Evan Parker Electro-Acoustic Ensemble
Memory/Vision

(ECM)

Tra le figure storiche della (cosiddetta) "musica improvvisata" Evan Parker è forse quello che meno mostra i segni della lunga "anzianità di servizio". Forse per la caratura intrinseca del musicista. Ma crediamo che una certa elasticità di giudizio, lo scegliere con accuratezza itinerari e compagni di viaggio, un atteggiamento che è teleologico in misura decisamente maggiore rispetto alla media e (il che è forse dire la stessa cosa con altre parole) una considerazione per il risultato in quanto prodotto oltre che come processo siano elementi tutt'altro che estranei alla tenuta sulla lunga distanza dimostrata dal musicista. Distanza che dovrebbe ormai essere quantificabile nella misura di oltre 250 titoli. E anche qui il tempo è stato galantuomo, come ognuno può facilmente verificare: se è infatti vero che molto non è più reperibile, quello che esiste - si tratti di ristampe o nuovi titoli - è più che sufficiente a provare la veridicità dell'affermazione (distribuzione permettendo).

Pubblicato a nome Spontaneous Music Ensemble, Karyobin - registrato nel '68 (da Eddie Kramer agli Olympic Studios!) e ristampato nel '93 - mostra Parker intento a creare un'estetica collettiva in compagnia di Derek Bailey, Kenny Wheeler, Dave Holland e John Stevens. Saxophone Solos (registrato nel '75, ristampato nel '94) è il molto influente capostipite di un approccio allo strumento e alla musica. Process And Reality (1991) vede Parker confrontarsi con la sovraincisione. Into The Valley Of Dogs, Dreams And Death - il suo contributo compositivo all'album della Globe Unity Special intitolato Into The Valley, pubblicato nel '76 e ristampato come Rumbling nel '91 - si distingueva per essere uno "scheduled piece" - "chi segue chi, chi suona con chi, mentre ogni musicista è quasi libero di decidere tipo ed entità del contributo". Parker ha anche inciso degli eccellenti album di "jazz moderno" in compagnia di Paul Bley e Barre Phillips: Time Will Tell ('95) e Sankt Gerold (2000). Sarebbe imperdonabile non menzionare il trio che da lunghissimo tempo vede Parker accanto al basso di Barry Guy e alle percussioni di Paul Lytton; e qui ci è davvero impossibile tacere di After Appleby (2000), il doppio album inciso dai tre in compagnia del piano di Marylin Crispell.

C'è poi da dire della sperimentazione elettronica. Hall Of Mirrors ('90) è l'album in cui Parker esponeva il suo sassofono ai trattamenti in tempo reale operati da Walter Prati; e chi ebbe modo di vedere il duo all'opera confermò la bontà dell'operazione. Qualche tempo dopo, quel Solar Wind inciso con Lawrence Casserley (1997) ribadì la serietà e la fertilità del tentativo, anche se chi scrive gli ha sempre preferito l'album inciso con l'italiano. Seguiva la formazione dell'Electro-Acoustic Ensemble, giunto adesso al terzo album. Toward The Margins ('97) aveva visto Parker, Guy e Lytton sottomettersi ai trattamenti di Walter Prati, Marco Vecchi e Phillipp Wachsmann, quest'ultimo anche nella sua veste abituale di violinista "elettronico"; ottima incisione di studio e ottimi anche i risultati, che le esaustive note di copertina di Steve Lake illustravano con dovizia di particolari. Seguiva l'altrettanto bello Drawn Inward ('99), che confermava la formazione - cui si aggiungeva Casserley - e parte della metodologia.

Memory/Vision è un prodotto alquanto diverso. Per cominciare, è stato registrato dal vivo (a Oslo nel 2002). Ai musicisti che avevano già partecipato ai due album precedenti si aggiungono qui Agustí Fernandez al pianoforte e al piano preparato e Joel Ryan al computer e al trattamento dei suoni, mentre Parker si cimenta anche ai nastri e ai campionamenti. Nonostante l'organico piuttosto ampio, il suono - sempre ben dettagliato (ma che conviene ascoltare a volume medio-alto) - non soffre mai di un eccesso di informazioni. E' solo con il brano numero 5 che riconosciamo certi inconfondibili pieni circolari di Parker, poi confermati nei "tutti" dei brani 6 e 7 che portano il lavoro alla sua (in qualche modo perfettamente logica) conclusione. (Va notato che il brano è in realtà unico, e senza interruzioni: la numerazione è da intendersi solo quale comodità d'uso riservata all'utente.) La logica sottostante al lavoro è tutt'altro che agevole da cogliere. Nelle scarne note di copertina Parker parla di una "cornice", e segnala che in vari punti dell'esecuzione sono presenti registrazioni precedenti di improvvisazioni del gruppo che a loro volta contenevano precedenti registrazioni (qualcuno ricorda Lapidary, su Process And Reality?).

Memory/Vision è dedicato all'opera di Charles Arthur Musès - e qui la ricerca in Rete da noi effettuata a proposito di Chronotopology ci ha messo di fronte a complessi concetti matematici ben al di fuori della nostra portata. Diremmo comunque che Parker ha fatto centro nel produrre un lavoro "leggibile" che non potrebbe esistere senza l'apporto della tecnologia ma che non ne è schiavo in modi appetibili a livello di massa - o à la mode. Lavoro, tra l'altro, dal risultato estetico godibile mentre risulta interessante. Dati i tempi, non è poco.

Beppe Colli


© Beppe Colli 2003

CloudsandClocks.net | Nov. 22, 2003