Bryan Beller
View

(Onion Boy)

Sconosciuto ai più, il nome di Bryan Beller vuol dire invece molto per i non pochi fan di Frank Zappa che ormai da un decennio seguono il cammino di Mike Keneally, musicista la cui carriera - a differenza di altri ex collaboratori zappiani - è stata contraddistinta da basso tasso di vampirismo e da genuino entusiasmo e fertilità di risultati. Da quasi dieci anni, infatti, Beller è il bassista di tutte le formazioni keneallyane, dove - nonostante la giovane età iniziale - si è subito rivelato strumentista pregevole, e poi versatile e maturo (se la memoria non ci inganna è l'unico elemento rimasto immutato nel cammino di Keneally). Visto in concerto due anni fa, nel corso di due serate olandesi dal repertorio estremamente composito, Beller si è dimostrato solido e dai nervi d'acciaio, in grado di tenere "sotto controllo" il gruppo durante i voli di fantasia chitarristici del leader.

View è l'esordio solista di Beller, ed è in fondo logico che sul disco si respiri un'aria che a tratti riporta alla mente situazioni già ascoltate sugli album di Keneally: troviamo infatti due batteristi già parte della musica keneallyana, Toss Panos e Joe Travers; è presente lo stesso Keneally, nella doppia veste di chitarrista e tastierista; mentre Rick Musallam, versatile chitarrista dell'attuale quartetto keneallyano, ben figura qui su alcuni brani, costituendo l'ossatura del suono e dimostrandosi all'altezza della situazione nei casi in cui il suo strumento assurge al ruolo di protagonista. Chiude il cerchio la presenza dell'ottimo batterista del quartetto, Nick D'Virgilio, qui impegnato nelle vesti di tecnico del suono - Beller ha prodotto.

Se qui sottolineiamo il collegamento keneallyano non è certo per negare autonomia estetica e creativa a Bryan Beller - il disco è perfettamente in grado di brillare di luce propria, e potrebbe rivelarsi il primo passo di un lungo cammino in grado di regalare molte sorprese e soddisfazioni - ma solo per sottolineare il fatto che a differenza di moltissimo rock odierno - risaputo, sterile, retro, in copia carbone, commerciale - l'album di Beller è uno di quei rari esempi di rock che è possibile ascoltare senza vergognarsi e con molto godimento. E' musica elettrica, splendidamente suonata (sembra ininfluente?) e dai rimandi molteplici: blues, jazz, uno spruzzo di fusion (ma non fuzak! Diciamo Jeff Beck circa Blow By Blow - si ascolti Get Things Done), un po' di Zappa (la band di Roxy And Elsewhere/The Helsinki Concert), o meglio: il Keneally nel suo modo malinconico/zappiano - vedi qui il tema di Eighteen Weeks.

Il disco - quasi interamente strumentale - si ascolta con piacere, e anche se alcune cose non sono all'altezza del resto (per chi scrive Bite - che non sfigurerebbe nel Weekly Top 40 di Rick Dees - è assolutamente fuori posto) l'album funzione come un tutto. Beller si rivela compositore dalla mano sicura e dal gesto limpido, che non deve ricorrere all'abilità strumentale per tirarsi fuori dai guai quando la logica non aiuta (e il rischio c'era). Alcuni brani sono per solo basso acustico elettrificato: brevi, ricchi di senso, mai virtuosistici. L'iniziale e melodica Bear Divide, l'effettata e brevissima Elate, la cover di Backwoods di John Patitucci, e una No che sembra alludere a Mingus con un cenno a Monk.

Seven Percent Grade è un complesso rocker (ma qui una caratteristica di molti pezzi è quella di sembrare semplici al primo ascolto per poi rivelarsi compiutamente con i successivi), con uno strepitoso Musallam alla chitarra e Keneally al piano. Bello anche il suono di gruppo di Supermarket People, con unisono musicalissimo di organo Hammond (Jeff Babko) e chitarra (Keneally, che qui fa il più bell'assolo dell'album e uno dei più belli della sua carriera - e che suona il piano non accreditato in copertina?). Non male la lunga Get Things Done, come già detto non poco Jeff Beck. Eighteen Weeks è forse il brano più bello e coinvolgente; di certo è quello dall'orchestrazione più complessa: tre archi, la "partecipazione straordinaria" di Tricia Steel al vibrafono, un "Musallam in feedback" da antologia. Wildflower è un bel brano cantato con naturalezza da Beller, che qui - come in altre parti del disco - si adopera anche alle tastiere. See You Next Tuesday è un trio diabolicamente complesso: Beller, Keneally e Panos (una riedizione di Half Alive in Hollywood?). View, in chiusura, è una melodia che è impossibile togliersi dalla testa e che Jeff Beck dovrebbe assolutamente riprendere sul prossimo album. (Chi è questo chitarrista? Griff Peters? Complimenti! Per il tocco e per il suono "che più valvolare non si può" - solo un po' meno cattivo di quello di Jeff Beck).

Difetti? Di tipo soggettivo. Chi scrive non ha per nulla amato il suono del basso acustico/elettrico che si ascolta qui, né il suo "sbattimento sui tasti". E in generale, posto che la personalità di Beller è già abbastanza evidente nella scelta delle note non lo è ancora nel timbro delle stesse - quella qualità che fa riconoscere un bassista in un soffio.

Beppe Colli


© Beppe Colli 2003

CloudsandClocks.net | Dec. 6, 2003