Tod Dockstader/David Lee Myers
Pond

(RéR)

Un esame dei possibili motivi che fanno sì che Tod Dockstader non sia di gran lunga più apprezzato (e innanzitutto molto più conosciuto) al di fuori di una cerchia ristretta ci ha condotto alla conclusione che il fatto sia quasi esclusivamente da addebitare al suo non essere un "nome di moda". Una conclusione non poco paradossale, e per certi versi non molto incoraggiante, visto che stiamo parlando di un campo stilistico - quello della musica elettronica, concreta e via etichettando - che ci piacerebbe immaginare non soggetto a fattori capricciosi e casuali quali la citazione da parte dall'arbitro del gusto di turno.

E dire che Dockstader avrebbe tutti gli ingredienti per essere apprezzato: dell'ottima musica, (ovviamente) innanzitutto; e poi un alone di outsider proprio di uno sperimentatore fuori dall'accademia che impara a conoscere (e a rivoluzionare) il mezzo mentre lo usa e che dovrebbe risultare decisamente in sintonia con un'epoca che privilegia la nozione di "far da sé". Invece crediamo proprio che la bella intervista realizzata da Chris Cutler e apparsa sul Vol. 4 # 2 del RéR Quarterly sia stata per molti l'unica testimonianza approfondita sulla musica e la "carriera" del musicista. Fortunatamente la reperibilità delle gemme degli anni sessanta non è più un problema, a partire dalle opere originariamente su Owl quali Apocalypse e Quatermass, ristampate dieci anni or sono dalla statunitense Starkland, per arrivare a Omniphony 1, il lavoro realizzato in collaborazione con James Reichert ristampato da non molto dalla RéR.

La domanda che tutti gli affezionati di Dockstader silenziosamente si ponevano - avrebbe mai il loro beniamino inciso nulla di nuovo?; e, in subordine: sarebbe stato esso all'altezza delle opere classiche? - riceve adesso una duplice (e netta) risposta affermativa anche grazie all'apporto per più versi decisivo di David Lee Myers, il musicista dedito alla "feedback music" il cui lavoro uscito a nome Arcane Device e intitolato Engines Of Myth - originariamente apparso in vinile nel 1988 e ristampato su CD lo scorso anno - portava in bella vista sulla copertina una dedica all'amato Tod Dockstader. Una dimostrazione di stima che risultava palese anche da affinità non impossibili da percepire all'ascolto.

Lavoro dalla realizzazione congiunta, Pond vede ambedue i musicisti operare in modi poco familiari rispetto al passato: per Dockstader, avvezzo a lavorare su nastro, il fattore novità è rappresentato dall'uso del computer e dei software musicali; per Myers, il partire da suoni che hanno origine nel mondo reale e non nell'elaborazione elettronica. Come da titolo, i suoni dello stagno - in primis rane e rospi - hanno costituito la (a tratti riconoscibilissima, più spesso mutata oltre ogni dire) materia prima sonora: un elemento che sulle prime può forse catalizzare un tipo di attenzione e di rapporto con la musica. Ma bastano un paio di ascolti perché la musica prenda il volo, diventando oggetto primario di fruizione. Musica (o "suono organizzato", come dice la copertina, ricordandosi di antiche polemiche) la cui godibilità è tutt'altro che ardua: bella varietà timbrica, nitida qualità sonora, vivace animazione stereo, estrema mutevolezza degli stili e dei momenti... insomma, un lavoro tutt'altro che difficile sol che si abbia il gusto di uscire dai sentieri più battuti. Sulle prime ci siamo ritrovati spesso a interrogarci su chi avesse fatto cosa - e certo, l'atmosfera triste e solitaria di Surge non poteva non richiamare alla mente la già citata Apocalypse; mentre le nasali (e quadre) forme d'onda di Springers sembravano portare la firma di Myers. Ma Pond è un lavoro pressoché perfetto a proposito del quale è a ben vedere ozioso porsi simili interrogativi. Un lavoro che è possibile sintetizzare nella chiusa di Corridor: a un tempo perfettamente logica e assolutamente inattesa.

Beppe Colli


© Beppe Colli 2004

CloudsandClocks.net | Nov. 15, 2004