Larry Ochs/Sax & Drumming Core
Up From Under

(Atavistic)

Voce strumentale contraddistinta da un buon grado di riconoscibilità, Larry Ochs è senz'altro il componente del ROVA Saxophone Quartet che più ha fatto per costruirsi, in una molteplicità di contesti, una propria identità personale parallelamente alla ormai trentennale attività della celebre (!) formazione. Sax & Drumming Core è il nome del trio che vede i sassofoni di Ochs (qui al tenore e al sopranino) affiancati dalle batterie di Donald Robinson e Scott Amendola. Quinto volume della serie "a formazione variabile" della Atavistic che prende il nome di "Out Trios", Up From Under dovrebbe essere il secondo album del gruppo a sette anni da The Neon Truth su Black Saint.

Ochs non ha certo bisogno di presentazioni. Robinson ha una discografica che diremmo corposa; limitandoci alle partecipazioni che lo hanno visto accanto al sassofonista, vanno innanzitutto segnalate le due rivisitazioni della Ascension di John Coltrane fatte dai ROVA: quella registrata nel 1995 in occasione del trentennale e pubblicata nel 1997 dalla Black Saint; e quella, molto diversa, registrata nel 2003 e pubblicata due anni più tardi dall'Atavistic come Electric Ascension a nome Rova::Orchestrova; c'è poi la mezza dozzina abbondante di titoli del "trio espanso" che va sotto il nome di What We Live, laddove il terzo musicista è l'ottimo contrabbassista Lisle Ellis; avremmo recensito con molto piacere (quello che ci pare essere a tutt'oggi) l'ultimo album del gruppo, Sound Catcher, se l'apporto della cantante Saadet Türköz non avesse fatto virare il tutto verso i climi un po' facili di certa "musica etnica" da "Festival Jazz". Paradossale accorgerci del fatto che l'unico componente del Sax & Drumming Core che ci è mai capitato di vedere dal vivo è quello che, a onta di un'ampia discografia (su tutto il suo lavoro con il chitarrista Nels Cline), conosciamo di meno: Scott Amendola era infatti il batterista del trio della musicista californiana Emily Bezar da noi colto in azione in occasione di una trasferta maltese nell'estate del 2006.

L'organizzazione del lavoro registrato è chiara: Ochs al centro, Robinson a sinistra, Amendola a destra. La batteria del primo ha un suono "grosso" e ricco di armonici che per certi versi ci ha ricordato quello delle molte Sonor ascoltate dal vivo negli anni ottanta; il suono del secondo è ad attacco e rilascio più immediati, e in un certo senso più "rock". Bello l'affiatamento, bello l'interscambio strumentale, buona la compatibilità.

Per anticipare le conclusioni, Up From Under è album dai non pochi meriti ma tutt'altro che esente da difetti. Con un'unica eccezione, gli otto brani sono stati composti da Ochs, che in più di un'occasione - si veda in special modo il tenore dall'ancia "sussurrata" di Dragons Fly o quello dall'intonazione "imprecisa" di Finn Passes Pluto - è sembrato ricordarsi della lezione di Roscoe Mitchell in misura maggiore che in passato. Il materiale è discretamente vario, l'apporto dei due batteristi - si ascolti la bella divisione di compiti su Dragons Fly, con Amendola preciso ai tamburi e un sottilissimo Robinson al rullante suonato con le spazzole - decisamente valido.

E allora, cosa c'è che non va? Il difetto principale è che l'album è davvero troppo lungo - un'ora abbondante per otto brani - per le cose che ha da dire. Il brano iniziale, Up From Under, vede Ochs al tenore con un'irruenza che avremmo detto tipica per un Gato Barbieri, e in generale - si veda anche Poporfa - sembra quasi che l'irruenza sassofonistica abbia qui il compito di sopperire a una insufficiente architettura dell'insieme. Stessa cosa per le batterie, che a volte sembrano segnare il tempo in attesa di un'idea. Ai tempi dell'album in vinile questo materiale - registrato nel 2004 a Venezia nel corso di due serate durante le quali avremmo sicuramente guardato spesso l'orologio - sarebbe stato certamente sforbiciato, diremmo per la gioia di tutti.

(Epperò, cosa strana, ecco come Brian Morton e il recentemente scomparso Richard Cook, dopo un procedere largamente positivo, concludono la loro recensione di The Neon Truth contenuta nella settima edizione di The Penguin Guide To Jazz On CD: "E allora, perché un voto così basso? Perché in realtà da ascoltare è molto noioso, di buona qualità invece che godibile o commovente." E dunque?)

Beppe Colli


© Beppe Colli 2007

CloudsandClocks.net | Dec. 16, 2007