Rova
Totally Spinning

(Black Saint)

"Ornette Coleman's Permanent Revolution": questo il modo in cui - con l'acume che gli è proprio - Francis Davis sintetizzò i tratti salienti del lavoro di un musicista tanto discusso quanto, a ben vedere, pochissimo compreso in occasione di un profilo critico apparso poco più di vent'anni fa; laddove le innovazioni musicali di Coleman avevano sì costituito una "rivoluzione", ma una rivoluzione destinata (e ormai pare proprio sia per sempre) a restare "permanente": cioè a dire, a non essere assorbita nel mainstream (lo stesso vale ovviamente per altri musicisti dagli intendimenti paralleli quali per esempio Albert Ayler e Cecil Taylor); un mainstream che è stato in grado di ben accomodare melodie provenienti da altre culture, ritmi hip-hop e - da ultimo - l'ormai immancabile dj ma non la messa in discussione delle gerarchie strumentali e delle comuni logiche del divenire.

Se questo è stato il destino della musica di Coleman non è certo difficile immaginare la sorte toccata ai Rova, quartetto di sassofoni formatosi quasi trent'anni or sono. Le ispirazioni letterali sono sempre state facili da indicare: ambedue del 1974, il Saxophone Special di Steve Lacy e il brano per quattro sassofoni contenuto sull'allora celebre New York, Fall 1974 di Anthony Braxton; rimanendo sul letterale è d'obbligo aggiungere la versione di Nonaah per quattro sassofoni contenuta sull'omonimo doppio album di Roscoe Michell pubblicato nel 1977. Ma è evidente che il retroterra è infinitamente più vasto: da Evan Parker a Braxton e Mitchell, da Lacy, Derek Bailey e l'Art Ensemble Of Chicago a tutta la storia del jazz, che qui non viene negata, ma data per acquisita. (E che non sia un'acquisizione data una volta per tutte è dimostrato dalle due rivisitazioni della Ascension di John Coltrane pubblicate dal gruppo: quella registrata nel 1995 in occasione del trentennale e pubblicata nel 1997 dalla Black Saint; e quella, molto diversa, registrata nel 2003 e pubblicata due anni più tardi dall'Atavistic come Electric Ascension a nome Rova::Orchestrova.) E dato che di logiche procedurali si parla, e non di "stili", è d'obbligo citare anche nomi quali Cage, Xenakis e Feldman.

L'odierna esistenza dei Rova (a proposito: il nome deriva dalle iniziali dei cognomi dei quattro membri originali) è a ben vedere un vero miracolo. Un miracolo che gli stessi Rova hanno ben propiziato scegliendo la strada dell'organizzazione no-profit, cosa che ha consentito al gruppo di accedere a fondi pubblici che hanno permesso di organizzare concerti e commissionare brani a musicisti quali Lindsay Cooper, Barry Guy, Fred Frith, John Carter, Tim Berne, Muhal  Richard Abrams e Robin Holcomb (qui il riferimento obbligato è costituito dai tre volumi della serie The Works pubblicati dalla Black Saint). Una discografia ben nutrita e di ottima qualità media pur nel mutare fisiologico degli intendimenti e che è riprodotta nel libretto di Totally Spinning (e qui è con orrore che ci siamo accorti di non aver mai saputo dell'esistenza di Resistance, pubblicato dalla Victo tre anni fa).

Uscito da non molto, Totally Spinning comprende otto brani che a dire della copertina sono stati tutti registrati nel 1996. Il che per chi scrive suona decisamente curioso: che motivo c'era di tenerli tutto questo tempo chiusi in un cassetto? Tramite un comune amico abbiamo rivolto la domanda a Larry Ochs (la "O" di Rova), che così ci ha risposto: "In realtà nelle note di copertina c'è una data mancante, il che è un vero peccato. Solo due pezzi sono stati registrati nel 1996: Stiction e Totally Spinning. Il resto è stato registrato nel 2000. Con l'eccezione del pezzo di Fred Frith, che è stato registrato al tempo in cui abbiamo registrato Freedom In Fragments per la Tzadik. Le registrazioni del 1996 sono state fatte allo stesso tempo della musica che abbiamo pubblicato su Resistance per la Victo. Quando abbiamo registrato nel 2000 abbiamo organizzato il CD attorno a Totally Spinning e Stiction, dato che li avevamo già pronti, e poi abbiamo aggiunto il pezzo di Frith in seguito, quando stavamo assemblando il CD. Il ritardo nell'uscita è stato dapprima colpa nostra. Però la Black Saint aveva tutto già nel 2002."

E' solo il timore di essere inseguiti da un manipolo di acquirenti inferociti che ci dissuade dal definire Totally Spinning come il "commercial album" dei Rova. Registrato con chiarezza, presenta una varietà di climi in grado di renderlo una perfetta introduzione alla musica del gruppo. Solite caratteristiche: begli impasti, colori cangianti, perenne mutevolezza dei ruoli, varietà stilistica. C'è molto spazio solista per il baritono di Jon Raskin, per chi scrive la voce strumentale preferita del quartetto. Tre composizioni di Steve Adams, che diremmo tematicamente molto vicine al jazz come comunemente inteso; due complessi quadri scritti da Raskin; un pezzo di Fred Frith; e due versioni di Radar che più diverse non si potrebbe. (Radar è il nome di una "improvvisazione strutturata" dagli esiti ogni volta unici. Una bella discussione in proposito si trova alla pagina Food for Thought sul sito del gruppo, Rova.org.)

Apre Let's Go Totally Spinning di Raskin: iniziale riff swingante, un tema che in fondo è contagiosamente orecchiabile, bell'assolo di baritono che esplora i lati opposti dell'estensione dello strumento, ritorno al riff iniziale, temperatura che si "raffredda" per un elegante finale che riporta al riff iniziale, "vivace con moto". Segue Stiction, il primo dei contributi di Adams: dapprima ci ha ricordato Mingus, poi l'Art Ensemble Of Chicago nella sua "modalità Mingus"; inizio affidato al baritono, tema swingante per sax alto, poi soprano e sopranino all'unisono; stacco, di nuovo il baritono, poi tenore e alto; segue un inciso molto mosso!, che riporta poi al tema. Radar 11/19/01 è tutta sussurrata, e alterna toni lunghi ad arpeggi; in finale una melodia sinuosa, che i fiati armonizzano. Cuernavaca Starlight For Charles Mingus è un altro contributo di Adams: apertura classica affidata al baritono, arpeggio soffiato degli altri fiati, tema e lirico assolo - ancora il baritono - dallo sfondo cangiante.

Segue Kick It di Frith, per chi scrive l'unico passo falso dell'album: le arie "balcaniche" sono quelle note (almeno) dai tempi di Gravity, e il pezzo impiega 3' 40" per dire veramente molto poco (forse andrebbe bene in una colonna sonora). In effetti ha anche una funzione "strutturale", dividendo il CD in due; ma dopo due o tre ascolti, all'ennesima frase "titititi-tira", abbiamo preferito mettere in memoria gli altri brani escludendo questo.

Ancora di Raskin, It's A Journey, Not A Destination è l'affresco più lungo: un quarto d'ora; un inizio tempestoso, poi resta solo il soprano di Bruce Ackley; il baritono introduce un'aria quasi barocca; seguono duetti: prima baritono/alto (Adams), poi baritono/tenore (Ochs); "terrificante" assolo di baritono, tema swingante, poi il pezzo torna a distendersi nella melodia "barocca" (echi di Roscoe Mitchell?). Di nuovo Adams per Preshrunk: una partenza swingante che rende superflua ogni batteria, poi una serie di frammenti che sembrano rimandare a un Monk filtrato attraverso il prisma di Lacy; seguono sviluppi sorprendenti, ma il risultato è di estrema leggibilità. Lungo spazio al baritono di Raskin e al tenore di Ochs per la conclusiva Radar, Version 731.

Beppe Colli


© Beppe Colli 2006

CloudsandClocks.net | Sept. 24, 2006