Paolo Angeli
Bucato

(ReR)

Semplificando al massimo una questione complessa, diremmo che nel panorama odierno della musica improvvisata declinata in senso chitarristico Paolo Angeli occupa attualmente una posizione di "piacevole classicità", laddove la sua musica è senz'altro classificabile come "bella" anche se decisamente non definibile come "graziosa". Iniziando per una volta dalla conclusione consiglieremmo senz'altro al lettore di prestare orecchio a questo Bucato, album dai molti pregi il cui fascino discreto è in grado di dispiegarsi con gli ascolti.

Una carriera e una buona maturazione già alle spalle, le influenze di Angeli sono state senz'altro già metabolizzate, e crediamo che i nomi talvolta tirati in ballo (su tutti Fred Frith) siano più che altro frutto di pigrizia/comodità definitoria. O forse è effetto dello strumento usato - stando alla copertina, una "sardinian prepared guitar" di ragguardevoli dimensioni. Frutto di attenta e lunga sperimentazione, questo strumento consente originali possibilità timbriche ed esecutive, da cui bizzarre polifonie. (La copertina ne mostra una foto a distanza ravvicinata, ma crediamo che una delucidazione del suo funzionamento in un paio di pagine del libretto sarebbe stata decisamente benvenuta dal potenziale acquirente, che ci piace immaginare del tipo "attento e non casuale".)

L'album mette insieme in maniera stilisticamente omogenea ma decisamente non monocorde registrazioni concertistiche effettuate in vari tempi e luoghi, il tutto rigorosamente senza sovraincisioni. Vengono fuori con decisione arie melodiche che portano chiaramente le tracce della tradizione sarda, ma è senz'altro evitato il rischio del facile colore. Non è in ogni caso un disco di drammatica abrasività.

Un paio di appunti che si sperano utili. Innanzitutto: il CD è troppo lungo (introducendo uno dei brani Angeli dice al pubblico che avrebbe dovuto suonare per "quaranta, cinquanta minuti" - perché non si è attenuto a quanto detto anche per il CD? dovrebbero ormai essere passati i tempi in cui si diceva di un CD "è corto"!), e l'eccesso di lunghezza diluisce il fascino delle atmosfere. Forse anche per effetto della lunghezza, diremmo che a tratti il ricorso al "pedale" è troppo insistito: un po' di agilità in più?

Beppe Colli


© Beppe Colli 2003

CloudsandClocks.net | Aug. 26, 2003