Ab Baars Trio & Ken Vandermark
Goofy June Bug

(Wig)

E' stato grazie al suo essere parte della ormai storica formazione olandese "anarchicamente guidata" da Misha Mengelberg e Han Bennink denominata Instant Composers Pool Orchestra che abbiamo avuto modo di conoscere Ab Baars. La prima volta in assoluto fu circa vent'anni fa, in occasione della pubblicazione di Two Programs: il bell'album in cui la ICP Orchestra rileggeva Herbie Nichols e Thelonious Monk nel modo personalissimo e inconfondibile che le è proprio.

Fu solo una decina d'anni più tardi che ci capitò di ascoltare quella sezione ritmica che tanta parte ha nella buona riuscita del Trio guidato da Baars: ci riferiamo ovviamente al batterista Martin van Duynhoven e al contrabbassista Wilbert de Joode. L'occasione specifica fu la pubblicazione di Two Days In Chicago (1999), album solista di Mengelberg dove il pianista, ben coadiuvato da altri musicisti olandesi, incontrava nomi all'epoca non molto conosciuti ma che diremmo godere oggi di una certa notorietà: Ken Vandermark, Kent Kessler e Hamid Drake.

Quando, un paio d'anni dopo, ci capitò di assistere a un'esibizione del Trio (in compagnia dello scoppiettante trombonista Roswell Rudd) ci trovammo a riflettere sul fatto che ancora una volta una bella formazione tutt'altro che difficile da ascoltare (ma difficile da incasellare, il che genera tutta una serie di problemi) rimaneva patrimonio di pochi. Se de Joode era musicista dal suono versatile e raffinato ma in un certo qual modo "esile" e potenzialmente in grado di soffrire se non adeguatamente bilanciato (una caratteristica che rende doppiamente prezioso il suo album solo di qualche anno fa, Olo), van Duynhoven fu per noi quella sera una conferma e una rivelazione: rullante secco e preciso, cassa profonda, piatti sempre perfettamente controllati, stilisticamente versatile, van Duynhoven era l'elemento più "jazzistico" accanto al più "cameristico" de Joode.

Fu proprio durante quell'edizione della rassegna Controindicazioni, in occasione di un diverso concerto, che ci accorgemmo che Ab Baars si era seduto proprio dietro di noi. Quale migliore occasione per rivolgergli la fatidica domanda: ma questo Ken Vandermark non ti pare un po' scarso? C'era un motivo: su Two Days In Chicago Vandermark suonava su due brani di Monk (Eronel e Off Minor) in trio con Mengelberg e Drake; orbene, questo (per noi sconosciuto) sassofonista ci era parso suonare due assolo scolastici e quasi perfettamente sovrapponibili, fischio d'ancia incluso.

Non dimenticheremo mai lo sguardo che ci rivolse Baars: lo stesso che (immaginiamo!) Eric Clapton aveva rivolto a Glyn Johns allorquando costui aveva sostenuto con veemenza, tra le proteste di Mick Jagger, che era You Can't Always Get What You Want, e non Honky Tonk Women, a dover essere la facciata A del nuovo singolo dei Rolling Stones. Con molta pazienza Baars ci spiegò che quei brani di Monk erano molto difficili, e che Mengelberg aveva deciso di suonarli senza tanto preavviso.

(E però, se ci vengono richiesti i nomi dei musicisti non mainstream più sopravvalutati degli ultimi anni i primi che ci vengono in mente sono quelli di Ken Vandermark e Hamid Drake. Quest'ultimo non ci è mai parso superiore a un Don Moye, buon strumentista che nessuno si è mai sognato di definire inventore di alcunché. Per Vandermark forse è colpa nostra: non siamo mai riusciti a entusiasmarci per Charles Gayle, e abbiamo sempre ritenuto che chi eccede nell'ascoltare Peter Brötzmann poi finisce in un vicolo cieco. Forse "De gustibus..."?)

Se il Trio di Ab Baars è qui al suo solito, con il leader impegnato a sax tenore, clarinetto e shakuhachi, Vandermark è ormai molto lontano da quegli incerti assolo monkiani. L'album non è frutto di una session all'insegna dell'approssimazione, ma il meglio di due serate al BIMhuis di Amsterdam (21 e 22 ottobre 2007) a conclusione di un tour europeo di venti date. L'unica vera riserva che ci sentiamo di fare a questo CD riguarda il suono: nitido e chiaro (anche se forse un po' ridotto in volume: ma a questo c'è rimedio), vede però spesso il contrabbasso scarsamente presente; la batteria è ben udibile, e anche i fiati, pur se un tantino "incorporei"; a volte sembra di assistere al concerto da una balconata sovrastante il palco: davvero strano!, come se le riprese fossero state effettuate su un digitale a due piste con un microfono stereo a riprendere l'ambiente. (Ma suona davvero così vuoto e cavernoso il BIMhuis?)

Date le (ben note) coordinate, il repertorio è a dir poco vario: omaggi a Strawinsky (l'iniziale Straws), Monk (Waltz Four Monk), momenti jazzistici quasi mingusiani (Goofy June Bug), citazioni di madrigali del XVI secolo (Prince Of Venosa), riferimenti orientali più o meno ortodossi (Memory Moves Forward, Munmyo). Il tutto non ha però nulla di forzato o gratuito, anche se a volte abbiamo avuto l'impressione che al CD si richieda quasi di funzionare da "sampler", di mostrare tutto quello che la formazione è in grado di fare, a spese di una godibilità più immediata (in senso ovviamente relativo!); impressione rafforzata dal fatto che il pubblico non è mai presente.

Come già detto, il contrabbasso di de Joode è spesso scarsamente udibile; ma quando lo è (il lavoro con l'arco in Honest John, le parti soliste in Losing Ground)... fa rimpiangere una diversa ripresa sonora. Prevedibilmente versatile la batteria di van Duynhoven, con bella propulsione su Goofy June Bug, parti scritte su Straws, percussione orientaleggiante laddove occorre, scansioni marcate su Losing Ground.

I due fiatisti si dividono le parti in assolo (chiaramente indicate nel libretto, arricchito dalle utili note di copertina di Erik van der Berg) e le composizioni. Curioso per chi scrive notare una certa somiglianza fra il primo tema di Straws (il cui riferimento più prossimo pare essere Agon di Strawinsky) e una sezione di For Calvin (And His Next Two Hitchhikers) di Frank Zappa, e tra un passaggio a 1' 56" ca. di Losing Ground e il primo tema di Exiles dei King Crimson.

Straws è una buona apertura, con il clarinetto di Baars ben coadiuvato dal sax tenore di Vandermark. Due assolo di tenore per Honest John (diremmo meglio Baars). Riuscita Losing Ground. Un po' così, a onta di belle parti in assolo, Waltz For Monk. Inusuale Prince Of Venosa. Suggestivi i momenti "orientali" con largo impiego di shakuhachi e clarinetti. Pimpante, con buon assolo di tenore di Vandermark (forse il suo momento migliore?), Goofy June Bug.

Beppe Colli


© Beppe Colli 2008

CloudsandClocks.net | June 11, 2008