Chris Cutler/Thomas Dimuzio
Dust

(ReR)

Forse è solo un segno dei tempi, ma è certamente strano che mentre le collaborazioni di Chris Cutler con Fred Frith hanno ricevuto ampie - e ovviamente meritate - lodi la sua fruttuosa partnership con Thomas Dimuzio abbia finora goduto di pochissima attenzione sulla maggior parte della stampa. Perché se è di risultati - e non di "celebrità" - che parliamo, quello che il duo Cutler/Dimuzio ha prodotto può solo essere classificato come un successo incondizionato.

Eravamo già consapevoli del lavoro di Dimuzio - come titolare e in alcune collaborazioni - ma dobbiamo ammettere che è stato solo grazie al lavoro con Cutler che l'intelligenza della sua musicalità ci è risultata evidente. E che dire del batterista, se non che è stato capace di reinventarsi (il lettore sarà senz'altro a conoscenza del suo album Solo) pur rimanendo fedele a tutta la sua precedente ricerca musicale?

Pagheremmo senz'altro per vedere questo duo dal vivo. La precedente collaborazione su CD, Quake ('99), era quello che molti dischi sono oggi detti essere - e a ben vedere non sono. Registrato dal vivo nel corso di un tour statunitense del '99, Quake vedeva il duo percorrere climi (per lo più) agitati e turbolenti, con un grado di comprensione reciproca decisamente non comune: un'estetica profonda e sottile, con una consapevolezza del creare una forma "in the moment" in grado di far dimenticare all'ascoltatore che di musica improvvisata si trattava. Certo, i brani erano stati sottoposti a editaggi - ma l'attenzione reciproca (e nei confronti del tutto) era di altissimo livello, senza alcun procedere a tentoni né "aria morta".

Dust è il nuovo CD del duo. I due lunghi brani presenti sono il frutto di metodi di lavoro alquanto diversi, e ambedue risultano quasi ugualmente coronati da successo. Il primo brano, Requiem, è decisamente un gioiello. L'unità di intenti dimostrata su Quake viene forse superata, con risultati estetici stupefacenti: andamento saggio, senso della forma fortemente teleologico, economia di mezzi, sobrietà musicale decisamente appropriata (e definitivamente matura) comunicano una solennità da togliere il respiro. E il brano sembra molto più corto della sua effettiva durata: 22' 30".

A ben vedere, qualunque cosa dopo Requiem soffrirebbe il confronto. Saggiamente, il duo ha optato per una diversa strategia. Secondo le note di copertina la registrazione del secondo brano - Universal Decoding Machine - è avvenuta nel modo seguente: la batteria di Chris Cutler (acustica ed elettrificata) è stata registrata da qualcuno che si muoveva nell'ambiente mentre indossava un microfono binaurale (lo ricordiamo?); nel frattempo un live processing veniva applicato al segnale. Il risultato è stato poi trattato e sovrainciso da Dimuzio nel suo studio negli Stati Uniti. Posto che il risultato è senz'altro pregevole, a parere di chi scrive il tutto risulta privo di quello speciale senso di comunicazione così evidente nei brani che il duo ha inciso dal vivo.

"Uno dei migliori dischi dell'anno" è frase che immancabilmente ci fa inarcare le sopracciglia. Diciamo "altamente raccomandato"? Come già successo con Quake, Dust ci rende più speranzosi che l'alternativa tra suoni pre-programmati e in scatola e l'approccio "lasciamo che un suono sia un suono" non sia l'unica rimasta.

Beppe Colli


© Beppe Colli 2003

CloudsandClocks.net | Feb. 4, 2003