Paolo Angeli
Nita - L'Angelo Sul Trapezio

(ReR)

Proprio in questa sede, all'incirca un paio di anni fa, ci eravamo espressi in modo decisamente favorevole nei riguardi di Bucato, album che vedeva il musicista italiano Paolo Angeli impegnato in solitudine alla "sardinian prepared guitar"; soprattutto due le riserve espresse in quell'occasione: l'assoluta mancanza di documentazione grafico/teorica sull'originale strumento utilizzato; e l'eccessiva durata del CD, fattore che diluiva il fascino delle atmosfere portando alla luce una certa monotonia dell'ispirazione.

Curiosi di sapere quale sarebbe stata l'evoluzione di Angeli, e speranzosi in un affinamento della sua dimensione solista, siamo rimasti inizialmente un po' interdetti nello scoprire che il nuovo CD presentava invece una formazione di ampiezza decisamente "orchestrale", in un recupero di una dimensione collettiva alla quale il musicista è tutt'altro che estraneo, come dimostrato da molte ed eterogenee esperienze. Poco male, ovviamente. E una volta riposizionate le nostre aspettative ci siamo predisposti all'ascolto.

Una lunga serie di ascolti, effettuati nell'arco di una settimana, non è stata però in grado di dissipare le nostre perplessità, presenti "a pelle" fin dal primo approccio. Va subito detto che il disco si presenta curatissimo e frutto di lavoro certosino sia in sede di arrangiamento che di registrazione e missaggio, tutti elementi che ben consentono di percepire i bei colori dell'orchestrazione. Bello anche il lavoro dei musicisti, tutti agili e competenti (questa non è certo musica da assolo, ma tra le numerose uscite dei singoli ciascuno troverà le proprie voci strumentali preferite). E tutto l'insieme gode di una varietà di componenti tale da rendere il disco - complice l'accurata registrazione di cui s'è detto - un gradito sottofondo per ascoltatori dai gusti ricercati.

Le perplessità di chi scrive riguardano soprattutto due ordini di fattori. Il primo è una certa mancanza di cifra stilistica personale per ciò che riguarda la composizione; non è difficile scorgere ampie tracce di Fred Frith (Nita), anche per ciò che concerne il modo di miscelare corde e fiati; del Frank Zappa orchestrale (soprattutto su Specchi D'Arancia); qualche pizzico di Etron Fou e di Zamla; e financo una spruzzata degli Hatfield And The North della seconda facciata di The Rotters' Club (su parti di Pari O Dispari); ci sono anche, com'era logico attendersi, tributi ed elaborazioni che riguardano la tradizione popolare sarda; la conseguenza è la mancanza di un "punto di vista", sostituito da una "lista di opinioni". Il secondo fattore di perplessità concerne le parti parlate e alcune canzoni sulla cui caratura artistica nutriamo qualche dubbio ma la cui capacità di spezzare atmosfere precedentemente create riteniamo indubitabile (una doverosa "menzione speciale" va a L'Angoscia Dell'Amore); spiace venire coinvolti dal trittico Sorbetto, Nita (Timida) e Ritagli Di Tempo per poi vedersi arrivare addosso Pascoli e L'Ululone; e diremmo i contrasti del tutto privi di quelle valenze "estetico-strutturali" che danno senso a tagli e accostamenti "incongrui" presenti nella musica di uno Zappa o di uno Zorn.

Il disco ha per sottotitolo "An Imaginary Soundtrack", il che dovrebbe - forse - spiegare molte cose. Ma se è vero che a un compositore di colonne sonore è richiesto di sciogliere la propria visione in quella del regista, quale il senso di un procedere tanto eterogeneo ed episodico in un lavoro originale?

Beppe Colli


© Beppe Colli 2005

CloudsandClocks.net | June 16, 2005