de Jong - van Veenendaal - Purves - Hasebos
Midday Moon

(Brokken Records)

C'è tutta una classe di album che sulle prime suscitano immancabilmente in chi ascolta una sensazione di (non volgare) piacevolezza e che si rivelano nel tempo ricchi di un'intelligenza compositiva ed esecutiva che proprio quell'iniziale piacevolezza aveva contribuito a celare. Diremmo Midday Moon esemplare perfetto di questa categoria.

Pur non inedita (almeno così ci pare), la strumentazione adoperata dal quartetto è nondimeno in grado di suonare ancora piuttosto insolita: violino, pianoforte (anche preparato), batteria e qualche percussione, marimba. Timbricamente fresca, la combinazione strumentale si avvantaggia del legno della marimba (che vira più in direzione dell'etnico-cameristico rispetto al più jazzistico metallo del vibrafono) e della preparazione del pianoforte (che talvolta lo accosta a uno zither o a una "scatola percussiva"); bello il suono della batteria, che spesso accoppia esili piatti a grossi tamburi; esile (in senso buono), a onta degli studi classici, il timbro del violino, che di tanto in tanto ci ha riportato alla mente quello del compianto Leroy Jenkins.

Ovviamente non guasta che i linguaggi parlati siano molti e che i ruoli strumentali risultino spesso intercambiabili. Buono l'affiatamento, nitida la registrazione.

Il primo motore è qui la violinista Tineke de Jong, assolutamente ignota a chi scrive ma in possesso di un curriculum lungo e articolato; sua la maggior parte dei pezzi. Ci è invece familiare il pianoforte (anche preparato) di Albert van Veenendaal, il cui lavoro abbiamo spesso incontrato con piacere nel corso degli ultimi anni. A noi sconosciuti gli altri due elementi del quartetto: Alan Purves, batteria e percussioni, e Hans Hasebos, marimba.

Come da note di copertina, gli standard di jazz sono uno degli amori della de Jong, e uno dei terreni di confronto con il pianoforte di van Veenendaal. L'album ne offre tre: la celeberrima Night And Day di Cole Porter, la Day Dream firmata Ellington e Strayhorn e quella Harlem Nocturne di Earle Hagen che non ci capitava di ascoltare dai tempi dell'album di esordio dei Lounge Lizards. Per usare un agevole termine di paragone, lo spirito di queste riproposizioni ci pare decisamente difforme da quello abituale alla Instant Composers Pool Orchestra; il che non vuol certo dire che le versioni che qui si ascoltano siano scolastiche o revivalistiche! Night And Day è appropriatamente policroma, con pianoforte e violino in evidenza, un bel solo di piano, e una batteria "di spinta" nella sua ricchezza timbrica. Day Dream gode forse dell'orchestrazione e dell'arrangiamento più vari, con il quartetto a suonare come una vera "orchestra tascabile" e un gran lavoro di spazzole sui tamburi, con bel suono risonante delle pelli. Harlem Nocturne è breve e sciolta, il noto tema eseguito alla fine.

Ma il jazz è solo una delle componenti dell'album. Si ascolti il suo inizio letterale, Midday Moon: un (non accreditato) suono elettronico a fungere intelligentemente da "tela" su cui poi si dispongono un ostinato pianistico e un tema dal sapore cameristico affidato a piano e violino con la pulsazione elettronica sullo sfondo; il piano assume un andamento jazzato, entra la marimba, poi la batteria swingante; il violino fa un bell'assolo dal sapore asciutto, e nel suo momento più rarefatto riascoltiamo il timbro elettronico affiancarsi allo "zither" del pianoforte preparato; chiude il tema, la cui melodia è stavolta eseguita da violino e marimba con bella scansione batteristica su piatti e tamburi.

Sunday On Saturn è quasi un "funk da camera", con il piano preparato in un ruolo ritmico ad affiancarsi a marimba e batteria, poi un tema per violino, che successivamente fa un assolo "bluesy" sostenuto da un ritmo che è quasi un calypso!

Arctic Blues ha invece un andamento secco e "minimale", con una frase ripetuta del violino, tamburi grossi con mazzuoli, pianoforte risonante, e una pulsazione elettronica (il "vento artico"?).

A Man, A Love ha una scansione lenta di piano, batteria, marimba, tema per violino, un buon solo di piano e una bella parte solista, sottile, di (crediamo) glockenspiel.

Tre brani portano la firma di van Veenendaal. Premonition, in solo, minimale sugli acuti, ci è parso avere qualcosa del Wayne Horvitz più "etnico". Friendly Fire ha un piano preparato più "grosso" e percussivo (o sono due piani sovraincisi?). Pebbles And Rocks è un breve duetto tra piano e violino.

We Are Seeing Things, con Hans Hasebos ad aggiungersi alle percussioni, parte con un curioso "Bo Diddley beat" che presto assume movenze cubane in levare. Curioso brano, piacevole, e timbales a go-go.

Quasi una giga, Celtic Boop vede il violino affiancato dai fischietti sovraincisi di Alan Purves. Appropriatamente arioso e "leggero", il brano è un indovinato contraltare alla densità del pezzo precedente.

Con bella e musicale progressione, la breve I Told It On The Mountain, per solo violino, porta l'album alla sua appropriata conclusione.

Beppe Colli


© Beppe Colli 2009

CloudsandClocks.net | Aug. 6, 2009