Intervista a
Herb Heinz

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di Beppe Colli
May 2, 2004



Bravo chitarrista, cantante personale e versatile pluristrumentista, Herb Heinz è una personalità originale che si trova a lavorare nell'attuale clima musicale statunitense. Sebbene sia forse conosciuto soprattutto per il suo lavoro con la formazione denominata Amy X Neuburg & Men - ottimi album di riferimento: Utechma (1995) e Sports! Chips! Booty! (1999) - la sua personalità viene pienamente alla luce nei suoi album solisti: Failure (1998), e il recente (e molto diverso) seguito, Another.

Sebbene non sia del tutto erroneo definire semplice la sua musica, le implicazioni sono piuttosto sottili, e la forma complessiva - senz'altro in grado di ricordare all'ascoltatore molte cose - è di originale concezione. E' musica accessibile che ricompenserà un'attenzione indivisa - e ascolti ripetuti.

Dobbiamo confessare che - non avendo mai letto alcuna intervista con Herb Heinz - conoscevamo davvero molto poco di alcune formazioni delle quali ha fatto parte nel suo discretamente lungo cammino e delle circostanze nelle quali ha cominciato a fare musica (pare abbia iniziato a suonare la chitarra a cinque anni!). Abbiamo così pensato che proprio questo poteva essere il modo più appropriato di iniziare la nostra conversazione, svoltasi via e-mail a metà del mese scorso.


Credo che tu abbia iniziato a suonare la chitarra quando eri molto giovane. Vorrei sapere cosa di quello strumento ti ha affascinato, e quale musica trovavi stimolante a quei tempi.

Beh, la verità è che ero così giovane - che proprio non me lo ricordo! Ma sospetto che i miei genitori abbiano scelto la chitarra quale parte della loro strategia per farmi prendere confidenza con la musica folk. Non ricordo di essere stato "stimolato" dalla musica finché non ho avuto dieci anni o giù di lì, quando ho interpretato la parte principale in una produzione teatrale di The Music Man. Allora ho cominciato a sviluppare un interesse per i musical americani.


Ti è mai capitato di attraversare una fase di "selvaggia chitarra rock"?

Non sono sicuro di capire cosa intendi con "selvaggia chitarra rock", ma ho sempre amato i Led Zeppelin - conta?


Ho letto che per molti anni hai fatto parte di un ensemble di teatro musicale sperimentale chiamato MAP - ma ho solo un'idea molto vaga di cosa fosse. Vuoi parlarne?

MAP era un progetto cui ho dato inizio insieme al mio amico Dale MacDonald nel 1986. Ha avuto molte versioni e si evolveva in continuazione. Dapprincipio era una band elettronica di art-rock con una forte componente teatrale. Suonavamo nei club rock con un computer. Successivamente abbiamo aggiunto allo spettacolo un numero crescente di elementi visivi, comprese coreografia e luci e proiezioni controllate dal computer. Retrospettivamente definirei MAP soprattutto come un gruppo di teatro sperimentale.

Nelle esibizioni dal vivo la mia tendenza è quella di mettermi in una situazione che mi porta ai miei limiti e che è leggermente "pericolosa". Replico raramente una performance. Uso spesso la tecnologia in modi che non ho ancora provato. Credo proprio che questo elemento di "pericolo" o di novità mi aiuti a farmi sentire ispirato.


Un altro dei tuoi progetti del quale mi piacerebbe sapere di più è quello chiamato How To Live In The World Today.

E' una parodia autoreferenziale del self-help - una "esperienza audio" che cerca di dare suggerimenti su come vivere nel mondo di oggi. E' difficile da descrivere, ma è un po' come un lavoro radiofonico parlato che contiene anche qualche canzone. La sua reale efficacia nell'aiutare davvero la gente a vivere nel mondo di oggi deve ancora essere provata.


Negli anni novanta sei stato il chitarrista della formazione chiamata Amy X Neuburg & Men. Mi piacerebbe sapere quale chitarrista/specifiche performance suggeriresti come "ascolto indispensabile" a un giovane chitarrista se parliamo di "completare la voce".

Il mio approccio con gli AXN&M è stato quello di cercare di inventare parti di chitarra che fossero interessanti e uniche ma che "servissero la canzone", che credo sia quello cui stai facendo riferimento. Per quanto riguarda strumentisti/canzoni che lo fanno bene, quello che mi viene in mente sono alcuni dei chitarristi "non virtuosi" della New Wave come John McGeoch (Magazine, Siouxsie), Andy Partridge (XTC), i primi B52's o i primi Simple Minds (non ricordo i loro nomi).


A proposito del tuo album precedente, Failure: di solito i recensori scrivono che certe parti di un album ricordano questo o quello. Quali artisti/gruppi citati a proposito di Failure ti hanno maggiormente sorpreso, e quali quelli che hai considerato i più pertinenti?

Per quanto riguarda Failure l'unico riferimento che le recensioni hanno costantemente citato è stato Zappa. E se da una parte sono onorato del paragone, devo dire che mi sorprende un po', dato che non ascolto molto la sua musica. Ci sono delle differenze fondamentali tra la mia estetica e quella di Zappa.

Il commento che ho preferito a questo proposito è stato quello di un tipo che ha detto che credeva che io fossi stato influenzato da Godley and Creme. Gli ho detto che non avevo mai ascoltato la loro musica (eccezion fatta per una canzone o due dei 10cc), così lui "mi ha fatto conoscere quello che mi ha innegabilmente influenzato", per dirlo con le sue parole. Amo la loro musica. Se le cose fossero andate diversamente non li avrei mai scoperti.


Al giorno d'oggi lo stato della chitarra è detto essere non molto brillante, se paragonato agli anni sessanta e settanta. Quale la tua opinione in proposito? E: chi consideri stia facendo adesso un lavoro creativo, di qualità?

Non sono sicuro che oggi le cose stiano così tanto peggio. Certo, ci sono un paio di casi che vengono in mente, per esempio Steve Howe e Jimmy Page, che ritenevo brillanti quand'erano al massimo della forma, ma che oggi sembrano davvero prosciugati. E c'è Hendrix, ma lui ha un grave handicap, essendo morto. Ma i miei chitarristi preferiti (Adrian Belew, Fred Frith, Bill Frisell, Neil Young) continuano tutti a fare quello che chiamerei un lavoro creativo, di qualità.


Hai fatto riferimento all'autoreferenzialità. Ti dispiacerebbe dirmi di più?

Tutto il mio lavoro in un certo senso tratta di se stesso. Le asserzioni autoreferenziali (asserzioni che concernono le asserzioni stesse) posseggono una "logica" interna unica, che trovo interessante. E' anche un modo per indicare che il lavoro è consapevole di se stesso, cosa che mi piace fare. Credo che sia okay dire cose incredibilmente audaci se poi posso evidenziare che in realtà non lo so davvero e poi, chi diavolo sono io per potere dire una tale cosa? O forse mi piace l'autoreferenzialità perché sono una persona che ama molto riflettere su se stessa. O forse è la mia umiltà. O sono solo esageratamente incline a riflettere su me stesso?


La struttura, il significato e la funzione del "Pop" sono cambiate molto negli ultimi... quarant'anni. Qual è il tuo punto di vista sul "Pop"?

Credo che il Pop abbia lo stesso problema della cultura e della politica americana - non ha nulla da dire che non sia "comprami". Le grosse aziende sono perfettamente capaci di fabbricare "prodotti" in grado di funzionare da un punto di vista economico, ma sono prive di "anima", una cosa che ritengo un ingrediente indispensabile della buona musica.

E in realtà questa "lamentazione" è al cuore di Another. Il disco è il mio piccolo modo di cercare di fornire un antidoto. Ma è "Pop"?


Quali erano i tuoi scopi nel registrare Another? Sei soddisfatto di com'è venuto?

Beh, è ancora nuovo, ma finora ne sono soddisfatto.

La mia intenzione era quella di creare un album in grado di reggere dopo ripetuti ascolti. Come puoi immaginare, l'ho dovuto ascoltare molte volte. Così suppongo che fosse uno scopo interessato.


Un tuo remix è incluso nel recente cofanetto degli Art Bears. Vuoi parlarne?

A dire il vero è più un lavoro di riposizionamento o un rifacimento che un "remix". Sono un grosso fan degli Art Bears, così quando ho sentito parlare del progetto ho chiesto a Chris Cutler se potevo esserne parte. Sapevo che volevo lavorare a The Skeleton, e Chris mi ha suggerito di creare qualcosa basata sulla pista della voce di Dagmar. Così ho preso quella pista, l'ho messa nel mio computer e ho riorchestrato la canzone intorno a quell'elemento. Ho anche suonato la melodia sulla chitarra alla fine del pezzo. E' stata una bella esperienza!


Altri progetti di cui vorresti parlare?

Il mio gruppo più nuovo si chiama dud. E' un ampio ensemble di musica improvvisata, qualcosa che sta tra la "art music" e una jam-band, un po' come i Grateful Dead, ma completamente improvvisato, con parti vocali. Stiamo cominciando a fare degli show qui vicino. Forse un giorno arriveremo in Italia!


© Beppe Colli 2004

CloudsandClocks.net | May 2, 2004