Diane Birch
Bible Belt

(S-Curve)

Risparmieremo al lettore il resoconto completo del lungo cammino, a dire il vero discretamente tortuoso, alla fine del quale abbiamo deciso di prendere in considerazione Bible Belt. Basterà dire che l'album, che dovrebbe segnare l'esordio discografico di Diane Birch, è stato pubblicato negli Stati Uniti all'incirca un anno fa: non molte le recensioni, e neppure tanto entusiastiche. Appare quindi evidente che le residue speranze di successo vengono ora riposte nella vecchia Europa, dove Bible Belt è in stampa da qualche mese.

I colleghi statunitensi non hanno mancato di sottolineare il carattere dichiaratamente rétro di questo lavoro, tirando in ballo nomi che diremmo ben noti quali Laura Nyro, Carole King, Joni Mitchell, Carly Simon e Karen Carpenter (l'Europa ha aggiunto alla lista Phoebe Snow). E se per quanto riguarda le prime due è pressoché obbligatorio convenire (anche se la cosa, come vedremo tra un istante, è di gran lunga meno semplice e lineare di quanto non possa sembrare a prima vista), gli altri nomi citati ci sembrano dimostrare solo una cosa: che sempre più, oggi, la lista delle "influenze e somiglianze" si presenta come il frutto dell'estrazione casuale di una serie di nomi da un cappello (e questo è ancora più vero per ciò che riguarda la Mitchell, fino a poco tempo fa quasi mai citata e ora divenuta influenza "a caso" per chiunque).

La cornice cantautorale è stata così onnipervasiva da spingere più di qualcuno a vedere nel ritratto della copertina una riproposizione delle convenzioni grafiche di lavori storici di nomi celebri quali James Taylor o Linda Ronstadt. Ci chiediamo quindi se è poi tanto azzardato - fatta astrazione dagli occhi da cerbiatto, e considerato il solo aspetto formale e cromatico del ritratto - vedere nella foto di copertina un omaggio al celebre primo piano di Nico che appare su The Marble Index.

Come si è detto, quelli di Laura Nyro e di Carole King sono nomi assolutamente pertinenti. Della prima c'è un certo fuoco espressivo, i salti di ottava, le arie soul e R&B più comunicative, ma non il tormento. Della seconda ritroviamo qui una certa impostazione pianistica succinta, il gusto del buon risultato raggiunto con mezzi semplici e un certo sincopato pianistico anch'esso di stampo soul; c'è anche, a tratti, una certa nasalità vocale, ma essa non è che uno degli "abiti" indossati dalla voce estremamente versatile della Birch.

Ma basta procedere all'ascolto per accorgersi che la Nyro e la King non sono tutta la storia. Il garbato terzinato melodico con piano e lievi archi orchestrali sullo sfondo di Photograph non può che rimandare a Burt Bacharach. Il teso pianismo country di Ariel è parente strettissimo dell'Elton John di Tumbleweed Connection, come pure il suo sviluppo melodico vocale. Choo Choo sono i Doors che rileggono i Them. Forgiveness è un groove Stax eseguito da Booker T. & The MG's con i fiati dei Memphis Horns che salgono al proscenio, quasi un out-take di Otis Redding. Quindi?

Mettiamo la puntina sul primo solco dell'album. Fire Escape può ragionevolmente rimandare a Laura Nyro, ma ascoltiamo con attenzione: dopo un inizio quasi doo-wop il groove ci porta negli studi Muscle Shoals, per un "Southern Soul" con archi e fiati dove pare davvero di ascoltare il rullante e i tamburi di Roger Hawkins, l'organo Hammond di Spooner Oldham e il piano così tinto di gospel di... Aretha Franklin.

Bible Belt è un album di Soul Music. Chi ha citato la Nyro e la King non si è sbagliato: si è solo fermato un passo prima del dovuto, prendendo le due artiste come archetipi senza guardare al complesso retroterra stilistico del quale esse erano due (diverse) sintesi.

Bible Belt è stato prodotto da Steve Greenberg, dalla "soul legend" Betty Wright e da Michael Mangini. Registrazione nitida, arrangiamenti molto densi con frequenti pieni vocali di sfondo che a volte vedono la partecipazione della stessa Wright. Importante notare i nomi dei musicisti principali. Innanzitutto le coppie batteria/basso: Cindy Blackman/Adam Blackstone e Stanton Moore/George Porter. Alla chitarra: Lenny Kaye. All'organo Hammond: Raymond Angry. Molteplici i fiati: Tom "Bones" Malone, trombone; Jim Hines, tromba; Lou Marini e Lenny Pickett, sassofoni. La Birch è impegnata al pianoforte, ai piani elettrici Fender Rhodes e Wurlitzer e di tanto in tanto all'organo (anche un Farfisa!). Durata complessiva: 55'.

Cosa rende Bible Belt diverso (e migliore) rispetto ai tanti album di soul variamente declinato che non sono certo mancati negli ultimi anni? Diremmo il senso dell'autentico - che a prima vista è una risposta decisamente paradossale per un album che riproduce alla lettera stilemi vocali e strumentali di circa quarant'anni fa! Due sono le cose che a nostro parere fanno la differenza: innanzitutto la voce della Birch, assolutamente strepitosa, versatile, naturale, mai di plastica, in perfetta simbiosi con il suo accompagnamento pianistico; e poi le parti strumentali, fantasiose e articolate come da tempo non ci capitava di ascoltare; detto semplicemente: suonate; mai come qui "the lick is the hook", se ci è consentita l'espressione, con la frase strumentale che si rivela elemento costitutivo e frammento da gustare (Bible Belt è album in grado di rivelare nuovi particolari strumentali dopo una dozzina di ascolti). Assurdo fare classifiche, ci permettiamo di citare quello che più ci ha entusiasmato: i groove batteristici di Cindy Blackman, con cassa sincopata, passaggi stereo sui tom, tamburello "come si deve" e versatilità non inferiore all'appropriatezza stilistica; e ci piacerebbe che, oltre ai "semplici ascoltatori", anche i batteristi, se ne sono rimasti, meditassero su questi groove.

Bible Belt è un album che va ascoltato, più che descritto. Diamo comunque qui di seguito qualche scarna indicazione.

Partenza doo-wop, Fire Escape rimanda a Laura Nyro in dialogo vocale con le Labelle; gran pieno orchestrale, interpretazione vocale da brivido. Valentino è la Nyro più scanzonata e briosa, anche qui bel rapporto tra voce solista e cori. Fools ha un groove pianistico parente stretto della King più nota, bella cassa di batteria, un ritornello vincente e i fiati sordinati. Nothing But A Miracle, con bella propulsione di basso e batteria, dichiara le ascendenze fin dal titolo. Rewind è fresca e orecchiabile, con la frase iniziale del piano poi ripetuta dai fiati. Rise Up parte dalla King per giungere alla Franklin, un funky-soul pigro ma grintoso con ritornello gospel tipicamente "call and response". Photograph è il garbato omaggio a Bacharach con strepitosa performance batteristica; poi cambio di tempo del piano in solitudine, tamburello, Hammond, massiccio coro gospel e l'orchestra a crescere. Fine della prima facciata.

Seconda facciata. Don't Wait Up è un funky con piano e organo a cavallo tra i sessanta e i settanta, con bella parte corale. Mirror Mirror è un bel mid-tempo con due voci a procedere in parallelo, come da titolo; bell'inciso. Ariel è il chiaro rimando al pianismo di Tumbleweed Connection di cui s'è già detto, con chitarra acustica e le rullate "lunghe" a viaggiare in stereo. Choo Choo sembrano davvero i Doors che rifanno i Them, ma il finale è puro gospel. Forgiveness è il groove Stax di cui sopra (la chitarra, molto appropriatamente, è quella della stessa Birch); bell'organo, bel coro, e un basso acustico decisamente pertinente. Magic View, con voce, piano e quartetto d'archi, è un buon punto d'arrivo, quasi un "riposo per le orecchie" per un album molto denso; qui il pensiero va fuggevolmente a Fiona Apple.

E proprio questo rimando ci ha fatto riflettere su una circostanza: a parere di chi scrive Bible Belt è a suo modo un debutto tanto valido quanto lo furono Tidal della Apple (1996) e Get Away From Me di Nellie McKay (2004). Eccellente cantante, la Birch è una pianista solida e versatile (a proposito: nativa del Michigan, la ventisettenne musicista ha iniziato la frequentazione dello strumento all'età di sette anni), mentre il fatto che le canzoni non suonino mai forzate a dispetto delle loro (palesi) ascendenze la dice lunga sulla qualità della stoffa compositiva di cui sono fatte.

Ovvio interrogarsi sul domani. Delle tre, la Apple è senz'altro quella dotata di maggiore "temperamento artistico", quindi non-calcolante e imprevedibile per definizione, come dimostrato da una carriera forse ancora più difficile di quello che è dato vedere; personalità in grado di rendere nuove le note semplicemente abitandole, la Apple riesce a superare con facilità la questione dell'età dello stile adoperato. Sin dall'inizio la McKay ha messo gli stili adoperati "tra le virgolette" della citazione garbata o ironica, e questa sua qualità (che diremmo squisitamente "teatrale") le ha consentito finora di affrontare i problemi del "vero" e del "falso" con una certa disinvoltura. A prima vista la Birch pare un'artista disciplinata e con meno problemi delle sue due colleghe; impossibile dire al momento se il futuro la condurrà verso climi diversi ma altrettanto stimolanti o in una confortevole routine.

Beppe Colli


© Beppe Colli 2010

CloudsandClocks.net | May 20, 2010