Yuka Honda Group
Centro Zo, Catania
Feb. 1, 2007

Tra le formazioni più "trendy" della scena statunitense - o meglio: newyorchese - della metà degli anni novanta, quella denominata Cibo Matto (alla quale è per certi versi accostabile quella denominata Pizzicato Five) vedeva in Yuka Honda una delle protagoniste. Lasciatasi alle spalle quell'esperienza, pubblicati due CD per la zorniana Tzadik, la Honda giunge in città in compagnia di un ampio gruppo "che si esibisce in esclusiva per Catania" a soli otto euro. Impossibile non andare!

Palco ordinato, cose precise: per la Honda un vecchio Roland Juno 106, un ancor più vecchio Fender Rhodes Electric Piano modello Seventy-Three, un altro synth che non riusciamo a identificare; poi un paio di chitarre in stile Fender, una batteria, un basso che ci sembra proprio un vecchissimo Fender Precision (e quindi bel suono rotondo, da dita), e parecchie aste per microfoni.

Intorno a noi una piccola folla (= 300 ca.) dall'aria febbrile. Si dà infatti il caso che uno dei musicisti del gruppo sia un certo Sean Lennon, da cui una certa atmosfera da "piccolo evento" che ha calamitato una piccola folla (= 300 ca.) dall'aspetto variopinto che mai ci è stato dato di incontrare ai concerti rock da noi frequentati: c'è anche una simil-Gregoraci, e delle simil-qualcosa i cui modelli di riferimento sono però destinati a rimanere misteriosi data la scarsa confidenza di chi scrive con i programmi televisivi e con una certa classe di calendari. Diciamo subito che Sean Lennon si è guadagnata tutta la nostra simpatia suonando da supporter, con piccoli accompagnamenti e piccoli assolo di chitarra, e parti vocali di sottofondo che brillavano innanzitutto per discrezione.

La formazione è davvero eccellente: alla batteria, Kenny Wollesen sostiene e lavora di coloritura, perfetto a bacchette e mazzuoli; al basso di cui sopra, Trevor Dunn suona spesso in arpeggio, impreziosendo momenti che dal punto di vista armonico sarebbero altrimenti un po' troppo schematici; al trombone, Josh Roseman prende gustosi assolo tra jazz e blues e porta più di un pizzico di varietà timbrica; di Sean Lennon s'è detto; all'altra chitarra/voce, Cameron Greider è efficace in accompagnamento e decisamente pinkfloydiano agli "assolo spaziali" fatti con il bottleneck; per certi versi misteriosa la presenza della cantante Courtney Kaiser, che indoviniamo brava ma che sul palco è impiegata pochissimo.

Due gli elementi cruciali: alle tastiere, la Honda è una presenza discreta e a tratti indecifrabile, ma la regia è indubbiamente sua, come evidente dal suo indirizzare i musicisti e regolare il tempo in corsa; (molta) voce e (di tanto in tanto) violino, Petra Haden è la vera ragion d'essere di questo repertorio (e dagli annunci finali fatti dalla Honda ci è parso di capire che l'apporto della Haden vada ben oltre la semplice performance vocale) e di questa serata. Le melodie vanno da un che di country a cose liriche e distese che (forse per scarsa conoscenza da parte di chi scrive) ci hanno riportato alla mente la Haco nel suo periodo After Dinner. Piacevolmente sconcertante, grosso modo a metà serata, l'inserimento di una spigliata canzone che avrebbe potuto benissimo trovare posto su Rubber Soul!

Le pecche (che diremmo correggibili con l'ausilio di un buon produttore) sono sostanzialmente due. Innanzitutto un'armonia statica che alla lunga rende certe atmosfere un po' ripetitive, privandole di poesia. Poi, un troppo frequente ricorrere a lunghi momenti "spaziali" - non necessariamente i più appropriati - quale ingrediente in grado di fornire varietà. E proprio per essere pignoli, a tratti la Haden dispiegava la sua vocalità in modo generoso ma non necessariamente proficuo, data una cifra vocale che diremmo avere nell'intonazione e nella sfumatura - e non nella drammaticità esplicitata - i suoi punti forti.

In attesa del CD.

Beppe Colli


© Beppe Colli 2007

CloudsandClocks.net | Feb. 12, 2007