Delta Saxophone Quartet
Centro Zo, Catania
Jan. 19, 2007

Se non andiamo errati, la formazione inglese denominata Delta Saxophone Quartet aveva già suonato nella nostra città (almeno) un paio di volte, ma per un motivo o per l'altro non avevamo mai avuto l'opportunità di vederla in azione. Decidiamo che è giunto il momento di colmare la lacuna, e al momento di acquistare il biglietto (posti a sedere, su pianta) ci troviamo di fronte a una gran bella sorpresa: ospite molto speciale della serata sarà uno dei nostri musicisti preferiti di sempre, Hugh Hopper. Wow!

Un cartoncino di presentazione che avremo modo di leggere solo a fine concerto ci dice della prossima uscita di un CD del Delta Saxophone Quartet dedicato alle musiche dei Soft Machine: la storica, innovativa formazione inglese di cui Hopper era uno dei membri caratterizzanti; accanto a nuovi arrangiamenti di brani classici del gruppo, l'apporto di compositori europei contemporanei. Il cartoncino ci informa anche del fatto che nell'estate del 1984, mentre i tardi Soft Machine si scioglievano, il Delta Saxophone Quartet suonava la musica di "experimental composers" quali David Bedford, Michael Nyman, Gavin Bryars e Terry Riley.

Il programma di sala ci conferma la presenza di Hopper, e aggiunge Steve Martland. Non vengono riportati i titoli dei brani dei Soft Machine o di altri "compositori europei contemporanei" che verranno eseguiti, ma di lì a poco Hopper smorza il nostro entusiasmo per la possibilità di vederlo suonare comunicandoci che è previsto che la sua presenza di strumentista si limiti al solo brano Facelift, che verrà eseguito per ultimo; dei Soft Machine storici verranno inoltre eseguite Kings And Queens e Mousetrap. Quale momento culminante di un workshop che i quattro sassofonisti hanno tenuto presso il liceo musicale cittadino, verranno eseguiti dei brani che vedranno la presenza di alcuni allievi dell'istituto (e in effetti, tra il pubblico - numeroso ai limiti della capienza della sala = 250 ca. - ci pare di indovinare la presenza di giovani amici e genitori). Recatici nei pressi del palco nel tentativo di leggere la marca del pedale fuzz che Hopper userà per Facelift, passiamo davanti a uno spartito intitolato Minuetto della tosse. Mah!

Fatte le presentazioni, è proprio un ensemble locale - la Glogassonic Band - ad aprire la serata con una composizione di Joe Schittino intitolata... Minuetto della tosse. Il gruppo è affiatato e di buon livello professionale, ma la trovatina del pezzo (minuetto + tosse) si esaurisce presto lasciando in chi scrive una buona dose di perplessità. Se abbiamo ben capito, segue un'altra composizione dello stesso autore: eseguita dal Delta Saxophone Quartet, con Martland voce recitante, ecco Adventures In Quartet. Il brano ha un andamento molto semplice, quasi didattico; il punto cruciale è che sempre, dopo poche battute, la musica si alterna a interventi parlati di Martland, che legge lentamente in buon italiano una storia discretamente demenziale, il cui momento cruciale è: "un maggo chièsse a la raggaza se pre-fferiva 1) ritrovvare i'suo fi-ddanzato opure 2) trovvare l'uòmmo con l'ucèlo più grosso de'mondo; la raggaza scesse la seconda senn-za esitazzione". Ci guardiamo le scarpe senza trovare risposta ai tanti quesiti che ci assalgono. Se abbiamo capito gli annunci, il primo tempo dello spettacolo è chiuso da Freedom di Anzalone: una specie di "jam guidata" per ampio organico, alquanto sfilacciata e senza una precisa direzione.

Poi viene la seconda parte del concerto. La versione eseguita della celeberrima Kings And Queens può ben illustrare i limiti dell'operazione: il tema è ridotto a poco più di un brandello, con la sola famosissima linea di basso a riportare alla mente il brano; strumentalmente il quartetto funziona, ma è proprio l'arrangiamento (opera di...?) che sembra aggiungere roba inutile, e mascherare l'essenziale. Ugualmente deludente, e per gli stessi motivi, Mousetrap, mentre la più tarda Floating World, firmata da Karl Jenkins, viene meglio. Tra gli altri brani eseguiti, la composizione di un autore tedesco il cui nome non abbiamo colto convince dal punto di vista della scioltezza esecutiva, con un agile sax soprano e un intelligente e versatile sax baritono, ma il tutto fa l'effetto di una rimasticatura di certi climi maggiormente ritmici dell'Anthony Braxton di (almeno) vent'anni fa.

Il concerto va avanti senza particolarmente interessare finché Hopper non imbraccia il basso elettrico per Facelift. E qui la stanza pare letteralmente esplodere, mentre l'entusiasmo del pubblico (entusiasmo? forse è più appropriato parlare di incredula meraviglia) è decisamente palpabile. "E che cazzo!" - verrebbe da dire - "non potevano farlo suonare tutta la sera invece di farci sentire quegli orrori e quella robetta insipida?" Non vorremmo dar qui l'impressione che siano le composizioni di Hopper ad avere necessariamente bisogno della sua presenza strumentale, ma stasera è così. Chissà il CD (ma dopo stasera non abbiamo alcuna curiosità di ascoltarlo). C'è un bis: rifanno il tema di Facelift, cui fa seguito un breve e concentrato assolo di Hopper. E poi si torna a casa.

Beppe Colli


© Beppe Colli 2007

CloudsandClocks.net | Feb. 12, 2007