile complemento sonoro di Stones, Jefferson Airplane e Who (e non dimentichiamo l'assolo di piano elettrico - un Wurlitzer? - su Revolution dei Beatles).

We Love You - insieme all'album degli Stones che verrà pubblicato sul finire di quell'anno, con prevedibili risa di dileggio per la copertina "beatlesiana" a sei mesi da Sgt. Pepper - è l'apice del contributo di Brian Jones, "chitarrista blues" del gruppo diventato polistrumentista indisciplinato ma efficace. Il mellotron "arabo" - probabile frutto dei viaggi in Marocco quando tutto non era ancora diventato cliché - accoppiato a quella batteria insistita illustra il pandemonio quando le parole hanno esaurito il loro compito.

Lasciamo all'ascoltatore il (piacevole) compito di decidere se l'ultimo accordo rappresenti uno sghignazzo.

(E a proposito di "ultimo accordo": che dire di quello che conclude The Low Spark Of High-Heeled Boys dei Traffic?)


© Beppe Colli 2017

CloudsandClocks.net | Aug. 18, 2017