News From Babel
Sirens And Silences/Work Resumed On The Tower
Letters Home

(ReR)

A dispetto della giovane età, al momento del suo ingresso negli Henry Cow Lindsay Cooper era già una musicista di una certa esperienza. Prendeva il posto di Geoff Leigh, ma in un senso molto speciale: sassofonista, flautista e clarinettista di eccellenti abilità tecniche, Leigh costituiva l'ultimo anello che ancora legava il gruppo al suo precedente stadio evolutivo fatto di jazz, Zappa e Soft Machine; mentre la Cooper, suonatrice di oboe e fagotto tecnicamente senz'altro meno esperta di Leigh, costituiva nondimeno l'elemento giusto per assecondare il cammino del collettivo verso lidi di stampo maggiormente europeo (e si rifletta sull'importanza di questa scelta per tanta musica che verrà fuori di lì a poco sul Continente). Ascoltare gli album degli Henry Cow è anche ascoltare la maturazione di Lindsay Cooper: da Unrest (1974) a In Praise Of Learning ('75), da Concerts ('76) a quel Western Culture ('79) di cui la musicista comporrà la seconda facciata.

Scioltosi il gruppo, la Cooper dimostra appieno le proprie capacità in occasione di colonne sonore che dimostrano tutta la sua scioltezza e appropriatezza nel creare climi "di servizio" ma che risultano perfettamente in grado di funzionare anche in maniera autonoma: parliamo qui di Rags (1980) e di The Gold Diggers (1983), ai quali potremmo accostare il pregevole Music For Other Occasions (1986). Sono album sui quali la musicista amplia notevolmente la propria tavolozza strumentale, che ora accoglie sassofoni (alto, soprano e sopranino), flauto, tastiere assortite e perfino chitarra e basso. Quindi al momento della pubblicazione del primo album dei News From Babel (1984), di cui scrive la totalità delle musiche, la Cooper possiede già uno stile riconoscibile e una sicurezza che le consentono di affrontare degnamente l'impresa.

Le musiche della Cooper fanno tutt'uno con i testi di Chris Cutler, impegnato qui da par suo a batteria e percussioni. L'elemento nuovo è Zeena Parkins, alla fisarmonica e a tutta una serie di arpe: normali, elettriche e preparate. Ma l'elemento che maggiormente caratterizza tutto il primo album della formazione è l'inconfondibile voce di Dagmar Krause, che anche in virtù di numerose sovraincisioni occupa non poca parte dello spettro sonoro. Da non dimenticare l'apporto di Georgie Born, al basso in un brano, e di Phil Minton, voce e tromba, in due.

L'esordio del gruppo è nettamente diviso in due parti, laddove ai sei brani di durata contenuta che occupano la prima facciata sotto il titolo di Sirens And Silences si oppongono le tre composizioni più lunghe che sulla seconda facciata vanno sotto il nome collettivo di Work Resumed On The Tower. Nel loro multistilismo, nel loro coniugare lavoro di studio ed esecuzioni in tempo reale, nel loro abitare atmosfere non poco claustrofobiche, le musiche di questo album possono essere accostate a pagine più antiche degli Henry Cow e degli Art Bears (il gruppo che vedeva all'opera Cutler, la Krause e l'altro ex Henry Cow Fred Frith), pur se sarebbe sommamente ingiusto definire l'album un lavoro carente di personalità. Diremmo che la (relativa) difficoltà di fruizione che esso possedeva ai tempi della sua prima apparizione risulti oggi terribilmente accresciuta, tanto si sono ristretti i confini di quello che ci si attende contraddistingua un album di... rock?

Passano due anni prima che appaia un nuovo lavoro dei News From Babel, e Letters Home non potrebbe essere più diverso del suo predecessore. E' possibile che la cosa sia da attribuire a un naturale processo di maturazione e cambiamento da parte della Cooper. E' possibile che alla cosa non sia stata estranea la partecipazione ai climi più sciolti propri dei Pedestrians, la formazione in cui Cutler e la Cooper affiancavano l'ex Pere Ubu David Thomas (qui diremmo imperdibile l'album del 1985 intitolato More Places Forever). Certo è che tanto il primo album era chiuso e arroccato in se stesso tanto il secondo è aperto e comunicativo. Ma anche il suono dei due lavori non potrebbe essere più diverso: cupo il primo, arioso il secondo.

Se quelle che appaiono sul primo album possono essere tecnicamente definite come "canzoni", quelle del secondo lo saranno senz'altro per le più diverse tipologie di ascoltatori. Con un'unica eccezione - A Dragon At The Core, cantata da Phil Minton, che chiudeva la prima facciata e che operava una (appropriata) cesura nella narrazione - tutte le canzoni di Letters Home sono contraddistinte da un senso di immediatezza (anche emotiva) che ne rende coinvolgente la narrativa in prima persona. Si potrebbe dire che la scelta di Robert Wyatt quale cantante di buona parte del lavoro non sia estranea alla sua buona riuscita, e certamente è così: come ben sappiamo, la vocalità di Wyatt è in grado di rendere arte il colloquiale. Ma che la cosa sia in primo luogo da attribuire all'impianto compositivo è provato dal fatto che le qualità dei brani che vedono la presenza di Wyatt sono presenti anche su quelli cantati da Sally Potter e da Dagmar Krause: due per ciascuno (anche se uno strano errore nel libretto di questo CD non attribuisce alla Krause Fast Food, dove peraltro è riconoscibilissima).

La Cooper suona bene, con belle sovrapposizioni di fagotto e sopranino (quest'ultimo a mo' di oboe) che di tanto in tanto ci riportano per un attimo alla mente gli Univers Zero, e un impiego discreto ma sapiente delle tastiere (si ascolti il bellissimo e appropriato gesto strumentale che chiude Moss). Nuovamente alla fisarmonica e ad arpe varie, Zeena Parkins ha qui uno spazio maggiore, ma è innanzitutto più sicura ed estroversa che sul precedente album (ignoriamo quanto sia estranea a ciò la sua militanza parallela negli Skeleton Crew dell'ottimo The Country Of Blinds); indovinata la partecipazione di Bill Gilonis a basso e chitarra, laddove quest'ultima, nella sua veste acustica, aggiunge un tocco di ambiguità alla presenza dell'arpa. Eccellente Chris Cutler, con i rullanti e le percussioni che lo rendono riconoscibile fin dal primo colpo di bacchetta.

I nove brani contenuti sull'album costituiscono una sorta di "song cycle" nel quale ognuno troverà senz'altro i suoi momenti preferiti. Da parte nostra, segnalata la nostra predilezione per i brani cantati da Wyatt, citeremmo l'iniziale Who Will I Accuse?, la già menzionata Moss, la conclusiva Late Evening, e la non poco bizzarra Dark Matter, dall'oscuro inciso strumentale che sembra accostare i Pink Floyd a The Who (ma sono davvero gli accordi di Baba O'Riley?).

Dobbiamo confessare che, visto l'andazzo corrente per ciò che riguarda rimasterizzazioni digitali e contorno di ipercompressioni, eravamo non poco timorosi riguardo al suono di queste ristampe. E temevamo soprattutto per il suono di Letters Home, uno dei nostri album preferiti di sempre. Abbiamo il piacere di poter dire che in questo caso tutto è andato per il meglio: la nuova masterizzazione ha solo dato un po' di volume in più, e tolto un po' di "velo" al suono complessivo, che ora è più chiaro, senza operare stravolgimenti in nessuna parte dello spettro. Dopo un attento lavoro di comparazione con le edizioni originali in vinile a 45gg. (non abbiamo mai avuto modo di ascoltare la precedente edizione in CD) dobbiamo dire bravo a... dovrebbe essere Bod Drake, ma le copertine non lo dicono.

Già che ci siamo, diciamo che graficamente i due CD presentano degli errori che mai in passato avevano contraddistinto lavori della ReR. Oltre a quanto già segnalato, il retrocopertina del primo album riporta Dry Leaf al posto di Anno Mirabilis; mentre il retrocopertina di Letters Home mescola la sequenza dei pezzi. (Ragazzi, è tempo di cambiare gli occhiali!)

Resta da dire che i due album sono disponibili sia separatamente che sotto forma di cofanetto comprendente anche la "replica" di un raro singolo a una sola facciata, Contraries (che oltre a essere raro è anche un bel brano).

Beppe Colli


© Beppe Colli 2007

CloudsandClocks.net | Mar. 25, 2007