Blind Faith
London Hyde Park 1969
(DVD-V)
(Sanctuary)

Chissà quale gruppo, artista o carriera si guadagnerebbe oggi il titolo di "grande truffa del rock 'n' roll" - o dell'hip-hop o di qualsivoglia altro genere. E soprattutto, chissà se i criteri di giudizio oggi correnti sono in grado di contemplare il concetto di "truffa". In tempi lontani tutto era più facile: negli anni sessanta c'erano i Monkees, che non suonavano ma facevano finta di suonare, i loro dischi essendo frutto del lavoro dei migliori sessionmen (e di una sessionwoman: Carol Kaye al basso) della California; per gli anni ottanta non possono non venire in mente i Milli Vanilli, che fingevano di cantare. Poi le cose sono cambiate. Da un lato, la caduta di un'etica che potremmo definire "puritana-controculturale" ha consentito di ammettere e riesaminare ruolo e apporto dei musicisti di studio, dal disco d'esordio dei Byrds agli album dei Beach Boys. Dall'altro, il disciogliersi del concetto di "realtà" in quello di "intrattenimento" ha svuotato di senso la pretesa di individuare una "realtà" che non sia quella percepita da un qualunque fruitore (o da un fruitore qualunque?). In tempi di "aggiustamento a macchina" delle voci (quell'"autotune" che miracola anche sordi e afoni) e di interi spettacoli ospitati su hard disk (sì da dare modo al corpo di ballo - gruppo compreso - di riservare il fiato per quello che è davvero importante: la magia per gli occhi di una coreografia schermoassistita) a chi mai potrebbe venire in mente uno slogan come quello della Memorex di tanti anni fa? "E' dal vivo o è Memorex?". "Ma Melissa non è stata in grado di dirlo", era l'inevitabile seguito. (Forse oggi occorre specificare che si trattava di cassette audio a nastro. Se ben ricordiamo, la Melissa in questione era la cantante Melissa Manchester.)

Quasi comico ripensare al fatto che il nome Blind Faith sia stato per un certo tempo quasi sinonimo di "grande truffa". In primo luogo perché quello del supergruppo di celebrità inglesi (d'accordo: tre celebrità più uno) è un nome che risulta oggi ignoto ai più, ma non certo per ignominia derivante da motivi morali. In secondo luogo, perché i musicisti in questione erano tra i più seri e rigorosi del Regno Unito. Allora?

Ascoltiamo il dialogo tra un osservatore obiettivo quale Timothy White e uno dei diretti interessati, Steve Winwood. Dice White: "(...) il tour dei Blind Faith fu uno dei più volgari circhi rock di tutti i tempi. Avete esordito davanti a un'orda di centomila persone ad Hyde Park a Londra a giugno e poi avete quasi rotto ogni orecchio d'America per due mesi. Sebbene non sia durato a lungo, è stato uno spettacolo davvero volgare (...)". Risponde Winwood: "(...) lo show era volgare, crudo, disgustoso. Mancava di integrità. C'erano grandi folle ovunque, colme di adulazione cieca dovuta in larga parte al successo di Eric e Ginger con i Cream e in misura minore al mio impatto. La combinazione ha portato a una situazione nella quale avremmo potuto salire sul palco e scorreggiare e ricevere una risposta entusiasta. (...) Non avevamo un buon suono dal vivo, proprio a causa della nostra mancanza di esperienza come gruppo. Non avevamo avuto una crescita naturale, e questo era del tutto evidente sul palco. (...) Abbiamo dovuto scioglierci perché questo era l'unico modo che avevamo per uscircene da questo pasticcio. E i contratti erano complicati (...)." (Il dialogo è tratto dall'articolo intitolato Steve Winwood, Rock's Gentle Aristocrat, apparso sul numero della rivista statunitense Musician datato October 1982.)

Eric Clapton parlò a lungo dei Blind Faith non molto tempo dopo la conclusione di quell'esperienza, quando - già iniziata la carriera solista, e fondati i Derek And The Dominoes - fu intervistato da Jan Hodenfield per la rivista statunitense Rolling Stone. Amare riflessioni, come prova questo breve estratto: "Beh, era... era molto fragile. La cosa che abbiamo creato era davvero trasparente. Intendo, al punto che quasi non c'era. E in un contesto come quello del Madison Square Garden dove hai migliaia di persone che hanno visto centinaia di band migliori, o hai gente come Hendrix tra il pubblico. E sul palco hai questa cosa incredibilmente fragile (...). Il primo momento che sei sul palco del Madison Square Garden, la prima cosa che pensi è come uscirtene. Ti arrabatti alla meglio, cerchi di sbrigarti prima possibile. Credo che oggi penserei la stessa cosa se dovessi suonare lì."

Se consideriamo i reali motivi per cui ebbe fine - nervosa implosione causata da eccesso di pressioni esterne - è ancor più paradossale ricordare il modo in cui i Blind Faith avevano avuto inizio: come una tranquilla vacanza artistica intrapresa da Eric Clapton e Steve Winwood. Il primo, chitarrista già acclamato come "God" sui tutti i muri di Londra ai tempi della sua militanza con i Bluesbreakers di John Mayall, era uscito dall'intensa ma prosciugante esperienza con i Cream: il gruppo aveva portato l'improvvisazione sui palchi di mezzo mondo, ma un pesante sfruttamento commerciale e la necessità di creare ogni sera ai massimi livelli in una formazione che forzatamente esponeva il chitarrista al giudizio più severo avevano indotto i tre a staccare la spina. Winwood veniva dall'esperienza dei Traffic, gruppo molto amato ma che non era mai andato oltre la categoria "culto di successo"; la vita in tour non gli era certo estranea - i suoi primi successi da cantante e tastierista erano stati quelli con lo Spencer Davis Group, all'età di sedici anni; per lui sembrava venuto il momento di nuove esperienze. Ai due si era informalmente unito Ginger Baker, il vulcanico batterista che aveva condiviso con Clapton l'esperienza dei Cream.

I numerosi brani aggiunti e la precisa cronologia che unitamente alle esaurienti note di copertina di John McDermott arricchiscono la Deluxe Edition del 2001 dell'unico album (omonimo) inciso dai Blind Faith, originariamente pubblicato nell'agosto del 1969, hanno consentito di ricostruire con estrema precisione il cammino del gruppo, dalle jam session informali alle prime composizioni originali, dall'inserimento del bassista e violinista Rich Grech - musicista che proveniva dai Family sperimentali e mai sufficientemente apprezzati di Music In A Doll's House e Family Entertainment - al frenetico completamento dell'album con l'ausilio di Jimmy Miller, già apprezzato produttore dei Traffic e ora dei rinati Rolling Stones.

Perché frenetico? Perché i manager di Clapton, Baker e Winwood (Robert Stigwood per i primi due, e il Chris Blackwell padrone della Island per il terzo) avevano già progettato un remunerativo tour degli Stati Uniti. E l'Atlantic (per gli USA) e la Polydor (per l'Europa) avevano già annunciato la concomitante pubblicazione del disco. La fine è nota: per tentare di soddisfare le impossibili attese circa "i nuovi Cream" il gruppo si vide costretto ad aggiungere al repertorio alcuni brani che avevano contraddistinto proprio quell'irripetibile formazione. Per Clapton e Winwood lo scioglimento fu a quel punto un passo obbligato.

Fu un vero peccato: l'album aveva infatti dimostrato senza ombra di dubbio quanto potesse essere fertile il rapporto tra la musicalità di Winwood e la chitarra di Clapton. E se il basso di Rick Grech aveva interpretato la sua parte con diligenza (e un velo di soggezione?), la vera sorpresa era stato Baker: sempre riconoscibilissimo, ovvio, ma con una forse insospettata duttilità nel porsi al servizio delle composizioni di Winwood. Il tastierista, chitarrista e cantante si era subito dimostrato l'elemento caratterizzante del nuovo collettivo, che contrariamente alle aspettative più diffuse si era rivelato decisamente più simile a "nuovi Traffic" che a "nuovi Cream". La vocalità di Winwood si era ben sposata alle serrate ritmiche di Had To Cry Today e - complice l'Hammond B3 - aveva arricchito di accenti gospel Presence Of The Lord, la composizione di Clapton destinata a diventare un classico. La ripresa di Well All Right di Buddy Holly aveva fornito un momento più leggero, mentre la Do What You Like di Baker, oltre a dei begli assolo di chitarra e batteria, aveva mostrato l'Hammond di Winwood situarsi a metà strada fra Mike Ratledge e Jimmy Smith, in un'anticipazione dell'assolo del pezzo dei Traffic intitolato The Low Spark Of High-Heeled Boys. Proprio i Traffic erano richiamati dal brano che apriva la seconda facciata, Sea Of Joy, con chitarra acustica e violino. Mentre Can't Find My Way Home, con due chitarre acustiche e batteria suonata con le spazzole, entrava di diritto tra i classici del rock.

I circa cinquanta minuti di concerto sono quasi tutto quello che c'è nel DVD: è ovvio che dati i presupposti chiedere ai musicisti un ricordo di quell'esperienza era assolutamente fuori discussione; però i "contenuti extra" sono scarsi assai: c'è un promo di I'm A Man dello Spencer Davis Group, uno di Hole In My Shoe dei Traffic, e un estratto di I'm So Glad dei Cream tratto dal famoso Farewell Concert; un piccolo spezzone dei Family, assolutamente inutile; due parole di Winwood; e due estratti di interviste a Clapton e Baker tratte da Farewell Concert; c'è anche una discografia dei quattro prima dei Blind Faith. Davvero difficile dare di meno.

La scena si anima, e riporta alla mente le foto d'epoca: amplificatori Marshall (nemmeno tanti), impianto WEM (scritto in rosso), RMI electric piano, batteria Ludwig a doppia cassa, basso Fender Jazz e organo Hammond B3; al posto delle abituali Gibson Clapton imbraccia una Fender Telecaster con manico Stratocaster. Particolare rivelatore? Dopo tre pezzi Winwood abbandona il piano elettrico per l'organo, e si sposta portandosi dietro personalmente l'unica asta con microfono a lui destinata. Nervosi i quattro devono esserlo: centomila persone (si distinguono Donovan, in vestito bianco e occhiali da sole neri, e - per la serie: se sbatti gli occhi lo manchi - Mick Jagger), gruppo all'esordio assoluto, pezzi nuovi.

Clapton è senz'altro quello meno a proprio agio: più l'aspettativa è alta e più insicuro sembra, non a caso viene fuori meglio in cose atipiche (Can't Find My Way Home) o all'apparenza "leggere" (la rilettura di Under My Thumb degli Stones); sorprendentemente, non pare sicuro dell'impianto ritmico della Means To An End già Traffic. Grech sa di essere "il quarto", e più che reggere segue; impagabili quei primi piani del volto che mostrano la sua soddisfazione quando meglio lega con la batteria di Baker, o il vibrare della quarta corda quando sale la spinta. Baker è Baker - ma quanto è istruttivo vederlo negoziare pause, accenti, entrate con Winwood, la testa perennemente girata a sinistra (Clapton è dietro); anche primi piani degli stivaletti sui pedali delle due casse; c'è un (inaspettato) passaggio di soli piatti alla fine della seconda strofe di Can't Find My Way Home che ci ricorda che colosso è stato Baker; e tutto il suo impianto ritmico - su questo pezzo e sugli altri - è sempre esposto con chiarezza. Su quelle tonalità, qualche "beautiful stecca" è da mettere nel conto, ma Winwood fa un figurone; bell'accompagnamento al piano e all'organo, belli gli assolo.

Apre Well All Right, giusto per entrare in sintonia. Segue Sea Of Joy, ovviamente senza l'assolo di violino. Poi un bel blues, Sleeping In The Ground. Si passa all'organo per Under My Thumb, con Baker che si diverte parecchio. Can't Find My Way Home è forse la vetta - osservare Winwood che dà l'attacco e controlla la dinamica. Do What You Like ha un bell'assolo di organo, e uno, conciso, di batteria (e quello di chitarra che fine ha fatto?). Pur senza pedale wha-wha, Presence Of The Lord regge. Di Means To An End si è già detto. La conclusiva Had To Cry Today è in fondo la quadratura del cerchio.

Nonostante i limiti, un video assolutamente indispensabile (e forse soprattutto per chi non sa di cosa si è fin qui detto).

Beppe Colli


© Beppe Colli 2006

CloudsandClocks.net | Apr. 28, 2006