Il suono della musica,
nel 2009 o giù di lì,
seconda parte

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di Beppe Colli
Sept. 3, 2009



Com'era facilmente prevedibile, siamo di nuovo (e per l'ennesima volta) in piena Beatlemania. Almeno sui media. Abbiamo osservato (dobbiamo ammetterlo: da una certa distanza) la marea montare. Ma ormai ci siamo: come ampiamente (!) noto da tempo, mercoledì 9 settembre saranno finalmente pubblicati gli attesissimi (a dir poco!) cofanetti (l'uno in stereo, l'altro in mono) che racchiudono in una nuova masterizzazione digitale la celeberrima opera omnia dei Beatles.

Forse perché in fondo non troppo interessati (i veri discorsi sulla masterizzazione verranno dopo, quando il materiale sarà davvero a disposizione del pubblico) sulle prime non avevamo notato un fatto tutt'altro che secondario: che unitamente ai due cofanetti verrà pubblicato un videogame intitolato The Beatles: Rock Band. E qui, mentre i giornali da noi abitualmente frequentati si limitavano sostanzialmente a riportare quelle che immaginiamo essere le notizie contenute nel comunicato stampa, un gigante del giornalismo quale il New York Times dedicava alla cosa un lunghissimo servizio firmato da Daniel Radosh e apparso in data August 16, 2009 sul Magazine dello stesso quotidiano con il titolo di While My Guitar Gently Beeps (l'articolo è ovviamente leggibile in Rete).

Le nostre fonti abituali a stampa ci avevano ampiamente informato sui quattro anni di lavoro occorsi ai tecnici per operare la nuova masterizzazione, che ovviamente partiva dai nastri originali in analogico. La promessa era quella di un suono spettacolare.

Poi, il 26 agosto, mentre davamo un'occhiata al Forum di Steve Hoffman, ci siamo trovati davanti la seguente scritta: Message from Allan Rouse, proprio uno dei tecnici che hanno lavorato ai due box. Tra le molte cose interessanti, una saltava subito agli occhi: per Help! e Rubber Soul non sono state usate le versioni originali, ma quelle rimissate preparate da George Martin nel 1987. Alquanto stupiti, dopo qualche giorno troviamo fonti  diverse che ci dicono che le versioni stereo originali di Help! e Rubber Soul, finora inedite su CD, sono presenti quali bonus sui CD mono degli album corrispondenti contenuti solo nel cofanetto The Beatles in Mono (che viene detto "di interesse prevalentemente collezionistico", e quindi... a tiratura limitata).

A questo punto ci viene in mente un pensiero spinoso: se l'unica cosa interessante sul videogame l'abbiamo letta sul Magazine del New York Times, e se l'unica cosa di autentica importanza sul contenuto dei box l'ha detta Allan Rouse sul Forum in Rete di Steve Hoffman, allora tutto quell'altro inchiostro a cosa serviva, a rivelarci quant'erano bravi i Beatles?


La cosa che negli ultimi tempi ci ha maggiormente stupito è l'ormai famoso fenomeno del "ritorno al vinile".

Pur perfettamente coscienti del pericolo insito nel passaggio da un formato all'altro (ci riferiamo qui all'aspetto dell'aderenza filologica delle nuove versioni in CD rispetto agli originali in vinile), già agli albori della commercializzazione della musica in digitale non ci era difficile capire che il nuovo formato presentava degli indubitabili aspetti di convenienza e praticità d'uso che ne avrebbero di certo facilitato la diffusione: non più problemi di puntina e testina, niente più regolazione e taratura del braccio, eccetera.

Inoltre, tutti avevamo fatto esperienza del terribile problema derivante dalla "qualità variabile" degli LP in commercio: c'erano quelli con il foro fuori centro (e conseguente "mal di mare sonoro"); quelli dalla pasta incredibilmente frusciante e rumorosa (niente poteva causare maggiore panico del venire a sapere che da quel momento in poi il gruppo X sarebbe stato distribuito e stampato in Italia dall'etichetta Y); quelli che per i motivi più vari erano ondulati o "a coppa". Tutto ciò, si noti bene, indipendentemente dall'introduzione del famigerato "dynaflex" e dal peggioramento della qualità del vinile conseguente alle crisi energetiche del 1973-1974 e del 1979.

Ci chiediamo: è possibile che il vinile odierno sia del tutto esente da difetti? Evidentemente sì, visto che nessuno ne parla. Però ci permettiamo di avanzare dei dubbi. Con rarissime eccezioni, il vinile di oggi non sembra brillare per silenziosità o assenza di "pop", né i macchinari "praticaforo" per aumento di precisione. Possiamo solo cercare di immaginare le prestazioni di vinile e macchine stampanti di oltrecortina, ormai una delle fonti primarie di quanto viene oggi pubblicato in Europa. E poi ci sono gli album dal volume distorto ed eccessivo, e quelli dal volume insufficiente che lotta con il suono del vinile. Per quanto riguarda le ristampe di materiale storico c'è poi da aggiungere l'assoluta mancanza di informazioni sul tipo di master utilizzato: un "flat transfer" dall'analogico del '67 o il "primo distorto" degno di un impianto sul punto di esplodere?

Ovviamente a questo punto c'è chi direbbe che neppure negli anni gloriosi del vinile le recensioni che apparivano sui giornali facevano riferimento a queste cose. La piccola differenza è che ascoltatori abituati al "silenzio digitale" si confrontano oggi con l'imprevedibilità del vinile a un costo che nel caso delle ristampe di materiale storico può essere di quattro o cinque volte maggiore di quello del CD corrispondente.


Nel corso delle nostre passeggiate all'interno del cerchio urbano ci è talvolta accaduto di imbatterci in piccoli negozi a carattere "misto" che avevano all'interno un piccolo stock di album in vinile. Negozi tecnologicamente troppo arretrati per cercare uno sfogo su eBay, situati in zone troppo lontane dal centro per risultare di un qualche interesse, sia pure occasionale. E' quindi con un certo stupore che ci è accaduto di trovarci di fronte ad album nuovi, in qualche caso ancora sigillati (pur se con una discreta dose di polvere), di artisti quali Paul Simon, gli Eurythmics e i Rolling Stones a prezzi che andavano dai 5 ai 10 euro: non bassissimi in assoluto (si tratta di album tutt'altro che rari, quindi di ben scarso interesse collezionistico) ma che per chi è interessato a fare esperienza del suono originale di un album offrono un'occasione da non mancare.

Fatto curioso: l'allerta da noi lanciato in direzione di coloro i quali sembravano intenti a sviluppare un gusto per il suono vinilico è rimasto inascoltato. Prevedibile l'obiezione: album di artisti quali Paul Simon, gli Eurythmics e i Rolling Stones risultano per definizione di nessun interesse per coloro i quali non amano Paul Simon, gli Eurythmics e i Rolling Stones. E però c'è un fatto strano: che le "scoperte" di nomi nuovi sembrano avvenire sempre più solo ed esclusivamente all'interno del recinto "180+ gr.", come se tutto quello che ricade al di fuori di tale categoria fosse di per sé non meritevole di attenzione (e pensare che questa categoria ospita non di rado gruppi che sarebbe stato decisamente preferibile dimenticare - non fosse che i diritti pagati per stamparne gli album sono così bassi da consentire un tentativo di "rivalutazione postuma"). E non è questo un fatto davvero curioso?


E' fatale: quando si discute di queste cose giunge immancabile il commento che recita pressappoco "Sono cose tecniche e difficili che non interessano a nessuno, e infatti nessuno ne parla". Qui la replica ha da essere articolata.

Applicando la famosa "equazione del nettacessi", a sette euro l'ora spettanti per un lavoro manuale, e considerando quattro il numero di ore minimo occorrente a recensire un CD (tre ascolti da un'ora più un'ora per la stesura - ed è ovviamente una stima per difetto), il compenso minimo per una recensione dovrebbe essere di 28 euro. Così non è: nella maggior parte dei casi le recensioni non sono remunerate. D'altra parte un giornale che strilla "250+ recensioni!" dovrebbe spendere circa 7.500 euro al mese solo per remunerare (con tariffe da nettacessi!) i recensori. Ne consegue che il giornale fa finta di pubblicare recensioni, e il lettore (che spende "ben" 5 euro per un giornale che offre "250+ recensioni!" più tutto il resto) fa finta di crederci.

Frattanto la musica sembra diventata un "ideale platonico": "io ti dico chi erano i Beatles, poi per le nuove edizioni fai tu, ché tanto sempre i Beatles sono, e di loro ti ho già parlato".

E ovviamente pretendere che un recensore abbia un piatto, e che ascolti gli LP, e che (se è il caso) dica che già come vinile fanno schifo proprio nel momento in cui il vinile tira alla grande e tutti ci stanno disperatamente aggrappati per non affondare è effettivamente chiedere troppo.


Più seria l'obiezione "Sono cose tecniche e difficili". Qui scontiamo una mancata comprensione: quella della musica registrata - qui, per semplificare, diciamo "la canzone" - come costruzione artificiale che all'interno di una cornice culturale condivisa produce l'effetto voluto. Per cui, per fare il primo esempio che ci viene in mente, il Lou Reed di The Bed sta in una stanza vuota di cui facilmente percepiamo la cubatura proprio perché è vuota. E ognuno di noi ha fatto esperienza di una stanza vuota, e delle diverse caratteristiche fisiche di risposta dell'ambiente "non più pieno". Per cui il racconto assume una drammaticità maggiore rispetto al caso in cui il narratore raccontasse la sua storia al microfono: essa sarebbe meno "pittorica". Da cui (procedendo in via ipotetica) la "maggiore bravura" di produttore e tecnico che in una cornice "psicoacustica" hanno suggerito quel tipo di effetto spaziale (e la camera d'eco degli studi newyorchesi Record Plant?). E che la cornice è condivisa è provato dal fatto che nessuno di noi potrebbe mai pensare che il narratore si trova in cima a una montagna.

L'errore comune sta nel confondere l'effetto in senso tecnico con la percezione psicologica dell'effetto come risultato andato a buon fine. E qui, pur se non nota "l'effetto", l'ascoltatore noterebbe senz'altro "la mancanza" dell'effetto (pur se in realtà mai sentito!) o la sua applicazione "scorretta". In questo caso il "critico" differisce  dal semplice "ascoltatore" per il fatto di riflettere coscientemente sui mezzi, che l'ascoltatore può benissimo ignorare. Ma se un rimissaggio togliesse spazialità e dinamica - cose di cui l'ascoltatore può ben essere tecnicamente ignaro - il risultato finale sarebbe molto diverso, e l'ascoltatore percepirebbe facilmente la differenza, sol che attento.

Cosa c'è di "tecnico" in tutto ciò?


© Beppe Colli 2009

CloudsandClocks.net | Sept. 3, 2009