Guus Janssen/Han Bennink
Groet

(Data)

Ignoriamo l'opinione del lettore, ma quando pensiamo al concetto di duo pianoforte e batteria i primi nomi che ci vengono in mente sono quelli di Misha Mengelberg e Han Bennink: una relazione musicale assolutamente unica, la loro, che oggi è anche un ottimo esempio di tradizione viva; una cornice dentro la quale le loro identità hanno avuto modo di svilupparsi. In un certo senso per chi scrive è quindi strano ascoltare Bennink confrontarsi con un altro pianista - e qui vanno almeno menzionati i suoi incontri con Steve Beresford (Directly To Pyjamas, 1987) e Cecil Taylor (Spots, Circles And Fantasy, 1989). Vedere un CD di Bennink in duo con Guus Janssen ci ha quindi reso davvero curiosi.

Crediamo di avere ascoltato per la prima volta il pianoforte di Janssen nei primi anni ottanta, su un album del Maarten Altena Octet. Da quel tempo, com'è noto, Janssen è diventato uno dei protagonisti della scena musicale olandese nei più svariati contesti - sia in solo che in gruppo, composto o improvvisato. Janssen è ovviamente strumentista molto diverso da Mengelberg, così parte del divertimento sta nell'ascoltare l'Art Blakey di Bennink - che di solito sentiamo suonare contro il Monk di Mengelberg - confrontarsi con il... (Tristano? Tatum?) di Janssen. Un tocco chiaro, staccato, che usa pienamente entrambe le mani, variazioni tematiche, e un'estetica personale di citazioni e riferimenti, alla perfezione. Quindi molte sorprese - ascoltiamo il boogie-woogie che dà inizio a Pethem, al quale Bennink risponde con l'atteso entusiasmo, e il modo in cui poi il brano termina; e quasi lo stesso potremmo dire del quasi-ragtime che dà inizio a Groet - Bennink alle spazzole.

La registrazione è di una limpidezza cristallina - come avere i musicisti nella stanza; possiamo davvero sentire Bennink lasciare il seggiolino per andare a percuotere qualche superficie del club (che è il BIMhuis, il 29 novembre del 2004); complimenti al tecnico e produttore Dick Lukas. Siamo così in grado di ascoltare nitidamente la parte di "walking bass" su Winkel (Mingus ne sarebbe stato orgoglioso); il "dialogo di trilli" che ha inizio a circa 3'30" su Hem; la conversazione jazz su Medemeleke, brano dove l'apparizione di un Anthony Braxton nel suo modo "in the tradition" non sarebbe certo suonata fuori posto. I bei momenti sono troppo numerosi per essere tutti menzionati, ma diremo anche del cenno "quasi-ma-non-proprio" in direzione di Functional/Monk su Ziepe e di una Peer's Counting Song firmata Mengelberg.

Intelligente, divertente e niente affatto difficile da ascoltare. 43' di durata rendono Groet album di perfetta lunghezza.

Beppe Colli


© Beppe Colli 2005

CloudsandClocks.net | March 15, 2005