Sleepytime Gorilla Museum
Centro Zo, Catania
Apr. 12, 2007

Quando gli chiedemmo di suggerirci i nomi di alcuni gruppi la cui musica riteneva valesse la pena di ascoltare, il nostro conoscente che risiede nell'area di Oakland (CA) la cui opinione teniamo in considerazione gentilmente masterizzò per noi l'album di debutto (di uscita non esattamente freschissima, ma ancora recente) di un gruppo il cui nome non avevamo mai sentito prima di allora: Sleepytime Gorilla Museum. Dato che il CD che ricevemmo portava il nome dell'album - Grand Opening And Closing - ma nessuna informazione aggiuntiva, non avevamo alcuna idea di quante persone facessero parte del gruppo, di che tipo di strumenti suonassero e così via. Procedemmo all'ascolto.

Dobbiamo ammettere che fummo tutt'altro che entusiasti: il gruppo suonava ragionevolmente competente, professionale e sicuro di dove voleva arrivare; però, usando il nostro retroterra di ascolto quale unica risorsa, ci ricordava un po' troppo gruppi i cui album possedevamo già da tempo: se il pezzo di apertura si situava fermamente in territorio Fred Frith-Gravity/Massacre-Killing Time, il resto ci ricordava il gruppo statunitense "new wave/post-prog/tardo-RIO" dei Thinking Plague (le intricate parti strumentali, le voci angolari, le percussioni, perfino il lavoro in sede tecnica di Bob Drake), anche se con uno strano (e a volte decisamente sconcertante) accento "modern metal" (se avessimo maggiore familiarità con gruppi quali Secret Chiefs Three e Meshuggah forse scriveremmo di più); va da sé che non era difficile scorgere tracce dei King Crimson del periodo '73-'74. Tutto considerato (come si usa dire) "un promettente primo album", ma un album che non ci rendeva certo ansiosi di conoscere il resto della storia. E così quella è stata l'ultima volta che abbiamo avuto modo di sentirli.

(In un certo senso. Tre membri del gruppo hanno suonato su Punch, un CD del 2005 del gruppo Charming Hostess la cui mistura balcanico/kletzmer/punk abbiamo trovato assolutamente non di nostro gusto.)

Avendo letto che gli Sleepytime Gorilla Museum avrebbero suonato nella città in cui abitiamo ci siamo immediatamente procurati un biglietto: quale migliore occasione di metterci al passo? Fatta una ricerca sul Web ci siamo accorti che il gruppo aveva poi prodotto altri due album (uno dal vivo, uno in studio), e che un altro stava per essere pubblicato; che il violino e la voce femminile del primo album erano da attribuire a Carla Kihlstedt (oggi una celebrità minore di un qualche tipo); e che gli altri membri permanenti (Nils Frykdahl, chitarra e voce; e Dan Rathbun, basso e strumenti "inventati") avevano un lungo background.

Giunti sul luogo del concerto apprendiamo che il gruppo ha passato l'intero pomeriggio a provare e a controllare il suono dell'impianto e della sala. Guardiamo la strumentazione sul palco. Da sinistra, un amplificatore combo della Mesa Boogie, il Lone Star, un violino elettrico e uno strano strumento che assomiglia molto a una steel guitar (e che ci pare avere un pick-up single coil in posizione "slanted", come quello al ponte di una Stratocaster). Due chitarre (una Washburn semiacustica thin-line, una solid-body Aria), due pedali economici (della Boss?), una testata Mesa Boogie (una Dual Rectifier) e una cassa Fender (4x12). Poi c'è un lungo strumento che somiglia a una steel guitar gigante (o a una delle cose che Elliott Sharp ideava, costruiva e suonava negli anni ottanta) con corde da pianoforte, e un basso elettrico (un Music Man). E poi batteria, percussioni assortite, un piano giocattolo e cose che sembrano due set (verticali) di vibrafoni.

Beh, avevamo visto qualche foto, ma... I (cinque) membri del gruppo compaiono indossando delle strane e lunghe tuniche (pagane? primitive? post-atomiche?) e con le facce truccate. Poi il cantante apre la bocca e... orrore!, l'interno è tutto nero, e non ha denti! Sembrano... i Kiss! Ma la musica non somiglia a quella dei Kiss - sembra più la musica di qualcuno che ci dà degli indizi sulla collezione di album che possiede. Sono ovviamente dei professionisti: il suono è chiaro perfino a volume massimo, conoscono i loro (complessi) arrangiamenti alla perfezione e sono in grado di fermarsi e ripartire tutti insieme facendolo apparire una cosa naturale. Suonano molto più "metal" che sul primo album - ci pare di capire che stanno suonando materiale dal nuovo album ("esce alla fine di questo mese!"), ma nel corso della seconda parte del concerto (che generosamente durerà due ore!) ci è parso di riconoscere due pezzi tratti dall'album di esordio.

C'è un batterista che suona anche le percussioni (Matthias Bossi), e un percussionista che suona la tromba (mediocremente) e la chitarra (Michael Mellender): stranamente, quando suona parti di chitarra all'unisono con il violino sembra un chitarrista (di gran lunga) migliore da un punto di vista tecnico del chitarrista ufficiale. Le parti di chitarra consistono per la maggior parte di riff ritmici, contraddistinti per lo più da una cifra "metal". Il bassista suona quasi sempre quel lungo e misterioso strumento, a volte con delle bacchette, a volte tenendo una barra metallica nella mano sinistra e usando la destra per pizzicare. Dal punto di vista tecnico la violinista è di gran lunga l'elemento meglio impostato del gruppo, ma il suo suono elettrico (pieno di eco e riverbero) non è quello che definiremmo "personale"; non possiamo fare a meno di notare che suona quella specie di steel guitar (anch'essa suonata sia con le bacchette che con barra e mani) con una certa dose di "selvaggio abbandono" che a tratti va pericolosamente vicino allo "show-biz"; e che questo è vero anche per il modo in cui suona il violino (tra parentesi, qualcuno ricorda gli assolo di violino di Ray Shulman?).

La musica lascia perplessi. Abbondano arrangiamenti, echi e riff metal. La voce maschile è del tipo "bestia ferita", mentre quella femminile aggiunge varietà e i cori (tutti e cinque cantano) offrono "solennità". Si scorgono molte componenti: Frith e Fripp, i Massacre, i Thinking Plague. Ma un momento con voce calma in ¾ riporta alla mente qualcosa di Johnny Cash (!). Un momento in stile "country fiddle" sembra uscire dritto da Thick As A Brick (un #1 negli USA nel 1972). C'è anche del (cosiddetto) math-rock. Ci ritroviamo a pensare a un concerto (del duo giapponese) dei Ruins cui abbiamo assistito alcuni anni fa in questa stessa sala: mentre i Ruins sembravano in grado di distillare cinque minuti di "prog" in, diciamo, trenta secondi (non che uno dovesse per forza gradire il risultato finale), il gruppo di stasera pare voler diluire quegli stessi cinque minuti in, diciamo, undici. Alla fine non si rimane affatto convinti di avere ascoltato qualcosa di "necessario". E inoltre, la musica è priva di qualsiasi autentico senso del "drammatico" (un buon riferimento in proposito sono i due album degli High Tide, del '69/'70).

Ci è parso di capire che alcune parti cantate facessero riferimento a un qualche tipo di "saga" (e da qualche parte c'era una strana creatura con la testa d'asino) in cui abbondavano pericolo e mistero. E qui c'è l'altra cosa strana della serata: le cose non diventavano mai "scary" - laddove si supponeva che avessimo paura di un cantante che faceva "SONO TREMEEEEENDO!" ci siamo trovati a guardare un cantante con la faccia pittata al quale il trucco forniva una bocca nera e senza denti. Nulla risultava (in)credibile. Trattasi di musicisti che non sono "naturali" e che non sono a proprio agio su un palcoscenico. Tutti abbiamo visto artisti che sembrano possedere la scena dal primo momento in cui ci salgono: escono, suonano tre accordi e risultano del tutto credibili. Il disagio del gruppo è venuto fuori durante un paio di episodi che avrebbero dovuto arricchire la narrativa ma che l'hanno invece impoverita: nel primo dovevano far finta di voler evitare di addormentarsi; nell'altro alcuni fingevano di fare cose strane mentre i compagni li guardavano perplessi; in ambedue i casi erano così rigidi da mettere a disagio chi li osservava.

E poi finisce tutto ("abbiamo CD e T-shirt in vendita nell'altra stanza!").

Beppe Colli


© Beppe Colli 2007

CloudsandClocks.net | Apr. 17, 2007