Behind The Glass, Vol. II - Top Record Producers Tell How They Craft The Hits
By Howard Massey

Backbeat Books 2009, $24.99, pp332

Finalmente, a quasi un decennio di distanza da quella pregevole e fortunata raccolta di interviste che credevamo ormai destinata a rimanere esemplare unico, ecco arrivare il secondo volume di Behind The Glass - Top Record Producers Tell How They Craft The Hits. Laddove il titolo rimanda al famoso "vetro" dietro il quale produttori e tecnici guidano il processo creativo (ed è un ruolo che il libro convincentemente dimostra rimanere essenziale ancora oggi, quando quel vetro è in molti casi solo virtuale); mentre il sottotitolo, con quell'esplicito riferimento alla "sapienza artigiana" contenuta nella parola "craft", rimanda implicitamente a quel sistema di "apprendistato" tanto necessario alla salute della professione (e della musica) che il diffondersi degli "studi personali", non importa quanto tecnicamente evoluti, mette oggi in discussione.

Le interviste di Massey nascono inizialmente all'interno del compianto mensile statunitense Musician per poi trasferirsi a EQ. Un buon numero di quelle contenute nel secondo volume - si tratta di quarantadue interviste individuali più due tavole rotonde - è già apparso sulle riviste Home Recording e EQ, ma in forma abbreviata. L'impianto generale delle interviste rimane quello del precedente volume: un'introduzione al lavoro dell'intervistato, la conversazione propriamente detta, un breve elenco di lavori il cui ascolto viene ritenuto indispensabile. Con solo qualche eccezione - le più importanti essendo quelle che riguardano Tchad Blake e Joe Chiccarelli - nessuna delle conversazioni qui presenti ci è parsa "troppo breve" (ma "breve" qui è un concetto relativo: ci è capitato spesso di leggere una frase in grado di mettere in moto un complesso insieme di riflessioni, mentre il libro restava aperto sul tavolo). L'unico difetto - è lo stesso del volume uno - è che le interviste sono prive di data: il che ha la spiacevole conseguenza di rendere a volte impossibile capire se chi parla è un profeta o qualcuno che riflette su una tendenza già ben visibile.

Se per molti versi il primo volume aveva la strada spianata - chi mai potrebbe rimanere indifferente di fronte a una lista che include titoli quali The Dark Side Of The Moon, Revolver, "Heroes", Aja, Pet Sounds ed Electric Ladyland? - il volume due a ben vedere non è da meno. Ci sono nomi oggi famosissimi quali Daniel Lanois e T-Bone Burnett. Colonne come Larry Levine (una bella intervista sul Wall Of Sound di Phil Spector), Bruce Swedien (Michael Jackson, Quincy Jones), John Simon (The Band) e Russ Titelman (particolarmente interessante la parte su Steve Winwood). Specialisti in concerti dal vivo (David Hewitt, Ed Rak), in jazz e musica classica (Steve Epstein), orchestre (Richard Lush, John Kurlander), suono surround e musica per film (Steve Parr).

Ci è capitato di leggere cose interessanti da un nome che credevamo a noi sconosciuto (Kevin Killen) finché non abbiamo guardato la lista dei suoi lavori (Peter Gabriel, U2, Elvis Costello, Shakira). Abbiamo scoperto chi c'è dietro musiche che diremmo note a molti: Rodney Jerkins (Destiny's Child, Monica, Mary J. Blige), Darryl Swann (Macy Gray), Ann Mincieli (Alicia Keys). Abbiamo ritrovato nomi fondamentali per la musica degli anni ottanta (e oltre) quali Hugh Padgham, Trevor Horn e Stephen Lipson. Vera rivelazione, i nomi che fanno base a Nashville: tra molte, segnaliamo qui le interviste a Kyle Lehning, Clarke Schleicher (per chi scrive una delle più interessanti di tutto il libro) e Trina Shoemaker (dal curriculum comprendente Sheryl Crow e Queens Of The Stone Age). E potremmo continuare a lungo.

Sono stati molti, ovviamente, gli aspetti soggetti a mutamento nel corso del decennio che separa i due volumi, ed è giocoforza che il primo aspetto a venire in mente sia quello tecnico. Posto che quasi tutte le interviste portano almeno qualche traccia dei cambiamenti avvenuti, diremmo le tavole rotonde che appaiono all'inizio e alla fine del volume i luoghi nei quali è più facile rinvenire la portata dei mutamenti. Se le conversazioni collettive del primo volume avevano quali protagonisti produttori della East Coast e della West Coast degli Stati Uniti, quelle del secondo hanno avuto luogo a Londra e a Nashville. Il che, in considerazione del destino di molti studi un tempo gloriosi di New York e Los Angeles, è estremamente significativo.

Rileggendo il primo volume col senno di poi è fin troppo facile notare il carattere "lieve" del mutamento dell'epoca "classica", nonostante ai tempi esso sembrasse enormemente accelerato. Le questioni con le quali allora ci si confrontava - quale il modo migliore di microfonare una batteria? quando un missaggio si può dire finito? come far sì che la voce "poggi" bene su una base strumentale? è proprio vero che tutti hanno bisogno di un produttore? digitale o analogico? quali i difetti peggiori delle cose registrate in uno studio casalingo? - poggiavano su una base a mutamento più lento, e con esse il concetto di qualità.

Le due tavole rotonde - e non poche conversazioni - di questo volume avvengono in un momento in cui le grosse case discografiche sono allo sbando, il concetto di redditività dubbio, i budget estremamente ridotti, e questioni economiche pressanti rendono pressoché impossibile garantire la manutenzione di apparecchiature delicate. Va da sé che la "guerra del volume" e la circostanza che vede le "cuffiette" quale modo privilegiato di ascolto rendono molto diverso, e non poco problematico, il compito di tecnici e produttori. E' ovvio che nuove preoccupazioni - quand'è che "autotune" diventa "troppo"? il plug-in fa davvero rimpiangere l'effetto fisico? l'analogico ha ancora un ruolo? - si sono aggiunte a quelle di sempre, che non sono certo scomparse.

A questo punto diremmo che la questione della pubblicazione di un eventuale terzo volume di Behind The Glass va ben al di là del problema concernente la vendita di libri come questo. Avremo ancora il "fare musica" quale attività ad alta specializzazione professionale? Chiudiamo con una breve citazione dall'introduzione di George Massenburg posta all'inizio del volume (che tenta un abbozzo di spiegazione dello stato di cose presente e che ovviamente va letta per intero):

"Forse tutto questo avviene perché oggi non ci sono più 'custodi dei cancelli' in grado di riconoscere le grandi registrazioni (cioè a dire, grandi pezzi, grandi esecuzioni, e/o grandi innovazioni) e presentarle a un pubblico più ampio. Oggi il processo è 'dai molti ai molti', in quello che sembra essere contemporaneamente una grande opportunità democratica e una negazione della necessità di un talento unico e assolutamente originale".

Beppe Colli


© Beppe Colli 2010

CloudsandClocks.net | Jan. 7, 2010